Le parole?

Non più, come nei tempi dell'innocenza, strumenti di comunicazione, bensì mezzi di imbroglio e di depistaggio.  Di questo uso satanico e perverso delle parole ebbe a lamentarsi già il non abbastanza rimpianto Tonino Bello che scriveva:   "Un saggio orientale diceva che, se lui avesse avuto per un attimo l'onnipotenza di Dio, l'unico miracolo che avrebbe fatto sarebbe stato quello di ridare alle parole il senso originario. Sì, perché oggi le parole sono diventate così "multiuso", che non puoi giurare a occhi bendati sull'idea che esse sottendono. Questa "sindrome dei significati stravolti" affligge soprattutto le parole più nobi li, quelle di serie A; quelle cioé che esprimono i sentimenti più radicati nel cuore umano come pace, amore, libertà..."   Sempre su questo tema, e in particolare sul termine "MODERATI",  bellissima riflessione che fa Carlo Garbagnati, direttore responsabile della rivista Emergency.

 

I MODERATI

 Sul tema che più di ogni altro sentiamo nostro  il tema della pace e della guerra  da anni si consumano misfatti d’ogni genere.

I peggiori sono ovviamente molto ma­teriali: uccisioni, ferimenti, distruzioni; in villaggi sperduti, in metropoli e in località di villeggiatura; tra le file di chi cerca lavoro o sui trasporti pubblici con i quali ci si reca al lavoro: in divisa dai bombardieri e dagli elicotteri, o passando inosservati per collocare bombe o trasformando sé stessi in bombe per farsi esplodere, distruggendo sé stessi per distruggere altri...

Si consumano anche “misfatti linguistici”: poca cosa in sé: distruttivi quando costituiscono premessa e supporto ai danni “veri”.

I protagonisti della vita partitica e al loro seguito, ottusamente, la quasi totalità degli informatori e del commentatori definiscono «moderati» coloro che sono “ragionevolmente” disposti a servirsi della violenza per affrontare i problemi internazionali.

Violando il diritto internazionale, la Costituzione, lo Statuto delle Nazioni Uni­te e infine anche il dizionario della Lingua Italiana, si presenta come misura­to, riflessivo e comprensivo delle ragioni altrui... - «moderato», appunto  chi nei propri programmi e orientamenti di governo fa spazio alla guerra, alle armi, alla violenza: in definitiva all’assassinio.

Per contro, si presenta conte ottusa­mente fanatico, irragionevole, addirit­tura intollerante, chi tassativamente esclude la soppressione del propri simili “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

Appassionarsi a discussioni concluse sarebbe sciocco e sterile. Se gli argomenti sono tuttora aperti, riproporli alla considera­zione non è desiderio di contrapposizione, ma necessità di chiarezza.

Abbiamo sentito enunciare nel 1999 e ripetere negli anni successivi, fino a oggi, un argomento che continua, sinceramente, a risultarci incomprensibile: «La nostra affidabilità e la nostra atti­tudine a governare sono comprovate dalla nostra sperimentata capacità di decidere una guerra».

Per diventare presidenti e ministri si deve giurare fedeltà alla Costituzione, ma per essere ritenuti idonei si dovrebbe esibire, a mò di credenziali, la disponibilità a violarla.

Nel 1999 in Iugoslavia, come in Afganistan nel 2001 e in Iraq nel 2003 si è violata la Costituzione Italiana e si è calpestato lo Statuto dell’Onu.

Lo sforzo di negare queste evidenze at­traverso interpretazioni fantasiose, e “creative” non ha prodotto che penosi sofismi. Non è d’altra parte pensabile che una qualsiasi “buona causa” si possa perseguire e raggiungere attraverso l’assassinio.

«Assassinio», sì, perché questo termine si definisce come «uccisione in forma violenta, e l’uccisione in forma violenta di esseri umani è ciò che si decide quando si decide una guerra, quale che sia l’eufemismo cui si ricorre nel nominarla.

 

(Carlo Garbagnati sul N. 36 di Emergency – Settembre 2005)