Le paure della
chiesa
Basta leggere le primissime pagine del nuovo libro di Marco Politi, La Chiesa
del no (Mondadori,
pagg. XII-366, euro 19, prefazione di Emma Bonino), per registrare quanto sia
ampia la rassegna
dei problemi aperti, fra lo Stato italiano e il Vaticano, e quanto siano aspri
gli attriti: «A ottant´anni
dal Concordato il bilancio è opprimente». Segue l´elenco, che comincia con gli
ostacoli sollevati per
impedire l´approvazione del divorzio breve, prosegue con «l´invasione di campo»
all´epoca del
referendum sulla legge relativa alla fecondazione assistita, e tocca tutti gli
altri punti caldi (anzi
caldissimi, in questi giorni di dibattito angoscioso sul caso Englaro):
opposizione al testamento
biologico, contrarietà alle regolamentazione delle coppie di fatto,
demonizzazione delle unioni gay,
sostegno all´obiezione di coscienza sulla pillola del giorno dopo, campagna
contro la pillola
abortiva Ru-486. Qualche pagina più in là, l´autore concluderà che con
papa Ratzinger si è
osservata in Italia una «sistematica invasione della sfera politica».
Basterebbero questi argomenti per concludere, come in effetti fa Politi: «Gli
italiani chiedono
testimonianza, non comandi dal pulpito. Si prova disagio quando il vertice
ecclesiastico pretende di
dire l´ultima parola su tutto, arrogandosi una triplice corona quale
rappresentante di Dio, interprete
della Ragione e al tempo stesso della Natura». Tuttavia Politi è un
giornalista, e anzi uno studioso,
troppo fine per accontentarsi delle recriminazioni. Poche righe oltre, ecco
esplicitato il cuore del suo
libro: «La verità è che la Chiesa ha paura di una società in cui è esplosa la
soggettività di massa, una
società in cui si sono andati affermando il gusto, l´abitudine, il diritto di
impostare la propria
esistenza secondo la propria coscienza e le proprie convinzioni».
Su questo immutabile sfondo morale, l´aborto è sempre un crimine, tanto da
indurre Wojtyla a
paragonarlo all´Olocausto, suscitando proteste nelle comunità ebraiche, mentre
l´omosessualità e gli
omosessuali in quanto tali non esistono (si danno soltanto «radicate tendenze
omosessuali», che
evidentemente si potrebbero sradicare). È proprio questo il punto centrale del
lungo reportage di
Politi, che affronta la cronaca attraverso testimonianze personali e
coinvolgenti racconti diretti.
Infatti risulta cruciale il resoconto dell´intervista del 2004 all´allora
cardinale Joseph Ratzinger, il
quale ammette nella conversazione che «il cristianesimo ha difficoltà a farsi
capire nel mondo
odierno, specialmente in quello occidentale, americano ed europeo. Sul piano
intellettuale, il
sistema concettuale del cristianesimo appare molto lontano dal linguaggio e dal
modo di veder
moderno».
Era questo, per la verità, il tema di fondo su cui si era esercitata, fra grandi
speranze e grandi
frustrazioni, la riflessione del Concilio. A quasi mezzo secolo di distanza dal
Vaticano II, ciò che
appare ancora in gioco è il rapporto fra il cattolicesimo, con la sua pretesa di
universalità, e la
modernità in tutte le su espressioni. Oggi, dice Ratzinger, la Chiesa cattolica,
dopo aver attraversato
«le onde delle ideologie», dal marxismo al liberalismo, «fino al libertinismo»,
deve fare i conti
con«una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che
lascia come ultima
misura solo il proprio io e le proprie voglie».
La risposta della Chiesa, sulla scia di Ratzinger, è la dottrina dei «principi
non negoziabili», che
comporta una totale intransigenza di fronte al mutamento culturale e sociale. In
sostanza, di fronte a
un passaggio d´epoca, l´antropologia cristiana rifiuta qualsiasi evoluzione. Il
matrimonio
considerato intoccabile, il celibato sacerdotale, il rifiuto dell´eutanasia (e
il ripristino di misure post
mortem come il rifiuto della sepoltura cristiana nel caso Welby) hanno
comportato fra l´altro una
stridente competizione con il governo del «cattolico adulto» Prodi, accusato dal
quotidiano della
Cei Avvenire di avere lavorato, con i Dico, a favore di nuovi «format sociali».
Ma nelle partecipate, coinvolgenti - e giornalisticamente obiettive - cronache
di Politi, più che il
dilemma politico di una Chiesa orientata a sostenere chi opportunisticamente la
sostiene, si avverte
spesso il senso quasi di una disperazione nel cattolicesimo di base, come se fra
la chiesa di vertice e
l´ecclesia dei fedeli che si interrogano, dei preti sposati, di chi vive in
prossimità con la sofferenza,
ci fosse ormai un´incomunicabilità che trova scampo soltanto in rari momenti di
comprensione
umana, e talvolta di superiore carità, fra gerarchie e poveri sacerdoti di
periferia, a contatto con il
dolore, la mutevolezza dei rapporti sociali e il "peccato". Fino a
concludere, con le parole di Enzo
Bianchi, che «oggi ci sono più laici che chiedono il confronto con noi
cattolici che cattolici che
chiedono il confronto con i laici». C´è amarezza in questo finale, ed è
l´amarezza di chi dice a se
stesso: «Noi cristiani non possiamo non ascoltare il mondo, non ascoltare
l´umanità e non
rispondere loro».
Edmondo Berselli la Repubblica 9 febbraio 2009