La religione civile
che manca all'Italia
Non mi risulta ci sia lingua al mondo che usi l'aggettivo della propria
nazionalità per designare
qualcosa di imperfetto e di furbesco, come invece facciamo noi italiani dicendo
"all'italiana". C'è
sfiducia verso l'Italia anzitutto da parte degli stessi italiani: quanti di noi
oggi, immaginando di
scegliere dove poter nascere, sceglierebbero l'Italia? La crisi
però non dipende dal fatto che valiamo
poco, ma dal fatto che valiamo molto, nel senso che la notevole intelligenza
degli italiani è incapace
di trovare un valore-guida comune. Già nel 1513 Machiavelli scriveva che
«in Italia non manca
materia da introdurvi ogni forma»: il nostro problema non è la materia umana,
che c'è; è piuttosto la
mancanza di una forma su cui modellare l'esuberanza della materia. Il problema
non è il valore dei
singoli, ma l'armonia tra tanti singoli di valore. Il problema, in altri
termini, è "religioso", nel senso
etimologico del termine religio: in Italia, a differenza degli altri paesi
occidentali, manca una
religione "civile", capace di legare responsabilmente l'individuo alla società.
Si tratta, per dirla
ancora in altro modo, di capire come mai l'Italia, ai primi posti quanto a
pratica religiosa, lo sia
anche per corruzione, evasione fiscale, criminalità organizzata e litigiosità
della politica. Per
argomentare il mio pensiero procedo mediante tre tesi.
Prima tesi: Una società è tanto più forte quanto più è
unita, e ciò che tiene unita una società è la sua
religione. Con questa tesi non voglio dire che il cattolicesimo in quanto
religione istituita del nostro
paese sia ciò che unisce la società e che per "salvare l'occidente" anche i non
credenti debbano
giungere a dirsi culturalmente cattolici, come vogliono gli "atei devoti".
Intendo dire, al contrario,
che ciò che tiene insieme una società rappresenta de facto la religione di
quella società, religione da
intendersi nel senso etimologico di religio, cioè legame, principio unificatore
dei singoli. Nel suo senso più profondo, infatti, che cos'è la religione? È il
fatto che talora un individuo avverta
un'attrazione irresistibile verso una realtà più grande di lui, nella quale
egli, tuttavia, si identifica. Il
termine "religione" porta al pensiero questo fenomeno fisico di dipendenza e
insieme di
identificazione. Chi ne è abitato non conosce nulla di più forte, e se poi
condivide con altri questo
legame, la struttura che si crea è solidissima. Per questo, quanto più una
società condivide un
principio unificatore, tanto più è forte. Il principio unificatore condiviso è
stato visto dai nostri padri
latini e chiamato religio, legame dei singoli che trasforma un insieme
casuale in un sistema
operativo. La religione civile è la particolare disposizione della mente
per cui un antico romano
concepiva Roma più importante di sé, o per cui i politici americani ripetono God
bless America
sapendo che è l'America l'idea che tiene insieme gli americani. È
superficiale pensare che la società
sia la semplice somma degli individui: l'Impero romano non era la somma dei
cittadini romani, e
l'America non è la somma degli americani. Roma e l'America rappresentano idee in
grado di far sì
che i singoli si sommino in modo ordinato, formando un sistema. E più l'idea è
unificante, più il
sistema è operativo.
Seconda tesi: L'Italia non ha una religione civile e
questo è il suo problema più grave.
L'Italia è ai primissimi posti in Europa quanto a corruzione. La corruzione
lacera il legame sociale
producendo un diffuso senso di sfiducia e sfilacciamento nel Paese e un'immagine
negativa
all'estero. Occorre chiedersi come mai siamo così corrotti e corruttori. Anche
senza la retorica degli
"italiani brava gente", io non penso che la causa di tale fenomeno sia che gli
italiani,
individualmente presi, siano moralmente peggiori degli altri europei.
Penso piuttosto che la causa
sia la mancanza, all'interno della coscienza comune, di un'idea superiore
rispetto all'Io e ai suoi
interessi. I danesi, che risultano il popolo meno corrotto
d'Europa, come singoli non penso siano moralmente
migliori degli italiani; penso piuttosto che essi condividano in misura molto
maggiore la
convinzione che vi sia qualcosa più importante del loro particulare,
per usare la classica espressione
di Guicciardini. Questo qualcosa cui l'Io sa cedere il passo è la società: il
singolo si comporta
onestamente verso la società perché sente che essa è più importante di lui e
perché al contempo vi si
identifica, secondo la logica di dipendenza e identificazione vista sopra.
Viceversa in Italia i più
ritengono che il singolo sia più importante della società, e per il bene del
singolo non si esita a
depredare il bene comune della società.
Da qui il tipico male italiano che è la furbizia, uso distorto
dell'intelligenza. Il furbo è un intelligente
che sbaglia mira, che non ha un oggetto adeguato su cui dirigere l'intelligenza,
che non capisce il
primato dell'oggettività e la dirige solo su di sé. Al contrario chi sa usare
davvero l'intelligenza
capisce che la vita contiene valori più grandi del suo piccolo Io, e di
conseguenza vi si dedica.
L'intelligente gravita attorno a una stella, il furbo invece fa di se stesso
la stella attorno a cui tutto
deve ruotare. Con l'ovvio risultato che un insieme di intelligenti è in
grado di creare un sistema, in
questo caso non solare ma sociale, mentre un insieme di furbi è destinato
semplicemente al caos e
alla reciproca sopraffazione.
Noi italiani siamo più corrotti perché usiamo in modo distorto la nostra
intelligenza, e tale
distorsione la si deve alla mancanza di un'idea comune più grande dell'Io, cioè
di una religione
civile e dell'etica che ne discende. La religione civile è ciò che
consente di rispondere alla seguente
domanda: perché devo essere giusto verso la società? Perché devo esserlo anche
quando la mia
convenienza mi porterebbe a non esserlo? Senza un legame di tipo "religioso" con
la società,
nessuno sacrifica il suo particulare, nessuno sarà giusto quando non gli
conviene esserlo e può
permettersi di non esserlo. Per questo la formazione di una religione civile è
d'importanza vitale per
il nostro paese.
Terza tesi: Una delle condizioni perché in Italia possa
sorgere una religione civile è che i cattolici
mettano la loro fede al servizio del bene comune.
I tentativi di creare un'etica civile in Italia sono stati, e sono, di due tipi:
guelfo e ghibellino. Il
primo intende l'etica civile come traduzione diretta del cattolicesimo, anche a
prescindere dalla
fede: è l'idea degli atei devoti, guardata con notevole favore dall'attuale
gerarchia cattolica. Il
secondo ritiene al contrario che un'etica civile potrà sorgere solo dal
superamento del cattolicesimo,
ritenuto il principale responsabile della sua mancanza in Italia soprattutto per
la presenza del
papato.
Io ritengo entrambi i tentativi destinati a fallire, il primo perché non tiene
conto della
secolarizzazione e della globalizzazione, il secondo della tradizione. La storia
ci ha mostrato infatti
che una religione civile contrapposta al cattolicesimo non sia politicamente
concepibile in Italia, si
pensi al mito risorgimentale della nazione confluito nel fascismo e al mito
della società confluito
nel comunismo. Una religione civile, e la conseguente etica di cui
l'Italia ha urgente bisogno, potrà
sorgere solo in unione con il cattolicesimo, non contro di esso.
Non so in quale direzione si debba muovere il pensiero dei laici per contribuire
alla nascita di
un'etica civile in Italia pari a quella degli altri paesi occidentali. Mi
sento però di dire, da teologo,
che il lavoro in questa direzione da parte dei cattolici è uno dei compiti più
urgenti. Si tratta di porre
davvero la fede a servizio del mondo, di questo pezzo di mondo che si chiama
Italia, pensandosi
come seme che marcisce nel campo o come lievito che scompare nella pasta. Fino a
quando il seme
vorrà preservare la sua identità di seme senza pensarsi in funzione della
pianta, verrà meno al suo
compito; fino a quando il lievito vorrà preservare la sua identità di lievito
senza pensarsi in funzione
della pasta, verrà meno al suo compito.
Fino a quando i cattolici italiani vorranno preservare la loro identità di
cattolici senza pensarsi al
servizio della società italiana, verranno meno al loro compito; e fino a quando
la Chiesa tutelerà i
suoi interessi particolari come una delle tante lobby senza essere davvero
"cattolica" cioè
universale, non sarà fedele al suo compito che è spendersi "per la vita del
mondo".
La situazione del Paese richiede a ogni italiano, laico o cattolico, con
responsabilità politiche in
campo civile o in campo ecclesiastico, di ripensare il proprio rapporto con la
società secondo ciò
che in termini religiosi si chiama "conversione". Purtroppo non è
più sdolcinata retorica dire che ne
va del futuro dei nostri figli.
Vito Mancuso, teologo la
Repubblica 13 gennaio 2009