La sconfitta
Niente America, niente duello McCain-Obama all'italiana.
Semmai assomigliamo di più alla Thailandia del miliardario Thaksin, col signore
delle televisioni che torna prepotentemente al governo a braccetto con lo
xenofobo padano. Per continuare - sulla scia delle paure sociali - il lavoro che
ha già profondamente trasformato questo paese nella costola più retriva e
populista dell'Europa.
Il responso elettorale è pessimo. Talmente brutto che permetterà a Silvio
Berlusconi d'incalzare il Pd sul terreno delle riforme plebiscitarie e
presidenzialiste. Walter Veltroni deve stare attento a non rallegrarsi per
l'attenzione che il Cavaliere gli concederà, in un abbraccio che magari
permetterebbe al leader del Partito democratico di assecondare il suo credo
bipolarista, finendo però per travolgerlo. Il risultato del Pd non è esaltante:
poco sopra a quello dell'Unione di due anni fa solo grazie al voto utile che ha
desertificato a sinistra, senza recuperare nulla al centro e a destra. Anzi.
Ma ciò che oggi salta più ai nostri occhi, in maniera netta, è la sconfitta
della sinistra, fin dentro il baratro - perdendo tre milioni di voti - della
scomparsa parlamentare. I prodromi c'erano tutti, ma non ne abbiamo viste fino
in fondo le conseguenze. La Sinistra-l'Arcobaleno ha pagato carissimo il costo
di due anni di governo in cui non ha portato a casa quasi nulla di ciò che si
aspettavano il suo elettorato e la sua gente. Così ha perso consensi a sinistra,
nell'astensionismo e - seppure in misura minore - verso liste minori. Poi è
stata penalizzata dalla logica del «voto utile» (a contrastare Berlusconi)
dissanguandosi per il Pd. Infine, proponendosi come investimento sul futuro -
pensando che una promessa sia un progetto - ha svelato tutto il vuoto di analisi
sociale e proposta cultural-politica che ne fotografa oggi le assenze. Si è
offerta come un «vuoto da riempire». Gli elettori, che non sono scemi, non le
hanno creduto: la composizione delle liste è stata da manuale Cencelli, era
evidente la divisione che continuava tra i partiti «promotori» (pronti a
sfilarsi un minuto dopo la chiusura dei seggi). Risultato: macerie, che
rischiano di seppellire quel poco di pratica comune affrettatamente sperimentata
in campagna elettorale.
Da oggi la sinistra è un soggetto extraparlamentare. Non è cosa da niente:
scompare ogni argine istituzionale alle strette che si preparano con
l'approssimarsi della crisi economica - che già ha spinto a destra molta parte
dei soggetti sociali più deboli - e di fronte al trionfo populista e autoritario
delle destre. Resta un futuro tutto da costruire: se si partirà dalla lezione
subita, ricominciando da zero a praticare il conflitto sociale e capire come
dare veste politica a un'ipotesi d'alternativa al quadro liberista, persino una
simile sconfitta può diventare un'occasione. Se ci si ridurrà a una resa dei
conti tra quadri dirigenti - priva di autocritica (a partire dalla messa in
discussione del ruolo di ciascuno) -, allora si diano al turismo. Niente
Thailandia, meglio il Nepal.
Gabriele Polo
Crisi economica, tutti a destra
Innanzitutto dobbiamo avere il coraggio della verità e dire
che queste elezioni segnano una sconfitta della sinistra, non solo politica, ma
anche sociale e culturale. Una sconfitta delle sinistre dell'Arcobaleno, ma non
solo. La ritirata strategica di Walter Veltroni, cioè la negazione di ogni
alleanza a sinistra per andare al voto senza il fastidio delle sinistre radicali
si è tradotta in una rotta. Alla Camera e al Senato il Partito democratico sarà
più debole che mai negli anni passati.
SEGUE A PAGINA 6
Del pari la Sinistra arcobaleno non è stata in grado di presentare ai cittadini
elettori una unità delle sinistre. Bertinotti annunziava questo obiettivo per il
giorno successivo alle elezioni, comunque andassero. Sono andate male perché
questa unità non è stata relizzata e ora sarà ancora più difficile da
realizzare.
Non bisogna dimenticare che queste elezioni si inquadrano in una situazione di
crisi economica grave e che le crisi economiche e la paura che producono
normalmente (c'è solo l'eccezione di Roosevelt) provocano brutti spostamenti a
destra; pensate all'Italia e alla Germania del dopo '29. E in questo quadro di
crisi occorre riflettere sul buon risultato della Lega, per la quale hanno
votato molti lavoratori anche iscritti alla Cgil. Quando Massimo D'Alema disse
al manifesto che la Lega era una costola del mondo operaio coglieva qualche
aspetto della realtà. E certamente il successo della Lega (pare primo partito in
Lombardia) è un dato socio-culturale che sarebbe sciocco sottovalutare
polemizzando solo contro gli strilli di Bossi. E - voglio aggiungere - penso che
la Lega forte del suo successo creerà qualche problema anche a Berlusconi.
A questo punto che fare? Riflettiamoci un po', pensiamoci, non diamo risposte
affrettate. Credo che la discussione debba innanzitutto cominciare dentro le
forze dell'Arcobaleno (forse diventate extraparlamentari ma non per scelta). E
credo che come sempre dopo le sconfitte si debba cominciare da una seria analisi
del terreno sul quale si è stati sconfitti. Insomma ci sono cambiamenti sociali
forti, c'è un precariato che può diventare massa di manovra di chi offre favori,
ci sono problemi nuovi e inattesi (pensiamo solo all'ambiente e al costo
crescente dei prodotti alimentari) in un mondo nel quale la povertà cresce
verticalmente.
Pensare di uscire dai guai di oggi con qualche trovata intelligente sarebbe a
mio parere suicida.
Il punto è che la società e l'economia e le forme dello sfruttamento (che
persiste ed esclude sempre più persone dal ciclo lavorativo) sono cambiate e
accresciute. Questo, a mio pessimistico parere, sfugge non solo a noi ma anche
ai sindacati. Il manifesto dovrebbe avere l'ambizione e la capacità di diventare
la cucina di una nuova ricerca delle forme di sfruttamento e di aggregazione
degli sfruttati. Sono convinto che in queste elezioni molti sono stati i precari
che hanno votato per la Lega o per il Pdl.
Valentino Parlato
Valentino Parlato
Il manifesto 15/4/08
DAL BLOG DI GRILLO
Berlusconi e la Lega hanno vinto le elezioni come la maggioranza degli italiani ha voluto. Niente da dire, siamo in democrazia. Il vero nemico ( in senso ovviamente figurativo) non sono LORO. I veri nemici dell'Italia sono: l'ignoranza, la paura del comunismo, l'assenza del " merito".
L'ignoranza ti chiude la mente, ti fa credere a tutto, ti impedisce di avere un'opinione, ti rende schiavo della paura e del pregiudizio.
La paura del comunismo, abilmente
inculcata, ti fa pensare che la sinistra possa toglierti la casa, mangiare i
tuoi bambini, toglierti il diritto di pensiero e di parola. Perchè? In Italia un
governo comunista non c'è mai stato! Questo è storia. Nei Paesi dell'est, c'era
una dittatura comunista , non una democrazia con una maggioranza comunista. In
dittatura si sa, tutto può accadere. Ah, dimenticavo, l'Italia ne ha conosciuta
una di dittatura, ma ...opss era fascista! E questo è storia, non letta sui
libri o sentita raccontare da profughi, MA VISSUTA!
La Costituzione tutela il cittadino: la proprietà privata è uno dei punti saldi
della costituzione, così come mangiare i bambini o impedire la libertà di parola
o di pensiero sono REATO.
Chi non ha cercato una raccomandazione
politica per un posto d'eccellenza senza averne i numeri? Credo siamo in pochi.
Il merito? Non esiste: lauree comprate, concorsi truccati. Noi vogliamo solo
arricchirci con poca fatica e poco merito, perchè questo è quello che conta: i
soldi e l'apparire. L'essere ormai è scomparso, fagocitato dalla massa di
stupidi arrivisti, convinti di contare qualcosa con gli occhiali da sole ultimo
modello nel taschino, 4 cellulari almeno in tasca e tutti rigorosamente con
telecamera, scarpe ultimo tipo, macchina acchiappafemmine:i nuovi fighetti
eternamente adolescenti.
Questa è la nostra vera sconfitta.
15/04/08