Le ronde delle nuove insicurezze
La voglia di ronde che sembra aver preso amministratori e cittadini è figlia di una doppia mancanza,
pubblica e privata: dello Stato (e amministrazioni locali) e dei cittadini. Non ci sarebbe bisogno di
ronde di volontari e ancor meno di guardie private a controllare strade, parchi e stazioni se polizia e
vigili avessero un più sistematico controllo del territorio, così come avviene in molte città europee.
Perché, ad esempio, nelle città tedesche, le vie del centro e le stazioni delle metropolitane non sono
colonizzate dai vu’ cumprà come avviene invece a Milano, Roma o Torino, a prescindere dal colore
dell’amministrazione comunale? E perché le loro periferie non sono ridotte a discariche all’aperto
di persone e cose? Eppure la Germania ha un tasso d’immigrazione più alto dell’Italia. Certo,
accanto all’operato di polizia e vigili urbani, c’è anche un sistema di Welfare che, per quanto
acciaccato, non consente in linea di principio che vi sia chi non può procurarsi un tetto, o
l’alimentazione di base. Non è un paradiso; ogni tanto si scoprono buchi anche gravissimi nelle
maglie della protezione sociale; e l’emarginazione c’è, anche pesante, alimentando talvolta
fenomeni di razzismo violento. Ma l’intervento pubblico è sistematico e visibile su entrambi i fronti
del controllo del territorio: quello della repressione, ma anche quello della garanzia di risorse
minime. Ciò rende il patto sia con i cittadini che con gli immigrati in qualche modo chiaro e
trasparente: se si sta alle regole si hanno anche diritti. Laddove in Italia tutto è sempre opaco, si
oscilla fra la tolleranza estrema e la tolleranza zero, senza che i patti siano mai chiari e tanto meno
fatti osservare con coerenza e sistematicità, salvo lodevoli eccezioni qua e là. Questo vale spesso
anche nei rapporti tra Stato e cittadini; ma è stata soprattutto la caratteristica con cui sin dall’inizio
si è affrontata l’immigrazione nel nostro Paese.
Ma non basta denunciare l’incoerenza, l’inaffidabilità delle politiche pubbliche. Il senso diffuso di
insicurezza che ci accompagna quando saliamo su un mezzo pubblico, attraversiamo una stazione di
notte, camminiamo per le strade dipende anche in larga misura dal fatto che siamo consapevoli che
se venissimo aggrediti saremmo lasciati soli: nessuno interverrebbe, per paura, ma anche per
indifferenza, per «farsi i fatti propri», per non essere disturbato nelle proprie faccende. Nessuno
avverte il vicino che gli stanno mettendo le mani nella borsa, salvo dichiarare, a cose fatte, che ha
visto bene e che bisogna stare attenti. Nessuno interviene se una donna viene molestata, se qualcuno
viene aggredito. Non fa differenza che ciò avvenga in mezzo a una folla, in piena luce o in una
strada o stazione isolata e un po’ buia. L’indifferenza (o la mancanza di coraggio) sono le stesse.
Anche i due uomini che un po’ frettolosamente sono stati definiti «angeli salvatori» della giovane
ivoriana stuprata e accoltellata all’uscita di una stazione periferica di Roma non sono affatto
intervenuti - in due! - per bloccare l’aggressore. Al contrario, per loro stessa ammissione, sono
scappati. Solo quando hanno incrociato un’auto della polizia hanno preso coraggio e hanno chiesto
aiuto.
Se le nostre società sono insicure è anche perché ognuno si fa un po’ troppo i fatti propri, senza
sentire alcuna responsabilità individuale per gli spazi - fisici e relazionali - comuni. In assenza di un
minimo di senso civico temo che le ronde rischino di accentuare questa deresponsabilizzazione (e il
senso di impunità che ne deriva sia ai maleducati che ai malfattori). In compenso rischiano di
attrarre tutti quelli che hanno voglia di menare le mani, di «dare una lezione» non solo a chi
costituisce un pericolo, ma a chi li guarda storto, o sta dove secondo loro non dovrebbe stare, o
guarda troppo da vicino la ragazza «di un altro». Con il rischio di accentuare l’insicurezza e
l’inciviltà che troppo spesso segnano l’attraversamento dello spazio pubblico. Per l’inciviltà e la
violenza che caratterizzano lo spazio privato - luogo deputato della violenza contro le donne e i
bambini - ovviamente le ronde non servono.
Chiara Saraceno La Stampa 30 aprile 2008