La scienza infertile di papa Ratzinger

Partire dal Logos divino all'origine dell'universo per atterrare sulla sessualità e la scienza, senza dimenticare l'autentico valore della civiltà europea, fede e sapere nel segno di Cristo. Benedetto XVI, intervenendo ieri all'inaugurazione dell'anno accademico dell'università cattolica del Sacro Cuore certo gioca in casa. Parla rivolto a un'istituzione - una delle maggiori università cattoliche del mondo: cinque sedi, 14 facoltà, affiancata dal Policlinico Gemelli, 42.000 studenti, 1.400 docenti; mica bazzecole -, segnata ab origine da un saldo ancoraggio con la Cattedra di Pietro. Ma il discorso rintocca mentre nel paese imperversa l'attacco frontale alla legge 194, alla pillola Ru-486, ai consultori da convertire in sagrestie. Un paese dove, grazie anche all'impegno diretto della gerarchia nel referendum sulla legge 40, è ormai impossibile tentare di avere un figlio con le tecnologie riproduttive. E dove Darwin suona blasfemo, come negli Stati uniti, perché le sue teorie evoluzioniste innervosiscono chi crede al Grande Disegno della creazione. In un discorso à la Ratzinger, il pontefice invita così docenti e studenti a fare cultura all'altezza dei tempi, a gettarsi nell'avventura entusiasmante di coniugare fede e scienza. Eccellere per la qualità della ricerca e dell'insegnamento e al tempo stesso per la fedeltà al Vangelo e al magistero della chiesa. Senza timore, perché l'aggettivo «cattolica» non mortifica in nulla l'università anzi «la valorizza al massimo». Compito delle università cattoliche è infatti quello di fare scienza nell'orizzonte di una razionalità vera, diversa da quella oggi ampiamente e perniciosamente imperante, vale a dire «secondo una ragione aperta al trascendente, a Dio». Essere un grande laboratorio, nuovi percorsi e ricerca ma nel binario prefissato del confronto tra fede e ragione. Sulla primazia di quale dei due termini non c'è dubbio. L'obiettivo è quella sintesi armonica che si rifà a Tommaso d'Aquino e altri grandi del pensiero cristiano, contestata purtroppo da «correnti importanti della filosofia moderna», si rammarica il papa.

Stavolta infatti il grande colpevole, la fonte di ogni male non è il relativismo culturale, ma «l'affermarsi del criterio di razionalità, fondato sulla dimostrabilità mediante l'esperimento». Vale a dire il principio che da che Moderno è Moderno muove la ricerca scientifica, orienta e dà senso al lavoro degli scienziati. Sempre in lotta con i dogmi della chiesa di Roma. Da Galilei fino a Darwin. Ma è proprio questa razionalità che procede per tentativi, fallimenti e prove continue quella che, per Benedetto XVI, fa scomparire «la questione che ha dato origine all'università, quella del vero e del bene, sostituita dalla questione della fattibilità». Di qui l'appello rivolto agli iscritti alla Cattolica: immergersi nel lavoro «entusiasmante di coniugare fede e scienza». Un obiettivo oggi, secondo il papa invero post-moderno, nuovamente possibile.

Fede e scienza, o meglio fede riversata sulla scienza, che non lascia nulla di intoccato. Filosofia, medicina, economia, fino alle più sofisticate biotecnologie, tutto è collegato per Ratzinger. O meglio tutto può essere piegato ai misteri della fede. Ecco dunque che l'antico cavallo di battaglia cattolico della regolazione naturale della fertilità trasmigra nella richiesta papale di un impegno per superare, sempre in modo naturale, l'infertilità. L'ossimoro, l'incongruenza è lampante. Le tecnologie riproduttive sono nate esattamente per colmare le defaillances della natura. Ma Benedetto XVI tiene a elogiare il lavoro svolto dall'«Istituto Paolo VI di ricerca sulla fertilità e infertilità umana per una procreazione responsabile». Istituto a lui altamente caro, perché pone al centro del suo lavoro la verità e l'amore, cuore pulsante della cultura cattolica anche in tema di infertilità.

Centro nato nel solco della controversa enciclica «Humanae vitae» (1968) di Paolo VI che ribadiva l'opposizione nettissima della chiesa ai metodi anticoncezionali. E inaugurato da Gioavnni Paolo II nel 2000 di nuovo in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico del Sacro Cuore. Nulla è cambiato. La terra continua a essere al centro dell'universo.

 

STEFANIA GIORGI   Il manifesto 26/11/05