La vita ostaggio della politica
La vicenda parlamentare del testamento biologico ha conosciuto ieri una violenta
accelerazione. Era imprevedibile? Non credo. Troppi segnali si erano
accumulati negli ultimi tempi, troppe convenienze politiche si erano svelate
perché si potesse prestar fede a qualche apertura, peraltro ambigua, venuta
dalla maggioranza. La chiusura immotivata del confronto in Commissione,
allora, assume un triplice significato. Smentisce la tesi secondo la quale la
maggioranza è sempre disposta al dialogo, mentre l´opposizione è arroccata
intorno a immotivate posizioni di rifiuto.
Rivela una prepotenza che si dà una veste giuridica incostituzionale.
Conferma la subordinazione della politica del governo a quella vaticana: non
è un caso che la decisione del Pdl sia venuta all´indomani dell´incontro tra
Gianni Letta e Benedetto XVI.
1.
Giochi di potere. Da tempo in Vaticano vi era una fila lunga, e
mortificante, di politici che portavano le loro offerte, racchiuse soprattutto
in quel contenitore allettante che si chiama appunto testamento biologico e che
sprigiona veleni tali da inquinare non solo l´ambiente istituzionale, ma
l´intera società. Un´offerta sacrificale, dove le vittime sono le persone
alle quali si vuole negare il diritto di decidere liberamente sulla fine della
loro vita. Tutto questo è all´interno di un gioco politico che, da una
parte, vuole rinsaldare i rapporti tra governo e Vaticano e, dall´altra, rende
evidente una concorrenza tra i partiti di maggioranza, dove la Lega si offre
alla Chiesa come l´interlocutore più affidabile, il vero partito cristiano.
Dopo che Bossi aveva esibito i suoi incontri ai più alti livelli, con la
Segreteria di Stato e con il presidente della Cei, Berlusconi ha fatto la sua
mossa. Debole com´è, bisognoso di una rinnovata legittimazione vaticana,
ha cercato di tornare al centro del gioco, accettando la richiesta vaticana di
tenere fermo l´impianto proibizionista e autoritario della legge sul testamento
biologico. Inammissibile ingerenza della Chiesa o, invece, crescente
debolezza della politica italiana? La risposta è nei fatti, nella sempre più
marcata accettazione delle posizioni della Chiesa in tutte le materie che
riguardano le decisioni sulla vita: la procreazione, con le resistenze contro la
legittima utilizzazione della pillola Ru486; le relazioni personali, con la
perdurante ostilità al riconoscimento delle unioni di fatto; il morire, appunto
con la pretesa di cancellare la possibilità di libere scelte delle persone.
In queste materie delicatissime si è ormai realizzata una cogestione tra
governo italiano e governo vaticano.
2. Obiezione di coscienza. Per sfuggire a questa stretta e recuperare un po´ di autonomia per i parlamentari, si era invocata la loro libertà di coscienza, di cui lo stesso presidente della Camera si era fatto garante. Anche questa mossa rischia ora di essere vanificata. E però bisogna sottolineare che si tratta comunque di una iniziativa inadeguata rispetto alla specifica situazione che abbiamo di fronte. Infatti, quando le decisioni parlamentari incidono direttamente sul diritto delle persone di governare la loro vita, la questione della libertà di coscienza deve essere considerata anche, o soprattutto, da un diverso punto di vista. Qui la libertà di coscienza da tutelare è, in primo luogo, quella della persona che deve compiere le scelte di vita. Altrimenti si determina una asimmetria pericolosa: quando si affrontano i temi "eticamente sensibili", la libertà di coscienza dei legislatori può divenire massima, mentre finisce con l´essere minima quella delle persone alle quali si rivolge la legge. Ci si deve chiedere, allora, se siano in sé legittimi interventi legislativi tali da cancellare, o condizionare in maniera determinante, il diritto di ciascuno di governare liberamente la propria vita.
3.
Habeas corpus. Questa è l´antica formula con la quale il sovrano si
impegna a "non mettere la mano" sul corpo dei cittadini. È l´impegno che il
sovrano democratico, l´Assemblea costituente, rinnova quando, nell´articolo 32
della Costituzione dedicato al diritto fondamentale alla salute, conclude
perentoriamente che "la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti
dal rispetto della persona umana". Il Parlamento non può ignorare tutto questo,
deputati e senatori debbono ricordare che, scrivendo quelle parole, l´Assemblea
costituente era ben consapevole di porre un limite invalicabile al loro potere,
di individuare un´area non solo sottratta all´arbitrio delle maggioranze
parlamentari, ma indecidibile dal legislatore, dunque un luogo dove neppure la
legge può penetrare. Questa logica costituzionale è sovvertita dal testo in
discussione alla Camera. Il diritto fondamentale all´autodeterminazione è
cancellato, perché si esclude il valore vincolante delle decisioni della persona
riguardanti la fine della vita; e perché si impone a tutti l´obbligo di
sottoporsi all´alimentazione e alla idratazione forzata, di cui abusivamente si
nega il carattere di trattamento terapeutico, ignorando l´opposta opinione di
quasi tutta la comunità scientifica proprio per cancellare il diritto, da lungo
tempo riconosciuto, di rifiutare le cure. Siamo di fronte a un grave
tentativo di impadronirsi della vita delle persone, di una mossa autoritaria che
altera il rapporto tra Stato e cittadino. Cercando di reagire a questa
deriva pericolosa, venti parlamentari della maggioranza avevano scritto al
presidente del Consiglio una "lettera sul disarmo ideologico", proponendo "una
riserva deontologica sulla materia del fine vita, demandando al rapporto tra
pazienti, familiari, fiduciari e medici la decisione in ordine a ogni scelta di
cura".
Da anni insisto sulla necessità di analizzare il rapporto tra la vita e le
regole sottraendolo in generale alla pretesa di un diritto pervasivo, che si fa
strumento di una politica che vuole impadronirsi della libertà delle persone.
Ma non basta invocare un´assenza del diritto, che potrebbe poi lasciare il campo
libero a qualsiasi incursione autoritaria. Bisogna seguire l´indicazione
costituzionale e fondare l´autonomia della persona sul riconoscimento
dell´intangibilità di tale autonomia. Una norma sobria, una soglia legislativa
minima che riconosca che la zona dell´essere può essere "recintata" solo dallo
stesso interessato. Se, invece, si confermerà la strada segnata dal testo già
approvato dal Senato, non ci si dovrà poi meravigliare se la terribile e
"politica" Corte costituzionale farà il suo mestiere e interverrà per eliminare
le inammissibili limitazioni alla libertà delle persone. Non v´è dubbio,
infatti, che siamo di fronte a un testo violentemente ideologico e
giuridicamente sgangherato.
4. Privato e pubblico. Questo vuol forse dire che, rifiutando ogni intervento invasivo del legislatore, si deve pure invocare pure un generale disinteresse pubblico per le questioni di vita? La stessa Commissione parlamentare, ieri così irragionevolmente chiusa, ha approvato un testo per garantire l´accesso alle cure palliative e alle terapie del dolore. Qui la presenza del legislatore non è invasiva o abusiva, non si sostituisce alla volontà della persona, ma consente a ciascuno di prendere le proprie decisioni in condizioni di vera libertà. Lo stesso accade quando si prevede una indennità per i familiari che assistono in casa una persona in stato vegetativo: lo ha fatto in febbraio l´Assemblea nazionale francese, lo ha appena deciso la Regione Lombardia. Qui il rapporto tra la vita e le regole non è affidato alla prepotenza, ma alla creazione di servizi adeguati, di un ambiente nel quale vengono rimossi gli ostacoli che limitano l´esercizio libero della volontà. Questo è il vero compito al quale la Repubblica, per rispetto della Costituzione, non può sottrarsi.
Stefano Rodotà Repubblica 29.10.09