Le avventure di mons. Riciclo
I quattrini della Gea sono passati per lo Ior? Gea nega recisamente, ma intanto Ior è rientrato in scena. E' ancora molto forte e capace di operare in modo coperto e di collegarsi al sistema finanziario mondiale

Un lancio delle ore16:01 «Gea: nessun legame con istituti di credito vaticani. Gea World spa rigetta con forza le accuse, riportate oggi da un quotidiano, che collegano la società a conti legati a Istituti di Credito con sede in Città del Vaticano". Lo afferma una nota diffusa dalla Gea World. "Tali ipotesi -prosegue il comunicato- sono del tutto prive di fondamento e costituiscono una diffamazione intollerabile in un momento molto delicato delle indagini preliminari. Confermando la fiducia nell'operato degli inquirenti, la Gea World e i suoi soci sottolineano che provvederanno a tutelare la propria onorabilità e continueranno a difendersi con serenità nelle sedi competenti"».
Abbiamo ripresa per intero dal sito di Repubblica la smentita di Gea World, che seguiva un articolo pubblicato dalla stessa Repubblica nelle edizioni a stampa, nel quale appunto era suggerita l'esistenza di un flusso di denaro dalla sede Gea allo Ior, l'istituto per le Opere di Religione. Gea World o più familiarmente, Gea, è la società che con un parco di duecento giocatori di rango, primeggia nel mercato calcistico. Gli aspetti di eventuali fondi neri e fondi bancari segreti sono descritti in questa stessa pagina, mentre la difesa di Gea colpisce perché sembra indicare «gli istituti di credito con sede in Città del Vaticano» che poi sono uno soltanto, secondo le informazioni più attendibili e si chiamano Ior, alla stregua di uno strumento di malaffare.
Probabilmente in questo la Gea esagera un po', ma si può comprendere l'eccitazione del momento. Lo Ior è un istituto bancario certo più riservato di altri, certo più impenetrabile, ma non di per sé di malaffare. Quando il 21 febbraio si è saputo della morte dell'arcivescovo Paul Marcinkus, per lunghi anni animatore o dominus dello Ior, si è ripetuta a iosa la sua storica frase, la famosa risposta a Giovanni Paolo II che gli chiedeva l'elenco dei correntisti della banca: «Spiacente Santità, ma la riservatezza dei clienti è sacra...».
«La sacra riservatezza dei clienti...» che nell'ultima fase è ripresa nel libro di Ferruccio Pinotti sui «Poteri forti» è sempre stata il baluardo di attività bancarie anomale. A volte come nel caso del Vaticano la riservatezza era qualcosa di effettivamente sacro, un'emanazione divina, un rapporto di fiducia assoluta tra fedeli e Organizzazione, paragonabile alla confessione. Nessuno doveva saperne niente. Altre volte il rapporto fiduciario nel trasferimento di denaro è meno esposto, ancora più circospetto.
Il caso più famoso è hawala, usato fin dall'antichità tra comunità disperse. Hawala ha una cattiva fama, perché si assume che attraverso di tale modo di trasferire denaro venga finanziato il terrorismo e altre frange del consesso umano.
Strudel, un sito online descrive così hawala: «Il sistema hawala assomiglia a quello che ogni persona di buon senso vuole da una banca: diffusione in ogni parte del mondo, anche nel più remoto villaggio; costi molto bassi per le operazioni; capacità di operare in qualsiasi valuta; riservatezza; assenza di burocrazia; operatori affidabili e conosciuti sia per chi paga che per chi incassa. Naturalmente le banche ufficiali ...vedono di solito gli operatori hawala come il fumo negli occhi e preferiscono combatterli con ogni mezzo e mezzuccio...».

Combatterli con ogni mezzo, oppure allearsi. Il caso dello Ior, concluso il periodo convulso dei banchieri Michele Sindona e Roberto Calvi, a capo di banche finite male, ma strenue alleate dello Ior, mostra che per una banca che segue poco le regole mondane, ma - per così dire - guarda più in alto, è possibile e anzi normale allearsi con banche e banchieri laici, purché di forte religiosità. Per quindici lunghi anni, dal 1990 in poi, lo Ior è stato amministrato da un banchiere cattolico ma laico, Angelo Caloia, che ha l'incarico dal cardinale Agostino Casaroli di risistemare la banca vaticana e soprattutto di ripulirne il blasone. Recentemente Sandro Magister, un giornalista dell'Espresso molto esperto del settore, ha descritto un percorso di consolidamento e rilancio dello Ior, con l'appoggio di un frazione più aperta del clero, come il cardinale Martini di Milano e malgrado l'avversione esplicita di una parte della curia romana. Più che questioni di fede sono in gioco aspetti materiali: lo Ior deve o meno finanziare il «merchandising»? I mercanti devono tornare nel tempio?Ma ne sono mai usciti? Caloia pensa che non sia affar suo e bada invece a moltiplicare l'attività bancaria, quella che gli è stata affidata.
Vi è una parte nota che è quella di ricevere denaro da ecclesiastici, ordini religiosi e altre persone o enti conosciuti e farlo fruttare, con investimenti oculati. Vi è una parte meno nota che serve a trasferire denaro: dove serve alla Chiesa e dove serve ai suoi singoli fedeli, in un'accezione abbastanza vasta da comprendere tanto le pecorelle bisognose di aiuto che i lupi che spesso le seguono.
Lo Ior ha per la sua stessa natura una coazione a ripetere: il sistema finanziario è talmente forte e ha talmente bisogno di canali coperti, meno rozzi di hawala, per trasferire le buone opere, per aiutare i bisognosi: e chi più bisognoso di un ricco, tanto lontano dalla grazia di dio?
Lo Ior è un canale benedetto e sicuro. Oltretutto è facilmente collegabile ai sistemi internazionali in cui banche e altre istituzioni, nonché imprese multinazionali scambiano e compensano crediti e debiti. Il principale di questi sistemi è Clearstream, famoso in Francia per gli scossoni al mondo politico. Gea+ Ior in Italia, Clearstram + Sarcozy in Francia: non si potrebbe riprendere il discorso della Tobin tax?

 

 

Guglielmo Ragozzino     Il manifesto 20/5/2006