Le attese vaticane
sul testamento biologico
Il contenzioso fra il Vaticano e il governo Berlusconi si va aggravando di
giorno in giorno, ma le
questioni più leggere e spettacolari (come quella su Boffo) rischiano di
soffocare quelle più serie e
profonde. Fra queste non bisogna dimenticare la questione del testamento
biologico.
Né dimenticarla né sottovalutarla. Non la sottovaluta certamente il
Vaticano, per il quale tutte le questioni che riguardano la nascita e la morte
sono sempre in primo piano.
È da lì, da questi nodi fondamentali, che il magistero
cattolico cerca di controllare e dominare. Chi controlla questi nodi è
sicuro di controllare la vita intera. Perciò l'impegno della dottrina
cattolica contro l'aborto e contro
tutte le forme di eutanasia; perciò l'assimilazione, anche se ingiustificata,
del testamento biologico
alla eutanasia.
Ancora pochi giorni fa Benedetto XVI parlando ai vescovi scozzesi: «Il sostegno
alla eutanasia
colpisce al cuore la concezioni cristiana della dignità della vita umana. Se
l'insegnamento della
Chiesa viene compromesso in un campo come questo diventa difficile difendere la
dottrina cattolica
in modo integrale».
L'opposizione cattolica ha reso difficile anche il cammino parlamentare del
testamento biologico,
cammino che era stato facilitato dopo la triste vicenda di Eluana Englaro. Ma
Monsignor Betori,
autorevole interprete della Conferenza Episcopale: «Una legge sul testamento
biologico non è
necessaria, anzi in questo campo meno si legifera, meglio è». Così nel 2007.
Oggi il cardinale
Bagnasco sostiene, invece, che «una legge sul testamento biologico è utile e
deve essere in linea con
le attese della Chiesa».
Ma quali sono esattamente queste «attese»? E quale la loro rigidità? Si
rischia di negare la libertà di
morire senza inutili sofferenze e prolungate agonie.
Una voce protestante (dal settimanale «Riforma»): «Sentiamo l'urgenza di una
metanoia culturale:
recuperare la consapevolezza che la morte è una dimensione costitutiva della
vita, un dato che
appartiene allo statuto ontologico dell'uomo nella sua storicità, accompagnata
da una medicina che
può ancora rivendicare di essere la più umana delle scienze . Diceva bene
Seneca: «Il bene non sta
nel vivere ma nel vivere bene».
Filippo Gentiloni il
manifesto 7 febbraio 2010