La velina islamica

Ci mancava la velina islamica, dopo la donna tangente. Degna commistione fra due paesi
mediterranei diversamente retrogradi, ma entrambi contraddistinti dall'abitudine a trattare la
femminilità come ornamento del potere.

Naturale quindi che anche la velina islamica sia vincolata alla consegna del silenzio, come il suo
corrispettivo che va in onda a ogni ora del giorno e della notte sulle tv del belpaese. Il silenzio è
requisito della sottomissione, e come tale lo impone la zelante agenzia Hostessweb, pena il mancato
pagamento delle centinaia di ragazze scritturate a modica tariffa, confidando sul loro bisogno di
lavorare.

La religione, com'è ovvio, non c'entra nulla. Nessun buon musulmano prende sul serio Gheddafi, né
il suo appello alla conversione islamica dell'Europa. Se davvero la suprema Guida della
Jamahiriyya fosse mosso da intenti di proselitismo, avrebbe convocato intorno a sé un pubblico
misto di interlocutori, non si sarebbe rivolto a un'agenzia di hostess precisando che servivano
signorine bella presenza, provocanti ma non troppo, secondo il gusto maghrebino.
C'entra invece, eccome, il bisogno di dimostrare che la grazia e la sensualità possono essere
comprate col denaro.
Il dittatore libico si rivolge al suo popolo prospettandogli la meraviglia delle
belle donne da marito di cui l'Italia è percepita anche laggiù come il giacimento. Lui può
permettersele, i suoi sudditi vedremo.

Nessuna altra capitale europea avrebbe tollerato il ripetersi, per tre volte in un anno, di una simile
esibizione. Ma l'Italia è la patria delle veline, dove d'estate è normale che un sedicente
rivoluzionario autore televisivo impieghi pure anziane signore nella parodia ossessiva
dell'avanspettacolo, e dove perfino il capo del governo rincorre il mito dello sciupafemmine per
sentirsi amato.
Perché negarci dunque l'eccesso fantasioso della velina islamica?
Nonostante gli oltre quarant'anni ininterrotti al potere, in fondo Muammar Gheddafi resta pur
sempre meno anziano rispetto al nostro presidente del consiglio. Hanno in comune la maschera
patetica di chi insegue la longevità con camuffamenti giovanilistici. Da questo punto di vista, sono
leader intercambiabili.

Se oggi Berlusconi minimizza di fronte allo squallore dei raduni di giovani femmine italiane
sottomesse, che Gheddafi non oserebbe mai convocare in un santuario di preghiera islamica, e si
limita a definirli "folklore", non è solo per imbarazzo diplomatico. Lui che per anni ha esercitato un
indubbio potere seduttivo sulla maggioranza delle donne italiane, soffre di una vera e propria
mutilazione culturale: vittima del suo stesso anacronismo, gli è preclusa la sensibilità necessaria
anche solo a figurarsi le donne al di fuori di una dimensione subalterna.
Gli verrebbe più facile
parlare arabo che notare un evidente problema nazionale come la dignità femminile calpestata.
Ora Gheddafi, aspirante colonizzatore di Roma, viene a dirci che in Libia le donne sono più libere
che in Occidente. Immagino che lui e il nostro premier scherzeranno, in privato, di tale fandonia.
Per quanto tempo ancora?


Gad Lerner     la Repubblica  31 agosto 2010

 

 

 

La violenza contro le donne


di Anna Costanza Baldry, risponde Luigi Cancrini

Da donna e da cittadina, mi domando e domando perché gli uomini si accaniscono così contro di noi. Da psicologa e criminologa, vorrei tanto che almeno uno di questi uomini violenti riconoscesse di avere un problema e si facesse aiutare a capire che la sua violenza è il tentativo di gestire un suo diritto che non c’è.

RISPOSTA La violenza dell’uomo sulla donna nella coppia moderna, è stata spiegata in molti modi. Per ciò che riguarda l’Italia e la Spagna, molto si è insistito sulla brusca mutazione antropologica che ha restituito pari opportunità ai due sessi in tutte le società occidentali: cogliendo impreparati troppi uomini che hanno difficoltà a trasformarsi da mariti in compagni. Nel rapporto con i figli, d’altra parte, quella che è difficile accettare per la donna è la parità rivendicata con fatica e spesso inutilmente dagli uomini: un elemento di conflitto alla base di molti dei delitti più gravi. Difficile, da una parte e dall’altra, aiutare le persone a guardarsi dentro, a riconoscere ed a controllare la irrazionalità dei comportamenti più aggressivi in una situazione in cui il divorzio è un’impresa ed in cui la partecipazione emotiva degli avvocati (e, a volte, dei giudici) tende ad esacerbare la rabbia e l’aggressività di chi, vivendo comunque un fallimento e un lutto, difensivamente ne attribuisce la colpa all’altro. Rendendo impossibile, spesso, il lavoro potenzialmente utile a tutti (e soprattutto ai figli), dei terapeuti: personali e di coppia.

l’Unità 6.9.10

 

 

 

 

Commissione di Giustizia e Pace  Degli Istituti Missionari in Italia

 Non possiamo tacere

            Si celebra il secondo anniversario, insanguinato, dell'accordo tra Libia e Italia. Lo abbiamo fatto nella recente lettera che abbiamo pubblicato recentemente sulle migrazioni. Come missionari non ci riconosciamo in questo 'trattato di amicizia. In realtà è un'associazione a delinquere di stampo liberista.

            E' un trattato di ipocrisia firmato dal sangue dei migranti e dalla complicità degli interessi economici bilaterali. Sotto i riflettori della vergogna che sembra avere abbandonato la nostra politica. Nella totale impunità e sotto la plaudente assemblea di Rimini, di parte del popolo cristiano, hanno fatto passerella i fautori di questo accordo.

            Come missionari ci dissociamo da questa vergogna e dalle menzogne dei ministri che dicono di rispettare la legge. L'unica ad essere rispettata è quella del profitto economico.

 Non siamo complici di ciò.

 

Commissione di Giustizia e Pace della CIMI