Le impronte dei bimbi rom e il silenzio della Chiesa


A Maroni vorremmo suggerire di prendere le impronte delle mani (e dei piedi) ai neonati cinesi di
Milano, che sono già, notoriamente, tutti ladri di identità. Inoltre, per coerenza, potrebbe impartire
l'ordine di misurare la lunghezza degli arti ai bimbi di Corleone che crescono (si fa per dire) con il
‘criminal profiling' di Totò u curtu. Ed è inutile spiegare a un pietoso uomo d'ingegno come il nostro
ministro degli Interni che i minori dell'agro nocerino sarnese e della piana del Sele andrebbero – per
proteggerli, badate bene! – sottratti alla patria potestà e affidati alla Dia o, in subordine, allo
scrittore Roberto Saviano. E contro il bullismo nelle scuole cosa ci sarebbe di meglio che prendere
le impronte, al momento dell'iscrizione, anche ai genitori che sono sempre un po' complici?
Ecco, preferiamo mostrarvi il lato grottesco di questa proposta perché sappiamo bene che Roberto
Maroni, credendo di essere astuto, lavora per provocare i nostri buoni sentimenti, e dunque non
vogliamo cadere nella sua rozza trappola e farci rubare i pensieri. Insomma a noi viene facile
assimilare il bambino ai deboli, agli sfruttati, a tutte le altre vittime dell'umanità adulta. Ma contro
l'indignazione i leghisti sono bene attrezzati. Dunque rispondono rinfacciandoci la paura della
gente, agitano il valore della sicurezza, e ci eccitano perché vorrebbero che in risposta al loro
razzismo scomposto noi santificassimo i rom, negassimo qualsiasi rapporto tra campi nomadi e
criminalità, tra immigrazione e delitti. E invece non è in difesa dell'accattonaggio, né per esaltare la
presunta bellezza esotica e imprendibile della zingara Esmeralda che protegge il povero gobbo di
Notre Dame, non è insomma in nome della retorica rovesciata dei miserabili che noi diciamo a
Maroni che prendere le impronte digitali a bimbi rom è un segno di inciviltà razzista, che neppure ci
sorprende perché non è il primo, non è l'ultimo e purtroppo non sarà neppure il peggiore.
Il punto è che, insieme con l'ossessione di Berlusconi per la Giustizia, in questo governo c'è anche
l'ossessione leghista per la sicurezza. Ma una cosa è il problema e un'altra cosa l'ossessione.
Ebbene, incapace di risolvere il problema che lo ossessiona, Maroni vorrebbe che, per reazione, noi
negassimo il problema. Invece noi gli ricordiamo che già il suo predecessore, il mite Giuliano
Amato aveva segnalato che in tutte le comunità criminali sta crescendo, anche in Italia, l'uso orribile
dei bambini. Ci sono, per esempio, le baby gang. E il libro Gomorra racconta di ragazzini utilizzati
nelle vendette trasversali. E in Calabria sono in aumento gli omicidi compiuti da killer ragazzini
pagati solo poche centinaia di euro. Ma che facciamo, ministro Maroni, schediamo tutti i bimbi
calabresi?
Ecco perché non merita i nostri buoni sentimenti, il ministro Maroni. Perché non è vero che in Italia
c'è un dibattito tra rigoristi cazzuti (loro) e lassisti rammolliti (noi). Maroni non c'entra nulla con il
dibattito europeo, difficile e importante, tra il rigore e l'accoglienza.
Nei Paesi più civili d'Europa la sicurezza, la serietà e la responsabilità non sono valori di destra. I
socialisti francesi e spagnoli, i socialdemocratici tedeschi, i laburisti inglesi e, aggiungiamo, anche i
sindaci italiani di centrosinistra hanno maneggiato con durezza l'argomento dell'immigrazione
irregolare e della criminalità. Ma senza sparate comiziali, senza colpi di teatro razzisti, senza i
paradossi, gli ossimori e le miserie culturali dei leghisti che – come dimenticarlo? – sono quelli che
chiamavano gli immigrati di colore bingo bongo, che parlavano di musi di porco e teste
scornificate, che invitavano la Marina "a sparare sulle carrette dei clandestini", e denunziavano
l'Europa "in mano ai massoni, agli ebrei, ai musulmani e alle mafie degli immigrati". Perché dunque
dovremmo stupirci che, arrivati al governo, vogliano prendere le impronte ai bambini rom?
Da anni, ad ogni elezione nelle valli padane, i leghisti affiggono manifesti "giù le mani dai nostri
bambini" appropriandosi appunto del vecchio pregiudizio razzista sul misterioso popolo dei ladri di
neonati, agitando la leggenda della corte dei miracoli. Si sa che in tutta l'Europa centrale, che
registrava il tasso più alto di popolazione zingaresca, per ben tre secoli decreti e leggi furono
emanati per "liberare" i bambini degli zingari dai loro genitori naturali, sino alla soluzione finale
nazista e dunque all'internamento di adulti e pargoli. Ne furono sterminati più di cinquecentomila.
Ebbene, oggi nel rilancio dell'antico pregiudizio con in più la certezza che i bambini rom non siano
bambini ma complici, solo criminali in miniatura e dunque più pericolosi e più sfuggenti, c'è la
vecchia idea che tutti i bambini del mondo sono allevati per ereditare «la scienza» di papà. E
dunque: la criminalità è un destino che il bambino rom ritrova in fondo a se stesso come una roccia.


E va bene che il bambin Gesù non era rom, ma la chiesa che in Italia fonda la sua forza molto più
sull'immagine dolce del bambinello che su quella del crocifisso, potrebbe almeno dire che i bambini
non si toccano.
La Chiesa sì che può (deve) permettersi i buoni sentimenti. Non era Gesù che
voleva che lasciassero i bambini venire a lui? La Chiesa, che punisce e scomunica in materia di
sesso e di scienza, perché tollera e accetta le volgarità dei leghisti contro i marginali e contro la
gente da marciapiedi, contro i disperati dei semafori e dei campi, contro i loro bambini? La Chiesa,
che è l'ecclesia dei naufraghi, dei diseredati e dei dannati della Terra, perché non interviene? Forse
perché i bimbi rom non fanno beneficenza come il terribile boss della Magliana Renato De Pedis
che – lo ha raccontato mercoledì Filippo Ceccarelli - è stato sepolto nel più esclusivo cimitero del
Vaticano, "sarcofago di marmo bianco, iscrizioni in oro e zaffiro, l'ovale della foto" e "un attestato
di grande benefattore dei poveri..., che ha dato molti contributi per aiutare i giovani, interessandosi
in particolare per la loro formazione cristiana e umana". I bambini rom, non avendo avuto la fortuna
di essere educati da quel sant'uomo di De Pedis, sono rimasti ladruncoli e tutti infedeli, mentre
Maroni, come De Pedis, si dichiara fervente cattolico.


Quando Berlusconi nominò Maroni all'Interno pensammo subito che aveva affidato l'Ordine al
Disordine. Il ministero dell'Interno serve a controllare, appunto dall'interno, la tenuta unitaria del
Paese contro tutte le cellule disgregative, tanto sociali (delinquenti) quanto politiche (eversori).
Ebbene, si sa che la Lega secessionista è una subcultura politica che da più di venti anni attenta, per
come può, all'unità del Paese e alla sua legge. Berlusconi, che pensa di essersi liberato del lavoro
più sporco affidandolo al suo ministro-mastino, ha in realtà ceduto il controllo dell'eversione
all'eversore da controllare. E Maroni, che nella Lega è il più pericoloso perché forse è il meno
brutto e il meno ridicolo (ha fatto pure le scuole), sta usando gli aspetti più odiosi del ministero
dello Interno – carcere, manette, impronte digitali - per sollevare nuvole di propaganda, per creare
effetti placebo alla paura e alle emergenze sociali, in modo da guadagnare ancor più consenso
all'eversione.

Francesco Merlo       la Repubblica   27 giugno 2008