La Pasqua del mistero perduto

 

Oltre la metà degli italiani non sa che la Pasqua è la festa religiosa più importante per i cristiani. In

questa «verità» religiosa si riconosce il 48% della popolazione, ma nell'insieme sono di più le

persone che identificano il clou della memoria cristiana in altre festività religiose, in particolare nel

Natale. Frutto di una recente indagine sulla religiosità degli italiani, questi dati offrono un'idea di

quanto si stia indebolendo la conoscenza religiosa, pur in una nazione in cui la grande maggioranza

della gente (l'85%) continua ancor oggi a dichiararsi «cattolica». Si tratta di un deficit formativo

assai temuto dagli uomini di chiesa, che lo leggono come un segno dello sfilacciamento del tessuto

religioso del Paese. Un grido di allarme al riguardo è giunto qualche giorno fa dal cardinal Martini,

in un'intervista da Gerusalemme. Molti credenti - ha denunciato il porporato - sembrano aver ormai

perso il significato religioso della Pasqua. L'idea diffusa nella cultura comune di trascorrere il

Natale «con i tuoi» e la Pasqua «con chi vuoi» può far ritenere a molti che la festa che ricorda la

nascita di Gesù Cristo sia più importante del giorno in cui si celebra la sua risurrezione. Tutto ciò

indica non soltanto lo stato di confusione e di oblìo che caratterizza molti cristiani circa le verità di

fondo della propria fede religiosa; ma anche la scarsa presa che un evento decisivo per il

cristianesimo come la Pasqua ha sulla vita e sull'esperienza religiosa di tanti credenti. Lo spirito e la

cultura del tempo mettono in sordina le convinzioni religiose più specifiche. Si stempera così la

memoria del cristianesimo, quella che ha spinto Paolo di Tarso ad affermare che «se Cristo non

fosse risorto, vana sarebbe la nostra fede»; e che ha fatto dire ai padri della chiesa che «senza la

domenica» (che richiama appunto l'evento decisivo della risurrezione) la settimana dei cristiani

sarebbe priva di valore. La croce del venerdì santo è una tappa cruciale della storia della salvezza

cristiana. Ma solo la risurrezione della Pasqua offre la certezza della nuova vita. Per la verità, la

credenza nella risurrezione non è estranea alla maggioranza della gente. L'indagine cui si è prima

accennato ci dice che il 75% degli italiani è convinto che Gesù Cristo sia risorto e che circa il 60%

crede che ogni uomo risorgerà alla fine dei tempi. Certo occorre chiedersi che presa abbiano queste

credenze per una quota di popolazione che sembra vivere in modo distratto quella festa pasquale

che celebra proprio l'evento della risurrezione. Tuttavia, queste convinzioni sono più labili nei

credenti più tiepidi, mentre risultano più radicate nei fedeli più attivi e impegnati. Anche la Pasqua,

dunque, attesta che il cattolicesimo italiano è una realtà plurale, fatta di gente che esprime in modi e

con intensità diversi l'opzione religiosa. L'identità cattolica è un «ombrello» troppo grande e diffuso

per rendere ragione di una particolare qualità del credere. C'è chi vive i sacri misteri della settimana

santa andando in particolari luoghi dello spirito (come i monasteri di Bose e di Camaldoli), mentre

altri frequentano più semplicemente i riti e le veglie religiose che in questi giorni si celebrano in

ogni parrocchia. Ma a fianco di questo popolo più coinvolto, molti altri «cattolici» guardano alla

Pasqua in modo più leggero, come riflesso di un'appartenenza religiosa meno impegnativa. Ci

vogliono occhi particolari per cogliere il senso del mistero religioso, soprattutto in quel tempo

pasquale in cui i cristiani sono chiamati a confrontarsi con un disegno di Dio che supera di gran

lunga le attese umane. Come ha notato Peter Berger, famoso sociologo della religione, gli uomini

d'oggi possono essere relativamente disponibili ad accettare figure di salvatori che promettono la

redenzione dai mali dell'esistenza umana, mentre risultano del tutto spiazzati a comprendere la

«follia» della croce, lo scandalo di un Dio che si fa uomo e subisce l'umiliazione e la croce per un

compito di redenzione.

Franco Garelli     “La Stampa”  22 marzo 2008