La questione morale
del nostro tempo
Le immagini che giungono da Gaza ci parlano di una tragedia di dimensioni immani
e le parole non
bastano per esprimere la nostra indignazione. Col passare dei giorni
cresce la barbarie che insieme
alla vita, alle abitazioni, agli affetti, ai luoghi della cultura e della
memoria, distrugge in tutti noi
l'umanità e con essa il sogno e la speranza. E deforma in noi il buon senso,
mortifica la cultura del
diritto, forgiata dalle tragedie del secolo passato per prevenirne la
ripetizione.
Così diventano carta straccia le convenzioni internazionali e le norme basilari
del diritto
internazionale nonché le sue istituzioni, paralizzate dai veti e svuotate di
autorevolezza oltre che di
strumenti per l'agire.
Così crescono l'odio e il rancore, si radicalizzano le posizioni e le distanze
diventano
incomunicabilità. Le stesse responsabilità si confondono, tanto che la vita in
una prigione a cielo
aperto diviene la normalità, l'invasione di uno degli eserciti più potenti del
mondo è alla stessa
stregua di un atto pur esecrabile di terrorismo.
Ma così non si aiuta la pace, che è fatta in primo luogo di ascolto, dialogo e
compromesso. Certo,
anche di diritto, ma abbiamo visto che per questa sola via sessant'anni non sono
bastati e dopo ogni
crisi ci si è ritrovati con un po' di rancore in più e di certezza del diritto
in meno.
Noi sappiamo che l'occupazione genera resistenza, la guerra rafforza il
terrorismo, la violenza
cambia le persone e i fondamentalismi si alimentano reciprocamente. Ma abbiamo
anche imparato
in tutti questi anni che gli obiettivi di pace, sicurezza e prosperità non
passano attraverso l'uso della
forza delle armi, ma attraverso l'adozione di scelte accettabili per entrambe le
parti in causa e l'avvio
di un processo di riconoscimento reciproco, del dolore dell'altro in primo
luogo, che è il primo
passo verso la riconciliazione.
Al contrario, ogni volta che ci si è avvicinati ad un compromesso accettabile,
il ricorso scellerato
alla violenza, all'assassinio premeditato, all'annichilimento dell'altro, è
servito a demolire ciò che si
era pazientemente costruito, quel po' di fiducia reciproca in primo luogo.
Il tutto viene poi complicato dal peso della storia che in questo contesto, nel
rapporto fra Europa,
«Terrasanta» e Medio Oriente, agisce come un macigno non elaborato, generando
falsa coscienza,
ipocrisia, irresponsabilità.
L'esito è stato l'incancrenirsi di una questione, quella palestinese, che ha
avuto ed ha effetti
destabilizzanti in tutta la regione ed anche oltre, diventando - come ebbe a
definirla Nelson Mandela
- «la questione morale del nostro tempo».
Di questo vulnus si sono nutriti in questi anni il terrorismo e il
fondamentalismo, regimi autoritari e
cultori dello scontro di civiltà. A pagare sono state le popolazioni della
regione, sono i bambini e i
ragazzi cresciuti in un contesto di odio, di violenza e di paura, ma anche la
democrazia e la cultura
laica che pure traevano vigore dalle tradizioni ebraiche e arabo-palestinesi.
Così anche da questa guerra, assassina e stupida come ogni guerra, a
trarne vantaggio saranno solo i
fondamentalismi e chi pensa che la soluzione possa venire dall'annichilimento
dell'avversario.
Come hanno scritto nei giorni scorsi Vaclav Havel, Desmond Tutu ed altri uomini
di cultura
«...quello che è in gioco a Gaza è l' etica fondamentale del genere umano. Le
sofferenze, l' arbitrio
con cui si distruggono vite umane, la disperazione, la privazione della dignità
umana in questa
regione durano ormai da troppo tempo. I palestinesi di Gaza, e tutti coloro che
in questa regione
vivono nel degrado e privi di ogni speranza non possono aspettare l' entrata in
azione di nuove
amministrazioni o istituzioni internazionali. Se vogliamo evitare che la Fertile
Crescent, la
"Mezzaluna fertile" del Mediterraneo del Sud divenga sterile, dobbiamo
svegliarci e trovare il
coraggio morale e la visione politica per un salto qualitativo in Palestina».
Per questo facciamo appello alle persone che amano
la pace e che vedono nella tragedia di queste
ore la loro stessa tragedia, di fare tutto ciò che è nelle loro possibilità
affinché vi sia
l'immediato, totale, cessate il fuoco - non la beffa delle «tre ore»; la fine
dell'assedio sulla Striscia di Gaza e il rispetto delle istituzioni palestinesi
democraticamente elette; l'intervento di una forza di pace internazionale
sotto l'egida delle Nazioni Unite in Cisgiordania e
nella Striscia di Gaza lungo i confini del '67; l'avvio di un negoziato
per arrivare ad una soluzione politica basata sul rispetto dei diritti dei
popoli, delle minoranze e della persona, nell'ambito di un processo che possa
garantire nell'immediato
confini sicuri per lo Stato di Israele e per lo Stato di Palestina; la creazione
di un comitato per la pace in Palestina, che superi i limiti e le
strumentalizzazioni che hanno caratterizzato le iniziative degli ultimi anni;
l'adesione delle persone e delle associazioni che hanno a cuore la pace in Medio
Oriente per impedire che il conflitto si trasformi in guerre di religione e tra
civiltà, con la promozione di
iniziative su tutto il territorio italiano e la convocazione di una
manifestazione nazionale al più
presto.
Non di meno, in un contesto dove l'interdipendenza è il tratto
del nostro tempo e come persone che
hanno comuni radici mediterranee, non smettiamo di pensarci come cittadini di
una comune regione
post-nazionale euromediterranea, parte di una cultura che - attraverso la storia
di conflitti tra città e
campagna, o nella concorrenza tra fede e sapere, o nella lotta tra i detentori
del dominio politico e le
classi antagoniste - si è lacerata più di tutte le altre culture e non ha potuto
fare a meno di
apprendere nel dolore come le differenze possano comunicare.
In questo spirito ci impegniamo a ricostruire quel che la guerra sta abbattendo,
i ponti fra le
persone, le culture, i luoghi della pace in e fra entrambe le società, per
creare nuovi terreni di
relazione e collaborazione fra l'Italia e la Palestina, intensificando altresì
gli atti di solidarietà verso
tutte le vittime, in modo particolare la popolazione della Striscia di Gaza.
Per le adesioni a questo appello paceinpalestina@gmail.com
Ali Rashid e Moni Ovadia
il manifesto '8 gennaio 2009