La mafia e le sue
bestemmie
A Sant’Onofrio, vicino a Vibo Valentia, un parroco molto coraggioso, e
soprattutto molto coerente,
ha escluso alcuni affiliati alla ’ndrangheta dalla processione dell’Affruntata.
Capisco che questi si siano arrabbiati tanto da reagire come fa di solito la
Mafia, con una serie di
proiettili a scopo intimidatorio. Un posto in una processione, in
un’associazione religiosa, in prima
fila alla messa o a sorreggere un santo è uno status symbol importante,
come un Rolex, un posto alla
Scala o un titolo onorifico, al di là dell’essere un appassionato di orologi, un
amante della musica o
una persona che vale qualcosa. Apparire in una ricorrenza religiosa
significa affermare il proprio
potere, sopra tutti e anche sopra la Chiesa.
Se un mafioso fosse veramente cristiano e cattolico dovrebbe vivere la
dolorosa contraddizione tra
l’essenza del cristianesimo, tra quello che ha detto Gesù Cristo, e la prassi
della sua organizzazione.
Dovrebbe vivere la fede, e anche le ricorrenze religiose, con il tormento
dell’Innominato dei
Promessi sposi e non con l’arrogante affermazione del proprio status di
cristiano d’elite.
Per questo quel parroco coraggioso è stato anche molto coerente, come tutti i
parroci dovrebbero
essere. Lo aveva detto anche il Papa, lanciando una sorta di scomunica contro
Cosa Nostra: gli
uomini delle Mafie sono fuori dalla Chiesa.
Se mi sbaglio vorrei che qualche mafioso, o qualche uomo di chiesa che a me pare
incoerente, mi
scrivesse qui e mi spiegasse la sua posizione.
Per adesso continuo a pensare che quel parroco ha fatto bene.
Anzi, benissimo.
Carlo Lucarelli L'Unità 16
aprile 2010