La religione al servizio del capitale

 

«Dio torna nella scuola e in tutta la società».

È una delle notizie più sconvolgenti che dalla Russia di Vladimir Putin e di Dmitrij Anatol'evic

Medvedev arriva in tutti gli angoli del mondo.

Anche sulla riva del Tevere.

Non sono passati molti anni - appena qualche decennio - da quando tutta l'attività del Vaticano si era

accentrata nella lotta all'ateismo.

E al comunismo proprio perché ateo.

Una battaglia che Roma ha combattuto con tutte le forze, senza esclusione di colpi e senza

distinguere accuratamente la religione dalla politica e dalla economia.

«Dio lo vuole!»; basti pensare alle vicende della teologia della liberazione in America latina e non

solo. Basti pensare alle vicende politiche e culturali della sinistra anche da noi.

Oggi il Cremlino accetta la sconfitta e decreta la vittoria di quella battaglia condotta dalla religione

in genere e anche da Roma.

Ma è una vera vittoria? Non è così sicuro. Una vittoria per modo di dire. Bisognerà riflettere. Quale

dio è vincente? Quale religione? In particolare quale cristianesimo?

In poche parole, appare vincente una religione che si presta a servire il benessere della società e

dell'ordine pubblico. Una religione che serve lo stato, insieme alle banche e alle forze armate. Una

religione «civile», come si suol dire.

O, meglio, una religione ridotta ad etica o ridotta ad etica pubblica. Una religione indotta, o meglio

costretta, dai mass media e quindi dal denaro.

Una religione auspicata dal Cremlino, e anche accettata, almeno in parte, dai Vaticani di tutto il

mondo è un aiuto al successo e al benessere del capitale.

Ma è la vera religione dei fondatori, in particolare il cristianesimo dei «beati poveri» di Gesù?

E quale posto, in questa religione ridotta ad etica sociale, rimane per la laicità?

Un interrogativo importante, e inquietante sul quale dovremo riflettere ancora.

 

Filippo Gentiloni     il manifesto 26 luglio 2009