La partita con la
Chiesa
No, non sono affari interni della Chiesa, come ha commentato chi ancora impugna
la pistola fumante - e la impugna perché chi l´ha armato non gliel´ha mai tolta
di mano. Singolare affermazione, del resto: ma non era questo il governo che si
professava più vicino alla Chiesa, quello che aveva avuto fin dall´inizio il
soddisfatto via libera delle gerarchie ecclesiastiche? Oggi invece quella
destra cattolica obbediente e collaborativa così gradita a eminenti cardinali
finge un laico e pudico disinteresse per i problemi della Chiesa.
D´altra parte, la domanda che tutti ci poniamo è: quale Chiesa? Ne
abbiamo viste diverse nei giorni scorsi e non abbiamo mai avuto l´impressione di
trovarci davanti alla antica istituzione sacrale che immaginavamo capace di
rispondere severamente e dal suo più alto livello all´attacco che l´ha ferita.
Una cosa almeno è certa: le dimissioni del direttore dell´Avvenire sono un fatto
che di per sé esclude qualunque possibilità di chiudere l´episodio a un fatto
interno di chicchessia, tanto meno a un fatto interno della Chiesa.
Ci fu all´inizio il tentativo di chiudere tra parentesi le tensioni tra un
premier e una chiesa italiana in agitazione facendo ripartire l´antico
ron-ron della diplomazia ovattata, dei contatti riservati, magari dei
colloqui tra un premier discusso e il segretario di Stato vaticano intorno a un
tavolo conviviale all´ombra di un antico rito solenne del perdono. Ma qui il
percorso si interruppe: quel premier aveva un giornale di famiglia e il suo
direttore fece partire in quel preciso momento un attacco inqualificabile contro
l´Avvenire, organo della Conferenza episcopale italiana. Uno scandalo: bisogna
che gli scandali avvengano, dice la parola del Cristo dei Vangeli canonici. Non
così hanno pensato le menti diplomaticamente esercitate del mondo vaticano,
d´accordo col Grande Inquisitore di Dostoevskij nel ritenere che l´ordine del
mondo è troppo prezioso per metterlo a rischio con un ritorno della parola di
Cristo.
C´era
stata una mossa per far rientrare lo scandalo: una proposta di tregua con
scambio dei caduti. La Chiesa-Potere aveva calato molto tempestivamente la carta
più alta nelle sue mani per dimostrare la sua buona volontà e far rientrare la
vicenda «citra sanguinem», senza versare sangue, come dicevano le
regole della tortura dell´Inquisizione. L´aveva calata nientemeno che il
direttore dell´Osservatore Romano nell´intervista al Corriere della Sera: un bel
rimbrotto a Boffo e un´offerta di continuare come nulla fosse. Meglio una
sola vittima che uno scontro dagli esiti imprevedibili. Era un prezzo
sostenibile per pagare la pace politica e la tranquilla gestione dei problemi
etici in discussione nel prossimo autunno - testamento biologico, pillola
abortiva e così via. Ma la logica dello scambio richiedeva un passo
analogo dall´altra parte: la parallela rimozione di Feltri dalla direzione del
Giornale o almeno una smentita adeguatamente sdegnata da parte del suo padrone.
Abbiamo visto com´è andata a finire. È finita che Boffo si è dimesso. Perché?
Sul piano umano possiamo ben capirlo: ed è questo l´unico piano comprensibile e
condivisibile. La vittima designata non ha accettato il suo destino, non ha
aspettato di essere dolcemente rimossa da mani curiali in tempi più tranquilli:
si è tolta di mezzo da sola. Diciamo vittima con la piena consapevolezza che qui
la parola è quella giusta. L´aggressione contro Boffo ha teso a
distruggerne strumentalmente il ruolo sociale e la vita privata, sfruttando
cinicamente il clima di linciaggio che il semplice sospetto di scelta o tendenza
omosessuale sta scatenando oggi in Italia, indizio questo sì della malattia
morale e della regressione nazistoide del paese. Quanto alle dimissioni,
era stato monsignor Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del
consiglio Cei per gli affari giuridici, che ne aveva formulato per primo
l´ipotesi. Mogavero sapeva che le dimissioni sarebbero state intese come
ammissione di colpa.
Lo sappiamo tutti: in Italia, fin dai tempi di Dante Alighieri, la parte
offesa e ferita diventa nel grido collettivo la parte colpevole. Ma
quali saranno da oggi le sedi opportune per accertare i fatti? E quali fatti
ancora si dovrebbero accertare? Una cosa sola è chiara: con le dimissioni di
Boffo si apre un vuoto: non solo fra le voci autorizzate e autorevoli della
Chiesa-Potere e il titolare del potere politico e monopolista dei media
italiani, ma anche all´interno dell´arcipelago che si chiama Chiesa in Italia o
Chiesa italiana. Adesso forse qualcuno tenterà ancora di chiudere la partita con
qualche paroletta di solidarietà. Si potrà sempre battere una pacca consolatoria
sulla spalla del dimissionario, contando sul fatto che tanto in Italia chi si
dimette ha sempre torto. Si potrà dire che il direttore di Avvenire è stato
oggetto di un «inqualificabile attacco mediatico» - questo il commento, per
esempio, del cardinale Angelo Bagnasco. Bagnasco è il presidente della
Conferenza episcopale italiana e in quanto tale è responsabile della condotta di
Avvenire e del suo direttore quasi quanto Silvio Berlusconi è responsabile delle
scelte del Giornale di famiglia. L´attacco è inqualificabile ma non viene da un
killer ignoto. Viene dall´impero italiano dei media ed è ascrivibile al
suo padrone. Il contenzioso opporrà la Chiesa nelle sue molte forme ed
espressioni italiane al presidente del Consiglio tanto più direttamente e
immediatamente quanto più lo spazio tra i due è rimasto sgombro e vuoto.
E c´è qualcosa di grottesco nella scena che si profila: il dialogo tra un´entità
teoricamente monolitica e governata da un Papa infallibile e ostile al
relativismo, oggi diventata una Babele di linguaggi, e il capo di un
governo teoricamente democratico che parla la lingua di un potere intollerante
di ogni critica e si immagina nei panni fumettistici di un Super Supeman.
Adriano Prosperi Repubblica 4.9.09