La resa dei conti
con l'informazione
Comincia nel peggiore dei modi la settimana della difesa della libertà di stampa
che si chiuderà con
la manifestazione di sabato in Piazza del Popolo. Comincia con Berlusconi che,
liquidato con due
vecchie e sciocche battute l'incontro con Obama e signora, torna sulla sua
ossessiva battaglia per far
chiudere le «gazzette della sinistra» e i pochi programmi televisivi che danno
ancora voce a mezzo
Paese. Con un governo che, per iniziativa del ministro Scajola, pretende contro
la legge di stabilire
direttamente i palinsesti della tv pubblica. Con una destra che, dalle colonne
dei due giornali più
diffusi e obbedienti al premier, Giornale e Libero, lancia una campagna per
boicottare gli
abbonamenti Rai.
La posta in gioco non è la sopravvivenza di Annozero, cui neppure i record di
ascolti garantiranno
la messa in onda giovedì prossimo. Piuttosto la sopravvivenza economica e
politica nell'Italia
berlusconiana di un'informazione critica e di opposizione. Ovvero l'essenza di
una democrazia. Se
qualcuno o addirittura la maggioranza pensa ancora che tutto questo sia normale,
allora significa
che la democrazia in Italia non ha un gran futuro. Il presente è già
inquietante.
Non è normale in nessuna democrazia che un governo rivendichi
la concessione di nullaosta per
questo o quel programma della tv pubblica. Per la verità, sarebbe illegale anche
da noi, visto che la
vigilanza sulla Rai spetta di diritto alla commissione parlamentare. Che è
sempre presieduta da un
esponente dell'opposizione, proprio per garantire l'indipendenza della tv
pubblica dal potere
esecutivo. Così era quando la destra era all'opposizione. Ma ora che è al
governo, Berlusconi ha
deciso che le garanzie non valgono più e deve essere il governo a vigilare sulla
Rai, su se stesso, su
tutto, e a decidere quali programmi mandare in onda. Per farlo ha mandato in
campo il ministro
dello Sviluppo Economico, Scajola, il quale, invece di occuparsi di uno sviluppo
che non c'è, apre
un'inchiesta sull'ultima puntata di Annozero. Accusata dal medesimo di spargere
«spazzatura,
vergogna, infamia, porcherie». L'accusa è talmente generica che si ha quasi
voglia di dar ragione al
ministro. In effetti nell'ultima puntata di Santoro hanno parlato quasi soltanto
voci del centrodestra:
il presidente del Consiglio, il ministro Renato Brunetta, il direttore del
Giornale, Vittorio Feltri, l'ex
opinionista di corte Filippo Facci e la famosa Patrizia D'Addario, che come
qualcuno forse non
ricorda, oltre a essere un'amante del premier, è stata candidata del
centrodestra alle elezioni
amministrative della primavera scorsa. Sono questi «spazzatura, vergogna,
infamia, porcherie»?
Può darsi, Ma si tratta di spazzatura portata sulla scena pubblica da
Berlusconi, compreso l'amico
Giampaolo Tarantini, oggetto del ben documentato monologo di Marco Travaglio.
Ma si tratta appena di un pretesto. Con la sua iniziativa Berlusconi,
attraverso il ministro Scajola,
vuol imporre qualcosa di ancora peggio di una censura. Vuole stabilire un
precedente sulla base del
quale da ora in poi sarà il governo, cioè il premier, a stabilire i palinsesti
Rai. Contro la legge, la
decenza (Berlusconi è sempre il padrone di Mediaset) e la celebre volontà
popolare, certificata dal
primato di audience, della quale all'occorrenza il plebiscitario leader dimostra
di fregarsene
altamente.
Non bastasse, il padrone ha dato ordine ai giornali
sottostanti, Giornale e Libero all'unisono, di
lanciare una campagna contro il canone Rai. Anche questa indecente e illegale,
perfino per una
maggioranza amica degli evasori fiscali, coccolati con infiniti condoni. Come
vogliamo chiamarla,
ministro Scajola, porcheria o infamia? Qualcuno poi dovrebbe spiegare come mai
il ministro dello
Sviluppo, il sottosegretario alle Comunicazioni, la stessa Rai, perfino il
cacciatore di fannulloni
Brunetta, non aprono una bella inchiesta sui collaboratori di Giornale e Libero
che con la sinistra
lestamente prendono lauti stipendi da viale Mazzini e con la destra firmano per
giornali impegnati
nel boicottaggio della Rai. Tanto per non far nomi, il neo vice direttore di
RaiUno, Gianluigi
Paragone, autore di un editoriale che campeggia nella prima pagina di Libero
dedicata a «come non
pagare il canone». Non solo la destra ha piazzato nella mangiatoia della tv
pubblica lottizzati
d'infimo profilo, ma pretende pure che a pagarli siano i soli elettori del
centrosinistra.
L'obiettivo di imbavagliare la stampa d'opposizione viene perseguito con
questi metodi
frettolosamente sgangherati, quasi provocatori, da servitù affannata per
esaudire, in un modo o
nell'altro, i desideri del capo. L'urgenza di Berlusconi di nascondere
la sua vera «storia di un
italiano» è tale che non c'è più tempo per mediazioni, per i ricami diplomatici
di un Letta o i cavilli
giuridici di un Ghedini. Il potere berlusconiano va avanti di spada per
tagliare l'ultimo nodo
democratico, la stampa d'opposizione, che lo separa dall'egemonia assoluta.
Si tratta di un disegno
tanto chiaro che potrebbe capirlo perfino l'opposizione politica, pur nel suo
marasma ideologico.
Un'opposizione cui ormai il premier, nel delirio polemico, attribuisce finanche
le scritte sui muri di
Milano contro i parà uccisi. Se passano questi sistemi, non ci sarà più
margine di trattativa, ma una
disonorevole resa. Si gioca molto o tutto in pochi giorni, da qui a
sabato. Poi rimane solo il cartello
di fine trasmissioni.
Curzio Maltese la Repubblica 28 settembre
2009