La sconfitta di Firenze
Il clamore mediatico che ha suscitato l'ordinanza del
Comune di Firenze contro i lavavetri ha varie cause. Una è certamente culturale:
la «città sul monte», che nel secolo scorso ha animato e nutrito, nell'intero
paese e a livello internazionale, la cultura della solidarietà,
dell'accoglienza, della pace nella giustizia, grida la propria sconfitta di
fronte al montare dell'insicurezza e della paura e si piega fino a diventare
apripista e capofila di una politica repressiva e intollerante che suscita
ammirazione e bisogno di emulazione nelle stesse amministrazioni più chiuse.
Non potendo aggredire le vere cause dell'insicurezza ci si affida al collaudato
meccanismo del capro espiatorio: risorsa potente dell'impotenza politica.
Con questo non voglio dire che l'immigrazione oltre che una risorsa non sia
anche un problema. I lavavetri infastidiscono, è vero. Ma nessuna persona
razionale e sufficientemente informata può ritenere che davvero la strategia
repressiva risolva qualcuno dei problemi sollevati dall'immigrazione. Erigere
muraglie nel tempo della globalizzazione totale è come recitar giaculatorie per
fermare la pioggia.
In conseguenza dell'appesantimento del controllo repressivo avremo solo una
intensificazione del dominio della illegalità e della delinquenza
sull'immigrazione. Non è questo che vogliono le strategie repressive, ma questo
è lo sbocco inevitabile. Ed è proprio ciò a cui puntano le forze politiche ed
economiche irresponsabili che da un lato cavalcano il disagio, la paura e le
angosce della gente, mentre dall'altro fanno affari d'oro con gli immigrati
irregolari, facendoli lavorare a nero con salari irrisori, senza diritti né
sicurezze, oppure utilizzandoli per manovalanza in traffici loschi.
Il problema vero, primario, non è l'immigrazione, ma la globalizzazione
liberista. L'economia basata sul valore assoluto e quindi totalitario del denaro
e del profitto sfrutta il divario Nord-Sud per annullare gradualmente la società
dei diritti, per distruggere lo stato sociale, per portare a fondo la sconfitta
della classe operaia e della sua cultura solidale. Al dominio della finanza che
regola il libero mercato fa comodo un Terzo Mondo disperato. E gli immigrati
servono in quanto assolutamente ricattabili, bisogna quindi che almeno in certa
misura siano irregolari, braccati, disperati, impauriti, affamati, pronti a
subire tutto per sopravvivere.
Siamo a uno snodo cruciale. Perché la scienza e la tecnologia stanno dando un'accellerazione
incredibile e incontrollabile alla globalizzazione mondiale. Ma la cultura resta
quella del neolitico. E forse a dir questo manchiamo di rispetto verso l'homo
sapiens, che si costruiva armi di selce per la pura sopravvivenza e non per la
rapina. La nostra è tutt'ora una cultura di egocentrismo, di contrapposizione,
di rapina e in fondo di profonda violenza.
È emblematico che si ergano grandi muraglie contro la mobilità dei dannati della
Terra, nel momento della massima esplosione della mobilità globale. E che tanti
fiorentini plaudano all'ordinanza contro i lavavetri mentre gnomi senz'anima e
senza volto continuano a occupare i crocevia col commercio illegale e mafioso e
si comprano Firenze riciclando danaro sporco e spesso anche insanguinato. Ecco
lo snodo cruciale. L'unificazione mondiale non può esser affidata alla cultura
della superiorità dell'Occidente la cui etica è un'etica di sopraffazione, di
contrapposizione e di violenza. È senza sbocchi e senza speranza.
L'associazionismo solidale che tenta giorno per giorno, faticosamente, di
risolvere i problemi dell'immigrazione con esperienze concrete e positive di
integrazione, che dà forma, visibilità e concretezza a un'anima della città
tollerante, accogliente, critica verso le mura che il potere eleva fra «noi» e
gli «altri», anche in questa occasione deve assolvere il suo compito ed
esprimere la propria contrarietà verso uno strumento puramente repressivo e
inefficace che rischia di bruciare un lavoro positivo di anni. La «città sul
monte» non merita questo offuscamento della sua immagine internazionale e lo
pagherà caro.
Enzo Mazzi, Comunità dell'Isolotto, Firenze Il manifesto 30/08/07