Le ossessioni

Molestie, pedinamenti, aggressioni. Che talvolta, come è accaduto a Torino, finiscono in tragedia. Ecco cosa trasforma la passione in un incubo


È come se dal silenzio fosse affiorato un mondo di dolore fino ad ora nascosto e taciuto. Due milioni e settecentomila donne hanno subito in Italia molestie e persecuzioni da ex mariti, ex amanti, ex fidanzati.
E da quando nel febbraio del 2009 è entrata in vigore la legge che istituisce e dunque punisce il resto di stalking, in pochi mesi ci sono state 7000 denunce e 1200 arresti. Testimonianza di quanto il fenomeno, ancora sommerso, sia esteso, trasversale ai ceti, annidato negli ambienti più diversi. Le vittime di questo "amore molesto", che da persecuzione si può trasformare in omicidio, sono nel 78,94% dei casi donne, e nel 21,06% uomini, e ogni giorno 17 persone vengono denunciate per molestie reiterate, reato punito oggi con la reclusione da 6 mesi a 4 anni. Persecutori, cacciatori: raccontare l´universo (e l´Italia) dello stalking, vuol dire entrare in buio di ossessioni e di paure, di vittime aggredite e violate, che vivono con il terrore di uscire di casa, di alzare il telefono, di portare al parco i propri bambini, di ogni angolo dove potrebbe nascondersi l´aggressore.

Come accadeva a Maria Montanaro, che aveva 36 anni, e a Sonia Balcone, che di anni ne aveva 43 e una figlia di 5, prima che il loro ex, Gaetano De Carlo, si trasformasse da stalker implacabile in serial killer, ammazzandole una dopo l´altra in un´unica sola giornata, e avrebbe continuato ad uccidere se non fosse stato fermato. Poi De Carlo, ex carrozziere che viveva a Cremona, braccato e inseguito si è sparato un proiettile alla tempia con la sua 7,65. Un lucido piano omicida perché quelle due donne "non fossero più di nessuno". È questa la spinta, spiegano gli psicologi, che può trasformare un ex in un persecutore e poi in un killer. «Un desiderio di possesso così estremo da portare all´assassinio e poi alla morte di sé - dice Anna Costanza Baldry, docente di Psicologia alla seconda università di Napoli - perché tanto l´oggetto amato non c´è più, e allora a che vale vivere?».

Da poco più di un anno in Italia è in vigore la legge anti-stalking, tenacemente voluta dal ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna. E qualcosa sta lentamente cambiando, anche se complessivamente i numeri degli omicidi (tutti di donne) avvenuti per mano di ex mariti o ex compagni, in Italia continuano ad aumentare, passando dai 100 del 2006 ai 119 del 2009, e soltanto nei casi registrati dalla cronaca. «Rattrista vedere che questa volta la giustizia non sia arrivata in tempo, prima che accadesse l´irreparabile, perché il senso della legge sullo stalking è innanzitutto quello di prevenire gesti più gravi - commenta infatti con amarezza il ministro Carfagna -. Mi rincuora però sapere che oggi, finalmente, le vittime di stalking hanno gli strumenti per liberarsi dall´incubo. Ci sono riusciti in tanti: in poco più di dodici mesi, infatti, vi sono stati 1.216 arresti a fronte di oltre 7mila denunce». E forse, chissà, le cose sarebbero potute andare diversamente se davvero De Carlo, denunciato ben 7 volte per molestie, di fronte ai giudici ci fosse arrivato davvero, ma la sua decisione omicida ha preceduto l´udienza davanti al Gup di Cremona, che si sarebbe dovuta tenere nel novembre prossimo. Eppure, ragiona il ministro Carfagna, «che la legge funzioni lo dimostra paradossalmente questa assurda storia, perché oggi, a poco più di 12 mesi dall´introduzione nel Codice del reato di stalking, ci trovavamo alla vigilia di un processo».

«Eravamo una famiglia splendida», dice sconvolto e tra le lacrime Guido Olivari, marito di Sonia Balcone, che adesso dovrà crescere da solo la sua bimba di 5 anni. «De Carlo non si faceva sentire da un anno, dopo l´ultima denuncia speravamo che ci avrebbe lasciati tranquilli». E invece è in questi mesi antecedenti al processo che forse è maturato il suo piano. Perché, come dicono giudici, esperti, psicologi, in questo "tempo scoperto" può accadere di tutto. Giovanna Fava è una delle avvocate del Forum delle donne giuriste ed è tra le autrici di un saggio edito da FrancoAngeli "Stalking e violenza alle donne". «Il tempo che intercorre tra le indagini preliminari e il processo è davvero pericoloso per le vittime. Perché i loro persecutori sono a piede libero, possono trovarle, aggredirle, e non sempre le forze dell´ordine riescono a proteggerle. Come in questo caso: se il processo si fosse celebrato per direttissima forse le due donne sarebbero ancora vive. La verità è che la legge sullo stalking oggi ci dà uno strumento in più per contrastare un fenomeno drammatico, dove le vittime sono in piccola parte anche uomini, ma poi ciò che manca è la tutela di chi è perseguitato». «Troppo spesso ancora - aggiunge Giovanna Fava - le denunce di molestie vengono sottovalutate, spesso gli aggressori non vengono arrestati in tempo. So che il ministero per le Pari opportunità sta facendo dei corsi di formazione per le forze di polizia. È giusto, perché in Italia noi non abbiamo ancora le lenti giuste per vedere e prevenire questo tipo di reati».

Reati gravi. Tanto che per lo stalking sono previste, ancora, le intercettazioni telefoniche. Fondamentali. Basta leggere una delle tante denunce per capire quanto spesso le vittime vengano perseguitate, ad ogni ora del giorno e della notte, su telefoni cellulari e fissi, costrette a cambiare schede, numeri e a sobbalzare a ogni squillo. «Che il governo faccia sul serio lo dimostra il fatto - aggiunge Mara Carfagna - che ho chiesto e ottenuto che, emendando il disegno di legge attualmente in discussione, questo reato fosse inserito nell´elenco di quelli per i quali saranno sempre consentite le intercettazioni telefoniche».
Ma che cosa trasforma un uomo (e raramente una donna) con cui si è avuta una relazione in un persecutore? Anna Costanza Baldry, oltre ad essere docente di psicologia, è responsabile da oltre due anni dello sportello anti-stalking Astra della Provincia di Roma. «La nuova legge è perfettibile, però il dato di fatto è che oggi in Italia è possibile difendersi. Da un punto di vista psicologico, lo stalking, anche nei casi più estremi, deriva raramente da una patologia mentale. I persecutori sono lucidi, sanno cosa fanno. È che non riescono ad accettare di aver perso il dominio sulla persona che una volta gli era accanto». «E spesso - racconta Baldry, autrice del libro "Dai maltrattamenti all´omicidio" - già in coppia questi uomini si dimostravano gelosi, possessivi, incapaci di accettare che la donna avesse una vita autonoma...

Quando poi la storia finisce, le tentano tutte. Fanno capire alla vittima di non poter vivere senza di lei, alternano minacce a dichiarazioni d´amore, regali ad aggressioni. E spesso le vittime sono confuse, arrivano addirittura a ritirare la querela. Questo a mio parere è un punto debole della legge». Visto che è ormai evidente quanto una persona perseguitata possa essere manipolata. «Infatti - conclude Anna Costanza Baldry - ogni volta che una donna vittima di stalking viene da noi, allo sportello Astra, quello che consigliamo è di non cedere mai alle richieste di colloquio, non accettare l´ultimo incontro, ma di cercare una casa protetta».
In realtà difendersi dallo stalking è un´operazione complessa. Come dimostrano le esperienze e le leggi di Paesi che prima del nostro, dall´Austria alla Germania, hanno istituto il reato di persecuzione e molestia reiterata. Non è sempre facile dimostrare in tribunale di essere vittime di stalking. «Per questo come legali - conclude Giovanna Fava - ciò che noi consigliamo alle donne è di tenere un diario di tutto ciò che accade, per documentare ogni tentativo di contatto da parte dello stalker. E poi, ed è la cosa più difficile, bisogna interrompere ogni contatto, non accettare ma nemmeno rispedire lettere o regali, gesti che potrebbero essere interpretati come apertura di comunicazione. Quindi coinvolgere nella propria battaglia la famiglia, gli amici, e soprattutto le forze dell´ordine. Perché uno stalker rifiutato può uccidere». È la cronaca di questi giorni.

Maria Novella De Luca    Repubblica 2.7.10

 

 


Uomini che odiano le donne

L’uccisione di Maria e Livia spinge di nuovo a riflettere sul tema della violenza maschile Si parla di stalking, si denunciano veline e velinismo ma intanto nulla sembra cambiare


Due elementi colpiscono nell’ennesima giornata di follia omicida contro le donne. Il fatto che Gaetano De Carlo, a poche ore l’una dall’altra, abbia ucciso ben due ex fidanzate, e che l’assassino fosse uno “stalker” conclamato. Non un raptus, non qualcosa di inatteso. Con Maria Montanaro la relazione era finita da poco, Livia Balcone, invece, sua compagna in un passato non vicinissimo, era già da un po’ vittima delle sue persecuzioni. Minacce, molestie e anche un’aggressione, che l’avevano spinta a depositare ben sette denunce contro quest’uomo pericoloso, fargli togliere il porto d’armi. C’era in corso un processo che però non è bastato a fermarlo, così al dolore di amici e parenti delle vittime si aggiunge la frustrazione. Un’impotenza che coglie anche chi si occupa di queste questioni da tempo poiché si ha la sensazione che, nonostante la presa di coscienza del problema “femminicidio” di questi ultimi anni, le cifre della cronaca sembrano inarrestabili.

La legge sullo stalking, da noi, è recente ed è presto per fare bilanci ma è certamente un passo avanti, il riconoscimento di un problema, l’ultimo campanello d’allarme. Ora, è vero che, sebbene sembrino rispondere a un copione, a un preciso profilo criminale, questi delitti hanno a che fare con specifiche patologie, dinamiche, rapporti. Solitudini, ossessioni, desideri insoddisfatti. Ma non dipendono solo dalle singole storie personali e familiari: chiamano in causa anche la condizione socio-culturale, e dunque politica, di un Paese intero.
Da tempo, ormai, da più parti, si sottolinea come il corpo delle donne sia oggetto delle più diverse forme di violenza e sopruso. Ciò che solo qualche anno fa sembrava indicibile, liquidato come argomento polveroso e “vetero”, ci è stato ora raccontato e mostrato, analizzato e denunciato anche nella sua versione più attuale: la mercificazione continua del corpo della donna – buono per vendere di tutto – è talmente martellante e presente da non poter più essere negata o liquidata con argomentazioni leggere da commedia all’italiana.

Da anni si parla di veline e velinismo, si parla di monnezza sottoculturale, di modelli deleteri, di certe trasmissioni orrende che sviliscono le donne, ma da quel versante nulla cambia. Pupe, veline e bonazze in costume continuano a occupare l’etere e lo spazio con ammiccamenti e promesse irraggiungibili.
Ci siamo indignate, indignati, abbiamo scritto che tutto si tiene, che considerare le donne come merci da possedere e esibire non è dignitoso per nessuno e non può restare senza conseguenze. Nel frattempo abbiamo scoperto che da noi le donne sono usate anche come benefit nella corruzione dei potenti. Chissà allora se una legge sulle persecuzioni può bastare o non servirebbe, pure, un cambiamento più generale, uno scatto d’orgoglio.
Una recente classifica della qualità della vita nelle città, accanto a qualità, quantità e efficienza dei servizi, livello dell’offerta culturale, ha posto come parametro anche il numero di omicidi e violenze domestiche: non sarà un caso che fra le prime venticinque non c'è nessuna città italiana.

Silvia Ballestra   l’Unità 2.7.10