La
strage delle donne
Delitti, ma anche stupri e botte sono in continuo aumento: 149 gli omicidi
«passionali» nel 2007 e nei primi nove mesi del 2008 non va diversamente. Le
vittime? Ex mogli, ex fidanzate, ex amanti
Le denunce aumentano, ma solo l’1 per cento dei colpevoli viene assicurato alla
giustizia
100 centri Sono poco più di un centinaio su tutto il territorio nazionale, ma
dove operano le denunce delle donne sono aumentate: i Centri antiviolenza sono
una risorsa da sostenere e rafforzare, e per questo il Pd con la senatrice
Vittoria Franco ha pronto un ddl.
Solo il 5% sul totale di 14 milioni di vittime sono le donne che riescono a
rompere il silenzio. I Centri, ha spiegato, sono quasi tutti al Centro-Nord, al
Sud sono pochi. E sono per lo più a carico del volontariato: associazioni di
donne o singole persone che offrono gratuitamente il loro aiuto per sostenere
chi ha subito violenza.
20 milioni di euro era il fondo stanziato dal governo Prodi. Ci sono Regioni,
come la Toscana e la Liguria, che investono nei Centri e altre che invece si
mostrano poco sensibili. Per questo serve un Fondo nazionale, con risorse certe.
Nel ddl, oltre alle risorse, si chiede la definizione delle funzioni e delle
finalità dei centri, il riconoscimento ai centri della piena autonomia di
gestione, l'istituzione di un Comitato nazionale antiviolenza.
La punta dell’iceberg delle violenze compiute in Italia contro le donne è emersa
nel febbraio 2007 quando l’Istat pubblicò una ricerca sconvolgente, durata quasi
cinque anni, condotta su un campione di 25mila donne. «In particolare quella
delle violenze in famiglia», dice Linda Laura Sabbadini, direttore centrale
dell’Istat che ha coordinato quella ricerca, «è una realtà amara, che si scontra
anche con la difficoltà da parte delle donne di riconoscere la violenza e
considerarla un reato». E, a titolo personale, aggiunge: «le donne di tutte le
estrazioni politiche dovrebbero unirsi, come già è avvenuto in passato quando la
violenza passò da reato contro la morale a reato contro la persona, perché siano
sviluppate campagne sistematiche e approvati provvedimenti di tutela. E si deve
chiedere anche che ci sia una formazione adeguata del personale nei pronto
soccorsi e nei commissariati. Se tutto questo non lo faranno le donne perché
dovrebbero farlo altri al nostro posto?».
Provate a immaginare quanto spazio occupano 150 corpi stesi a terra. Se ci fosse
l’obbiettivo di un tg sarebbe una carrellata a perdita d’occhio sulle bare
allineate. Ma non c’è, non ci sarà mai lo shock di un telegiornale a documentare
la strage delle donne in Italia: perché le morti, se non avvengono tutte
insieme, «non fanno notizia», televisivamente parlando. E invece questa strage
viene perpetrata goccia a goccia: una donna morta ammazzata ogni due giorni. Nel
2006 le donne uccise da mano maschile erano state 112, nel 2007 sono salite a
149, per il 2008 l’elaborazione dei dati non è ancora ultimata ma siamo in grado
di darvi l’anticipazione di quanto è avvenuto fino al mese di settembre: gli
omicidi sono stati già 110, quasi quanti due anni fa in un intero anno. Il dato
finale, probabilmente, non sarà diverso da quello del 2007. A questo vanno
aggiunti i tentati «femminicidi». Tra gennaio e settembre sono stati 212.
Elaborando i dati dell’anno che è appena concluso, si può dire che più di
quattrocento uomini hanno desiderato uccidere una donna e in molti casi ci sono
riusciti. Donne che in genere conoscevano bene: ex-mogli, ex-fidanzate,
ex-amanti. E a queste cifre che registrano gli atti di violenza estrema, vanno
aggiunti quelli che riassumono episodi che ne sono il preludio: le violenze e i
maltrattamenti. Cioè le botte, le lesioni, le ustioni, gli stupri, la
costrizione a fare sesso con terzi, le minacce, e le ingiurie. Quelli che
vengono denunciati. Le denunce sono in aumento, anche se si sa che non sempre le
donne le presentano, specie se le violenze avvengono in famiglia.
Cosa fanno le forze di polizia per aiutare le donne che hanno denunciato? Lo
apprendiamo dal sito del Ministero dell’Interno. Nei casi di violenza domestica
il 42,6% delle donne dichiara che hanno preso la denuncia, il 26,9% che hanno
ammonito il colpevole, il 5,3% che il colpevole è stato arrestato. Ma poi solo
nell’uno per cento dei casi è stato condannato dal magistrato.
Chi in pratica viene in aiuto alle donne che hanno subito violenze sono quei
servizi specializzati ai quali viene avviato dalle forze dell’ordine lo 0,3%
delle vittime. In Italia ce ne sono un centinaio, concentrati nel centro-nord.
Il governo Prodi aveva destinato loro 20 milioni di euro, spariti nella nuova
finanziaria: inevitabile quindi fare ricorso al volontariato, che ovviamente non
consente di fornire continuità di assistenza.
Tutti i centri antiviolenza denunciano un aumento delle violenze, quasi sempre
domestiche, segnalando tuttavia che potrebbe trattarsi di un aumento delle
denunce, dovuto ad una crescente consapevolezza delle donne: cioè del fatto che
molte si sono ormai convinte che le violenze in famiglia sono un reato e non un
destino crudele. L’associazione Solidea che gestisce centri a Roma e provincia
ha registrato un aumento dell’utenza del 51% negli ultimi quattro anni.
L’avvocata Luigia Baroni, responsabile del centro antiviolenza del Comune di
Roma, ha registrato 398 nuovi contatti nel 2006, 612 nel 2007, 648 nel 2008. Di
donne italiane per il 65%, il restante di donne straniere: vittime al 45% di
uomini italiani, per il resto di uomini dei quali non vogliono denunciare nome e
origine..
Nel 2007, secondo i dati raccolti in tutto il territorio nazionale dalle forze
di polizia 5.492 donne hanno subito maltrattamenti e fra queste c’erano 1321
straniere. Nei primi tre trimestri del 2008 le donne che hanno subìto percosse
sono state 5721, quelle che sono state minacciate 28.709. Abbiamo visitato uno
dei centri antiviolenza di Roma, in via di Villa Pamphili. Una grande casa
luminosa e accogliente dove in questo momento abitano solo donne straniere. Non
che manchino le italiane bisognose di aiuto, ma nell’ultimo periodo hanno tutte
trovato alloggio presso famigliari o amici e al Centro vengono solo per ricevere
assistenza legale e psicologica. «Le donne straniere sono molto più esposte alle
violenze dei loro compagni, che siano immigrati o italiani conviventi», dice
Emanuela Moroli, presidente di Differenza Donna che gestisce quattro centri
antiviolenza a Roma e uno a Guidonia. «Sia gli uomini italiani che gli stranieri
“dimenticano” infatti di mettere in regola le loro donne. Provvedono con
attenzione a regolarizzare i propri figli, ma non si curano del permesso di
soggiorno delle loro compagne, che sono così continuamente esposte al rischio di
essere rimpatriate, senza i bambini naturalmente».
Elena Dini l'Unità 15.1.09