LA POLITICA DELL’ODIO

Dopo l’attacco contro Berlusconi si parla molto di amore e odio, del “clima di odio” che la sinistra e giornali come Repubblica avrebbero creato criticando Berlusconi e dell’amore che Berlusconi richiede al Paese e al suo popolo.

Ma il dissenso politico e il diritto di critica non sono questioni di amore ed odio. Il WashingtonPost non era animato da odio per il presidente Richard Nixon quando fece l'inchiesta su Watergate. La proprietaria del giornale, Katherine Graham, aveva tanti amici tra i repubblicani dell'amministrazione e il presidente non accusò mai il Post di odio. Come il New York Times non odiava Bill Clinton quando fece i primi pezzi sull'affare "Whitewater" che portò alla vicenda di Monica Lewinsky e che quasi gli costò la presidenza. Il dissenso e la critica - talvolta anche aspri - sono elementi fondamentali di una democrazia sana. La mancanza di critica all'amministrazione Bush - nel clima intimidatorio dopo l'undici settembre - ha contribuito forse in un modo decisivo alla guerra disastrosa in Iraq.

Ma porre il problema in termini di amore e odio - cioè in termini personalistici - è caratteristico della politica di Berlusconi. Il momento che mi colpì di più intervistando Berlusconi nel 1995 arrivò alla fine del nostro incontro quando, cercando di convincermi che non poteva neanche esistere il problema del conflitto d'interesse, disse: «So creare, so comandare, so farmi amare». Come se farsi amare - piuttosto che gestire l'economia o riformare il sistema pensionistico - fosse il più grande requisito di un uomo politico.

Il dissenso in Italia parla di Berlusconi perché è costretto a farlo. Berlusconi si è sempre posto al centro delle cose e parlare del Popolo della Libertà senza parlare di Berlusconi è sempli­cemente un nonsenso. Parliamo di Berlusconi perché da quando è entrato in politica nel 1994 l'Italia è diventata ingovernabile. Ingovernabile perché i massicci conflitti d'interesse presentati da Berlusconi - un monopolista della televisione privata che ora controlla il suo competitore principale, la televisione di Stato, un indagato di reati gravissimi che gestisce il sistema della giustizia - sono macigni sulla strada di ogni governo. Così il Paese ha vissuto colpi di spugna, lodi di tutti i tipi, leggi ad personam cucite su misura per evitare la galera a questo o quel collaboratore stretto del Cavaliere e possibili condanne allo stesso Berlusconi. Nel mezzo di questa crisi, il governo propone una legge per limitare la pubblicità alla televisione via satellite di Rupert Murdoch, il primo vero concorente privato di Berlusconi. E subito siamo costretti a chiederci: è stata fatta per il bene del telespettatore o per il bene di Mediaset, l'azienda del pre­mier? E così è per tutto, o quasi: lo scudo fiscale, i condoni per l'evasione fiscale, la detrazione di tasse per le aziende, l'eliminazione delle tasse di successione. Le ultime proposte di legge del centro-destra - sempre retroattive - dimostrano che Berlusconi è pronto a smantellare tutto il sistema giudiziario italiano pur di salvare sé stesso. Abbiamo il. governo di un uomo solo che si occupa esclusivamente della sua persona e delle sue aziende.

Siamo costretti a parlare di Berlusconi perché Berlusconi ha personalizzato la politica come mai era accaduto nel dopoguerra. I vecchi partiti come la Dc e il Pci, per esempio, rap­presentavano delle idee e delle aree sociali del Paese, ma i loro leader erano decisamente meno importanti dei blocchi che rappresentavano: i cattolici da una parte, la classe operaia dall'altra. Berlusconi ha personalizzato la politica, presentandosi continuamente come l'unico capace di "salvare" il Paese dal pericolo del comunismo. «Sono in politica perché il Bene prevalga sul Male», ha detto nel 2005: «Se la sinistra andasse al governo l'esito sarebbe questo: miseria, terrore, morte. Così come avviene ovunque governi il comunismo».

Berlusconi ha creato attorno a sé il culto della personalità, nel decimo anniversario della creazione di Forza Italia ha perfino detto che la sua "discesa in campo" era stata un atto suggerito dallo Spirito Santo. Il volto di Berlusconi è su ogni manifesto politico. Ha cambiato la legge elettorale in modo che deputati e senatori servano al piacere personale del premier. Il Parlamento è pieno di veline e amiche e amici, molti impiegati o avvocati di Berlusconi. Non contento, Berlusconi propone di far votare solo i capigruppo, riducendo il ruolo dei parlamentari a quello di puro ornamento. Berlusconi ha cambiato il lessico della politica italiana, introducendo il linguaggio privato, quello del bar e della rissa in casa nella sfera pubblica. Ha dato dei «coglioni» agli elettori del centrosinistra, ha chiamato «stronzate» le parole del suo avversario politico, Romano Prodi, «criminoso» il giornalismo di Enzo Biagi, Marco Travaglio e Michele Santoro. I magistrati sono «matti» e «mentalmente disturbati». L'ex presidente della Repubblica Scalfaro è un «serpente» e un «traditore». Pensiamo allo spettacolo indecente in cui durante l'ultima legislatura, i senatori del Pdl, aizzati dall'attuale presidente del Senato Renato Schifani, hanno coperto di insulti e ingiurie il premio Nobel Rita Levi Montalcini per spingerla a dimettersi da senatore a vita e far cadere la maggioranza di governo. Sfido gli esponenti del centrodestra a trovare un singolo episodio in cui i principali leader del centrosinistra (Prodi, D'Alema,Veltroni) si siano lasciati andare a un linguaggio simile.

E’ stato Berlusconi ad invitare gli italiani dentro la sua vita privata: con i mille commenti sulla vita da "play­boy" e le sue prestazioni sessuali («Se dormo per tre ore posso fare l'amore per altre tre»), sul suo matrimonio («Rasmussen è il primo ministro più bello dell'Europa. Penso di presentarlo a mia moglie»). E ci ha portati dentro il suo divorzio con le sue apparizioni a fianco di Noemi Letizia e le comparsate a "Porta a Porta". Se si facesse il conto di chi negli ultimi quindici anni ha parlato di più sulle televisioni italiane scopriremo, credo, che gli italiani hanno dovuto ascoltare e vedere Berlusconi almeno dieci volte di più di qualsiasi altro politico. La verità è che Berlusconi ha trasformato un intero Paese in un grande reality: "Casa Berlusconi". Chi non lo gradisce ha il diritto di protestare. Non è la politica dell'odio. È, semplicemente, la democrazia.

Alexander Stille      La Repubblica    18 Dic. 2009