Le conseguenze della paura

 

Cara Unità,
da giorni ed ogni giorno si ripetono episodi di razzismo di una gravità inaudita. La destra al governo, incapace di frenare la perversa macchina della paura instillata per anni nelle teste di cittadini, nega l’evidenza anche di fronte agli episodi eclatanti. Nell’opera di propagazione della paura ha avuto come connivente l’informazione. Una volta innescata la violenza è contagiosa e può dispiegare la sua brutalità, come sta avvenendo. La lotta per estirpare il razzismo dovrebbe cominciare con l’educazione: ma oggi sappiamo la scuola in che mani è.

Mario Sacchi, Milano

Sul nostro giornale Luigi Manconi scriveva ieri che non è il razzismo, in astratto, che va combattuto, ma il dilagare epidemico di episodi di razzismo. Non la teoria ma la pratica. Del resto alla domanda «sei razzista?» pochi (per ora) rispondono sì. Tutt’al più quando gli chiedi perché hai picchiato quel ragazzo cinese dicono: «Boh». Per noia, per divertimento, perché si può, è normale. Dei morti ammazzati di Castel Volturno questo giornale ha pubblicato nomi e cognomi ma sono difficili da ricordare: di solito si dice 6 neri. Si somigliano, no, i neri? Come i cinesi: si somigliano tutti. Eppure il tema non è ancora, oggi, l’odio razziale. Può peggiorare, ci sono tutti i sintomi ma la questione adesso - siamo in bilico - è ancora la spaventosa assuefazione a un linguaggio e a un comportamento violento, quasi sempre inutilmente violento, sciattamente violento e gradasso che si fonda sulla paura dell’invasore straniero. Quello che ti toglie il lavoro, che ti ruba in casa, che si prostituisce sul tuo marciapiede e «diminuisce il valore dell’immobile» in cui vivi, spiegano i sindaci anche di sinistra. Il valore dell’immobile. Lo so, qui scatta l’accusa di moralismo. C’è sempre uno che si alza e dice: la gente ha paura, deve essere protetta. La gente ha paura perché la paura è un’industria, è facile e proficuo alimentarla. La gente ha paura di chi non sta alle regole e spaccia e violenta e rapina, di chi compra coi soldi la sua impunità e ce ne sono di bianchi e di neri che lo fanno, di italiani e di romeni, molti italiani anche illustri. I figli di stranieri nati in Italia sono 400mila. Fra sei anni saranno 1 milione. Sono ragazzi che parlano con l’accento della città dove sono cresciuti, che vanno a scuola - quando sono messi in condizione di andarci - coi nostri figli. Si può strillare, strepitare, picchiare e umiliare chi non ci somiglia ma più che criminale è inutile. Stiamo andando lì, non c’è niente da fare. Bisogna mettere in moto il cervello prima delle mani. La storia va lì e nel mondo, in Europa, siamo fra gli ultimi a sperimentarlo. Le banlieu parigine le abbiamo già viste. Londra e Berlino le conosciamo. L’integrazione non è un tema da affrontare con argomenti sentimentali o retorici. Non c’entrano la solidarietà, la compassione, la giustizia. Anche, certo. Ma prima ancora c’entra la ragione. Imparare a vivere insieme e a rispettarsi serve a noi quanto a loro. Non avremo una sorte diversa, avremo questa e non c’è argine che tenga: non serve urlare nè sparare. Il futuro è la condivisione, le genti si mescolano. Separiamo il bene dal male, non il bianco dal nero. Proviamo ad esercitare il pensiero, persino il pensiero complesso. È un buon esercizio in sé, oltretutto. I bambini sanno farlo, è crescendo che si sciupano. Aiutiamoli. È meglio e per giunta, davvero: non c’è alternativa.

 

Concita De Gregorio     L’Unità 5/10/08