Le tasse e i monsignori
Ha ragione Mons. Forte, arcivescovo di Chieti, quando, in risposta a Prodi, (Il Centro 02/08/07) chiede che, prima di pensare a far pagare le tasse, chi governa dia esempio di “equità e giustizia”. Va precisato che la denuncia del premier è rivolta contro gli evasori storici i quali, notoriamente, non appartengono a coloro che “non arrivano alla fine del mese”. Dalle parole di mons. Forte invece sembra che Prodi le tasse le voglia far pagare alle famiglie povere e alle giovani coppie. L’arcivescovo richiama i politici ad una maggiore austerità e senso della giustizia, ciò che sostiene anche la sinistra cosiddetta radicale, ed è gratificante il fatto che i vescovi, ora, stiano ponendo la loro attenzione alla grama economia delle famiglie mentre erano piuttosto distratti quando Berlusconi, come rimedio, suggeriva alle massaie italiane di recarsi al mercato a prendere nota dei prezzi convenienti per poter risparmiare. Come farebbe la sua mamma. Se è vero che i politici sono dei privilegiati, e il libro di Stella ce ne dà ampia documentazione, è altrettanto vero che, tra i grandi evasori “privilegiati” nel nostro Paese campeggia la Chiesa cattolica la quale, a dire dell’arcivescovo, è più vicina alla gente di quanto lo siano i politici. Uno Stato responsabile non fa delega ad altri di ciò che appartiene alla sfera dei suoi compiti e l’azione della Chiesa non può basarsi su una assistenza che non è né “giustizia”, né autentica carità quando non vengono riconosciuti i diritti e le persone sono costrette ad umiliarsi. Forse per questo il cattolico Prodi chiede “collaborazione” e auspica che nelle chiese si parli anche di un “tema di forte carica etica” quale quello di “sovvenire alle necessità” dello Stato. Il premier avrà voluto dire ciò che l’arcivescovo ha ben espresso: “pagare le tasse è un dovere morale che nasce dal senso della solidarietà, per il bene comune”. Niente fu detto contro la propaganda populista di Berlusconi che invitava a non pagare le tasse: la Chiesa tacque su gente miliardaria che evadeva per usufruire poi di sostanziosi condoni. Con doverosa autocritica mons. Forte dovrebbe ammettere che, a dispetto della Costituzione e delle normative europee, l’evasione “legalizzata” e documentata della Chiesa cattolica è imponente La Commissione Europea ha avviato un processo contro il governo italiano per l’esenzione dall’Iva concessa alla Chiesa cattolica. Come si sa in Italia la sentenza della Corte di Cassazione al riguardo è stata elusa con la formula escamotage dell’esenzione agli “esercizi non esclusivamente commerciali”. Come riporta Curzio Maltese, sono migliaia le strutture gestite da enti ecclesiastici: scuole private, cliniche, alberghi che figurano come ostelli per la gioventù, cinema e teatri. A Roma le proprietà esentasse raggiungerebbero il 22 per cento dell’intero patrimonio e lo Stato inoltre versa alla Chiesa 991 milioni di euro per l’8 per mille. Se nella cattolica Spagna il governo Zapatero collabora con Bruxelles per le indagini sui patrimoni ecclesiastici (per questa ragione i vescovi spagnoli pensano che il loro premier non sia un buon cristiano), in Italia il governo ha avviato una… Commissione di studio che, ovviamente, finora non è giunta ad alcuna conclusione. Su questo andrebbe incalzato Prodi, europeista convinto, ma potranno i prelati tuonare contro l’evasione e i privilegi dei politici e dei ricchi, se prima non rimuovono la trave dal loro occhio? Se doveroso è condannare gli uomini che abusano della politica, va evitato, da tutti, il rischio di diffondere il disamore per la cosa pubblica. L’impegno contro gli sprechi, le ingiustizie e le disfunzioni è dovere di tutti. Se, seguendo lo spirito (di Zaccheo e) di quel Cristo che non aveva “nemmeno una pietra su cui poggiare il capo”, la Chiesa rinunciasse ai suoi privilegi, anche i non credenti come Odifreddi potrebbero forse tornare a credere ai miracoli.
Raffaele Garofalo, Aldo Antonelli, preti Il Centro, 8/8/07