Le Goff: “La laicità? Viene dal Medio Evo

 Storia, memoria, scuola, laicità, Europa. Sono i temi di cui Jacques Le Goff parla in un'intervista esclusiva realizzata da Daniela Romagnoli, amica e collaboratrice da lungo tempo del grande medievalista francese, per la Festa della storia, in corso a Bologna fino a domenica 23 ottobre.

 

E’ possibile studiare la storia recente senza avere una conoscenza, più completa possibile, del passato medievale e dell'Antichitã?

«Se la storia ha conosciuto alcuni grandi sconvolgimenti, come ad esempio la caduta dell'Impero romano, che del resto è stata un lungo processo, o la Rivoluzione francese, che è stata un'eruzione più violenta, essa è però segnata essenzialmente dalla continuità. La storia è memoria. Una memoria che gli storici si sforzano, attraverso lo studio dei documenti, di rendere la più veritiera possibile. Non proporre ai giovani una conoscenza della storia che risalga ai periodi essenziali e lontani del passato, significa fare di questi giovani degli orfani del passato, e privarli dei mezzi per pensare correttamente il nostro mondo e per potervi agire bene.

Ma quale passato? Indubbiamente, innanzitutto, il passato greco-romano, cioè lo strato più profondo della civiltà europea. Anche i nostri uomini politici meno interessati alla cultura, più intellettualmente mediocri, agiscono tuttavia avendo in fondo idee che vengono da Platone, Aristotele o Cicerone. E quando si parla di democrazia, tema di grande attualità, si sa bene che la parola e la cosa sono state inventate nella Grecia antica e in particolare ad Atene, nonostante che quella democrazia fosse molto imperfetta, giacché non comprendeva le donne, gli stranieri, gli schiavi, che costituivano la maggior parte della popolazione.

Il secondo strato di civiltà, di cui i giovani devono imparare quello che è stato e quello che ha lasciato, è il medioevo, che ha fatto nascere l'Europa pressappoco entro i limiti geografici odierni, dall'Islanda alla Sicilia. Col grande problema che le genti dell'antichità e del medioevo non hanno saputo risolvere e che non sappiamo risolvere neanche noi: quello delle frontiere dell'est. Il medioevo è stato un periodo più lungo di quanto si dica nelle scuole e nei libri, perché a mio parere si è esteso dal tardo antico (lunga trasformazione dell'Impero romano, tra il III e il VII secolo, in nuove istituzioni e in una nuova cultura) fino a due avvenimenti che meritano il nome di rivoluzione, alla fine del XVIII secolo: la rivoluzione industriale nel campo economico, la rivoluzione francese nel campo politico. Ma già prima di questi grandi avvenimenti politici ed economici, l'Europa aveva attraversato una terza fase di fondazione: quella dei Lumi nel XVIII secolo.

Una conoscenza della storia che lasciasse da parte Cesare, Cicerone, Carlo Magno, Dante, Giotto, per arrivare fino a Galileo Galilei, equivarrebbe a gettare gli italiani nell'ignoranza di chi essi siano e di cosa sia la loro vita. Infine, beninteso, ci sono - e non li voglio escludere dall'insegnamento della storia nelle scuole - i periodi più recenti: il XIX secolo, che è in particolare quello della formazione dell'unità italiana, e il XX secolo, più vicino a noi. Tutto questo è davvero molto. Tocca dunque agli insegnanti di storia mettersi d'accordo sul modo di proporre agli allievi un insegnamento della storia non troppo pesante».

Un grande problema oggi è quello della costruzione dell'Europa. Quali sono i valori ereditati dal passato che non possiamo trascurare? Quale il legato del medioevo cristiano?

«Tra le grandi tappe che hanno scandito la formazione dell'Europa, quella medievale, importantissima, è stata fortemente segnata dal cristianesimo. Ma ritengo che la costituzione politica di cui l'Europa ha bisogno debba essere laica. La laicità è un valore molto antico, che distingue l'Europa non solo dalle civiltà dell'estremo Oriente e dalle civiltà islamiche, ma anche dalla civiltà americana statunitense. Ma non deve essere antireligiosa. Deve essere una attitudine di neutralità rispetto alle religioni, considerate come credenze private, la pratica delle quali deve essere garantita dalle istituzioni. Ciò che di solito non si dice è che questa nozione si è instaurata nel cuore stesso del medioevo. Del resto la separazione tra il pubblico, laico e il privato, religioso, ha il proprio fondamento nel Vangelo (date a Cesare quel ch'è di Cesare) e il cristianesimo stesso divideva la società tra chierici e laici, reclamando però l'indipendenza che bisognava riconoscere ai laici. Dunque, anche se nei malaugurati conflitti posteriori la laicità ha potuto assumere aspetti aggressivi, deve essere riconosciuta come un valore essenziale».

Non ritiene necessario un legame profondo tra l'insegnamento della storia e quello della geografia?

«Una storia "oggettiva", un storia che cerchi di illuminare l'evoluzione storica in quello che ha di essenziale, deve studiare l'evoluzione dei popoli e delle società nello spazio, e quindi deve ricorrere alla geografia. Possiamo spingerci più lontano. Unire la storia e la geografia equivale a unire i due elementi essenziali e strettamente legati della costituzione e dell'evoluzione delle società: spazio e tempo. Separare la storia dalla geografia significa spezzare l'unione tra spazio e tempo che è la struttura essenziale delle nostre società e della loro evoluzione».

 

Intervista di Daniela Romagnoli     L’Unità del 18-10-2005