La Sinistra e la guerra: orgoglio e pregiudizio

Solo un occhio superficiale o, almeno, sprovveduto, può vedere nell’attuale dibattito sulla nuova base dell’Us Army a Vicenza una semplice questione riguardante i rapporti Italia-Usa (con il collaterale e strumentale dibattito sull’antiamericanismo) o un problema correlato alla nostra “politica estera” (con il consequenziale e ugualmente strumentale riferimento alla “fedeltà” circa gli impegni precedentemente assunti dall’Italia).

Il problema non è questo. Il problema è l’intero contesto nel quale questa scelta viene a porsi; e preoccupante è il panorama che ne emerge.

Ora noi sappiamo bene che nel mondo della comunicazione una parola, un’espressione ed anche un’intera affermazione prendono senso dal contesto del discorso: il luogo in cui si parla, il pubblico cui ci si riferisce, l’oggetto del parlare ed il parlare stesso. In contesti diversi le stesse parole assumono valori diversi , a volte anche contraddittori. La parola “Padre”, per portare un esempio, in contesti diversi può significare il padre che ha generato, ma può significare anche Dio, il padrino e perfino il padrone e il mafioso. Quindi, onde evitare incomprensioni e fraintendimenti si rende necessaria un’opera di contestualizzazione del “parlato” e di “sin-tonizzazione” con il parlante: tutto ciò al fine di una corretta comprensione e di una positiva comunicazione.

Questo lavoro “ermeneutico” in filosofia viene chiamato “sitz in leben”. Ed è un lavoro non facile, eppur necessario. Una volta, a Raimon Panikkar, fu chiesto di indicare gli equivalenti sanscriti di 25 parole chiave latine ritenute emblematiche della cultura occidentale. Egli declinò l’invito, perché ciò che sta alla base di una cultura non sta necessariamente alla base di un’altra. E’ un campo in cui i significati non sono trasferibili. “Le operazioni di traduzione sono più delicate dei trapianti cardiaci” ebbe a dire in quella occasione.

Ora qui, non si tratta di “tradurre” ma di “leggere” dei fatti e onestà e correttezza vogliono che si faccia opera di contestualizzazione, “sitz in leben”, appunto.

Proviamo allora a porre questa scelta del governo Prodi a favore dell’istallazione di una nuova base americana presso l’aeroporto Dal Molin di Vicenza.

In sintesi rileviamo che:

1.      Il Pentagono, unilateralmente e senza consultare gli “alleati” ha deciso di rischierare dalla Germania in Italia la sua brigata aerotrasportata.

2.      La scelta americana è parte integrante del programma di Bush e della sua politica guerrafondaia che pretende di combattere il terrorismo con la guerra e di imporsi come unico gendarme mondiale, accantonando anche e depotenziando perfino la stessa ONU.

3.      L’impegno con Bush è una eredità che ci viene dalla servile politica estera del precedente governo; una politica che in Europa non ha trovato nessun seguito oltre l’infelice eccezione anglo-italiana.

Questo, in breve, il panorama circostanziato e a breve raggio.

E se proviamo ad allargare, come di dovere, l’orizzonte all’economia e alle politiche che caratterizzano il mondo nella sua attuale distretta?

Notiamo, allora, che la politica è stata asservita all’economia e che questa, a sua volta, trova la sua floridità nell’industria militare. Così L’Impero e la Guerra sono diventati fratelli siamesi, le banche i migliori azionisti delle lobby militari e l’eurodollaro e le armi sodomizzano sotto lo stesso tetto.

In questo contesto sia la querelle di Vicenza, come quella di Cameri, ma anche la questione dell’Afganistan sono tutti tasselli che concorrono a rinforzare la morsa micidiale degli osceni connubi di cui sopra. Da lamentare, in aggravio al bilancio negativo delle ultime scelte governative, lo scandalo di una finanziaria che dopo aver tagliato fondi su Scuola, Sanità e Servizi, in nome del rigore e dell’austerità, per la guerra riserva privilegi ed extra: nella sola Tabella di bilancio della difesa il precedente importo totale di 17,782 miliardi di euro è stato portato a 18,134 miliardi, con un incremento di 352 miliardi.

Si pone, allora, bruciante, la domanda su che cosa vada lavorando una politica di pace che invece di scalfire almeno in parte questi abbracci mortiferi li consolida e li perpetua.

Bisogna purtroppo lamentare che, nonostante affermazioni in contrario, la “Politica” considera le obiezioni alla attuale deriva militarista  come variabili irrilevanti, sterili trastulli di chi si attarda a parlare di “valori”.

Si deve ancora lamentare, con Danilo Zolo, docente di filosofia del diritto internazionale all’Università di Firenze, che  «le ragioni morali hanno scarsissimo rilievo nei rapporti internazionali. Oggi prevalgo­no i rapporti di forza. Il sangue di innocenti è un banale “ef­fetto collaterale”. Il diritto in­ternazionale, di fatto, è una ra­zionalizzazione ex post della volontà delle grandi potenze. E se il diritto è scarsamente ef­ficace, l’etica è addirittura in­commensurabile con gli obiet­tivi politici, economici e mili­tari che legittimano anche agli occhi delle maggioranze demo­cratiche dei paesi occidentali l’uso dei mezzi di distruzione di massa. La logica delle gran­di potenze non ha nulla a che fare con i “valori” cui pure si fa retorico riferimento: è una logica spietata i cui emblemi sono i bombardamenti di Hiro­shima e Nagasaki, sono Guan­tanamo e Abu Ghraib o, su al­tro versante, è l’11 settembre 2001» e, aggiungiamo noi, Sigonella, Vicenza, Cameri e, ancora, la Finanziaria.

 

                                                                                                                      don  Aldo Antonelli        Missioni Consolata  Marzo 2007