Le incertezze cattoliche

Nel corso della campagna per il referendum costituzionale del 25 e 26 giugno il mondo cattolico italiano ha riproposto le sue incertezze e ambiguità: soprattutto le sue divisioni.
Vale la pena di considerarle, ora che la campagna è finita e ancora non ne conosciamo l'esito.
La spaccatura, a tutti i livelli, à stata abbondantemente confermata, nonostante le prese di posizione ufficiali, rigidamente bipartisan.
Basti vedere «Famiglia cristiana» che istituisce un parallelo fra Umberto Bossi: "Il no può spaccare il paese" e Vannino Chiti: «Una riforma da bocciare». La gerarchia si è limitata a dire di andare a votare. Non c'è più una Democrazia cristiana da difendere e l'aumento dei poteri alle regioni - alcune, non tutte - potrebbe anche far piacere alla locale gerarchia cattolica.
L'agenzia dei vescovi (Sir) ha mantenuto una posizione sibillina, ben diversa dal famigerato impegno quando si è trattato del referendum sulla fecondazione assistita.
Ma il cattolicesimo di base, per così dire, non ha mancato di farsi sentire.
E in maniera anche più clamorosa del solito: un vero coro per il NO che è apparso come un coro per dire - finalmente! - no e al berlusconismo e agli appoggi che Berlusconi aveva avuto anche dalle autorità ecclesiastiche. Un No, quindi, dal sapore e dal valore anche intraecclesiale.
Qualche voce, fra le più importanti. La stessa Azione Cattolica: la costituzione si modifica solo con un ampio consenso. Anche Pax Christi e le Acli.
Più scontato ma non irrilevante il No della comunità cristiane di base e del movimento Noi siamo chiesa.
Duro l'appello per il no («Costituzione o barbarie») firmato da una notevole quantità di riviste di ispirazione cristiana.
E l'elenco dei cattolici per il No potrebbe continuare a lungo, e potrebbe toccare anche non poche realtà di base in quel nord est fortemente cattolico ma anche fortemente leghista.
Il cattolicesimo italiano , dunque, è ormai fortemente diviso e la recente vicenda referendaria lo conferma.
La gerarchia lo sa e, per il timore di essere sconfessata, mantiene un certo riserbo.
Si pronuncia con forza e decisione quasi soltanto sulle questioni di etica sessuale e familiare: ma in questi campi sembra ormai scontato un certo dissenso, la cui voce si fa di giorno in giorno più forte ed esplicita.
Una svolta, una perdita di autorevolezza della gerarchia.
Il mondo «laico» (centrodestra e anche centrosinistra) sembra non accorgersene, e continua a riconoscere ai vertici del cattolicesimo italiano una autorità e un peso politico ben al di là della realtà.

 

Filippo Gentiloni     Il manifesto 25/6/2006