La violenza come stile di vita

 

Se la vittima del pestaggio di Verona fosse stato uno straniero anziché il povero Nicola Tommasoli,

un giovane dei "nostri", oggi la città vivrebbe il medesimo turbamento? Ne dubito, visto lo scarso

rilievo attribuito finora alle scorribande contro gli immigrati perpetrate sistematicamente da anni in

quel territorio dal "Fronte Veneto Skinheads" e da altre squadracce fasciste e padane, sedicenti

cristiane o pagane, nel nome della lotta contro la società multietnica e il "mondialismo".

Nessun leader politico si è mai sognato di impostare la sua campagna elettorale contro i soprusi

fisici, sessuali, culturali, inflitti ai nostri nuovi vicini di casa colpevoli di generare allarme sociale. Il

tema non sarebbe redditizio come lo è invece ergersi a paladini della sicurezza minacciata

dall'invasione degli "estranei".

Se al contrario fosse stato un criminale straniero a ridurre in fin di vita Nicola Tommasoli nel centro

di Verona, non oso immaginare la rincorsa dei proclami e delle fiaccolate. Il vento che sospinge

irrazionalmente in prima pagina l'ossessione per la sicurezza dei cittadini è alimentato dal calcolo

politico ma scaturisce da una frattura culturale profonda, di cui è espressione anche il ventenne

skinheads di buona famiglia pronto a scatenare violenza per futili motivi, dopo essersi

autoproclamato sentinella del territorio.

Evitiamo per favore pseudoanalisi sociologiche sulla furia dei "nostri" contrapposta alla

delinquenza degli "altri". Preoccupiamoci semmai di riconoscere la portata della frattura generatasi

nel profondo della nostra concezione del mondo. Rimesso in discussione il paradigma

universalistico di matrice illuminista, secondo cui gli uomini sono tutti uguali e ugualmente titolari

di diritti irrinunciabili, tornano in auge la retorica del "sangue e suolo", il primato della tradizione,

dei costumi e dell'appartenenza a una comunità storica, linguistica e religiosa. Il mito delle radici da

preservare.

Lo storico Zeev Sternhell descrive una vera e propria corrente della modernità basata sul culto di

tutto ciò che distingue e separa gli uomini, nata come critica alla rivoluzione francese e

all'illuminismo per poi rinvigorirsi come cultura di massa della destra novecentesca. L'ideologia che

motiva l'azione razzista e squadristica degli skinheads da stadio, dilaga ben oltre i manipoli di

quella minoranza paranazista.

Mi guardo bene dal fare un tutt'uno con la riscoperta della spiritualità contro il mercatismo, su cui

Giulio Tremonti fonda la nuova legittimità popolare di una politica votata a dominare le insidie

della globalizzazione. Così come non collego la parodia terroristica del "Fronte Cristiano

Combattente" di Roberto Sandalo – specializzato in attentati alle moschee – con la recente ripresa

del tradizionalismo cattolico preconciliare. Ma non c'è dubbio che l'humus culturale delle ronde a

presidio del territorio, l'enfatizzazione smisurata del pericolo rom, l'irrisione del "buonismo" di cui

sarebbe colpevole il volontariato cattolico, sono frutti di quella medesima critica alla società

contemporanea. Dove la destra si concepisce come naturale adesione alle diversità dei popoli che la

sinistra pretenderebbe invece di comprimere in una gabbia oppressiva, innaturale, omologante.

Pochi giorni fa il sindaco leghista di Logagnano di Soma (Verona) ha invocato la pena di morte per

il ventenne rumeno Claudio Stioleru colpevole dell'omicidio del suo datore di lavoro e

(probabilmente) della moglie. Poi è emerso che Stioleru doveva soggiacere a umilianti pretese

sessuali da parte della sua vittima, il che non giustifica certo il delitto ma rivela un quadro di soprusi

perpetrati all'ombra della clandestinità. Sono le medesime forme di mercificazione dell'umano che

alimentano il traffico della prostituzione femminile immigrata. Solo che difficilmente le ragazze

rumene e moldave uccise e abbandonate nei sacchi della spazzatura finiscono in prima pagina come

le "nostre" donne violentate dagli stranieri, biecamente compatite in campagna elettorale a

differenza dell'80 per cento degli stupri consumati tra le pareti domestiche.

Così il legittimo allarme per la microcriminalità che affligge le periferie urbane diviene un'altra


       
cosa: il feticcio della sicurezza, adoperato da una parte politica per zittire l'avversario, cioè la

sinistra, indicata come artefice di una globalizzazione che spalanca le frontiere. La falsa ideologia

della diversità italiana (o padana, o cristiana) da preservare, autorizza di nuovo quel che ci

illudevamo fosse definitivamente proibito: la colpevolizzazione di interi popoli, accusati di essere

per loro stessa natura subdoli, violenti, pericolosi.

E' inutile stupirsi poi quando si scopre che dei ragazzi di buona famiglia rivestono i panni dei

giustizieri ariani e passano all'azione: come già i brigatisti di sinistra trent'anni fa, anche loro si

proclamano avanguardia di un movimento popolare più vasto. E come allora può capitare che la

violenza metropolitana, divenuta stile di vita, ferisca e uccida "per sbaglio" bersagli più vicini alla

nostra sensibilità di quanto non lo siano i loro obbiettivi abituali.

 

Gad Lerner     l     a Repubblica   5 maggio 2008