La mafia calabrese
ha cacciato gli Africani da Rosarno
“I poliziotti ci hanno mentito! Ci hanno fatti salire sugli autobus, in tutta
fretta, assicurandoci che
ci avrebbero protetti, che ci avrebbero lasciato andare dove volevamo, a Roma,
Napoli, Milano...
Ci siamo ritrovati imprigionati qui, senza avere alcuna idea della nostra
sorte.” Qui, è il centro di
identificazione e di espulsione di Bari, nelle Puglie. Il giovane che dice di
essere stato preso in giro
dalle forze dell'ordine si chiama Francis, è del Ghana e lavorava come operaio
agricolo in Calabria,
a Rosarno, diventata la città simbolo della “caccia ai neri”.
Più di 1000 immigrati venuti principalmente dal Ghana, ma
anche dal Mali, dalla Costa d'Avorio,
dal Togo, dal Burkina Faso, dal Niger e dalla Sierra Leone, hanno dovuto fuggire
per salvare la
pelle dopo i violenti scontri che sono scoppiati il 7 gennaio tra la popolazione
locale e i migranti in
questo comune, nel cuore della piana di Gioia Tauro, dove i lavoratori immigrati
rimpiazzano, ad un
costo di gran lunga inferiore, la mano d'opera italiana. Da più di dieci anni,
centinaia di migranti
arrivavano ogni inverno, tra dicembre e marzo, periodo della raccolta dei
mandarini, delle
clementine e delle arance. Certi vi si erano anche stabiliti con la famiglia. La
maggioranza di quelli
che sono stati evacuati è in possesso di un permesso di soggiorno. Secondo le
cifre del ministero
dell'interno, il 60% di loro è in situazione regolare, il 20% sono richiedenti
asilo.
Tra gli irregolari, una cinquantina si trova nel centro di identificazione di
Bari, dal quale rischiano
di uscire solo per essere espulsi. “Si tratta di una situazione molto
preoccupante, contro la quale
dobbiamo mobilitarci”, ha dichiarato a La Croix la deputata europea di Europe
Ecologie Hélène
Flautre, che si è recata in questo fine settimana a Bari insieme ad altri membri
della commissione
delle libertà civili del Parlamento europeo. “Quelli che sono in situazione
irregolare lo sono
perché, come tutti gli immigrati di Rosarno, erano pagati in nero. Tutti quelli
che ho incontrato a
Bari chiedono solo di rispettare le leggi. Hanno tra i 20 e i 30 anni, e hanno
accettato una vera
situazione di schiavitù: lavorare 13 ore al giorno per essere pagati o 1 € la
cassa di agrumi, o 2025
€ al giorno; vivere ammucchiati come bestie in edifici insalubri.”
Francis, che è sbarcato a Lampedusa nel 2008, e i suoi compagni hanno raccontato
le stesse paure,
le stesse collere. “Gli scontri sono stati provocati dall'aggressione ad un
togolese ferito da un
colpo di fucile ad aria compressa sparato da un calabrese e dalle voci che si
sono diffuse come un
fuoco di paglia tra la comunità africana, che dicevano che due nostri 'fratelli'
erano stati uccisi.
Noi eravamo spaventati, e c'è stata la rivolta”, afferma. “La polizia ha detto
loro che dovevano
lasciare Rosarno perché rischiavano la vita, precisa Hélène Flautre. Sono stati
evacuati senza poter
ricevere il denaro che il padrone doveva loro, senza prendere le loro cose
personali. Erano
sconvolti, terrorizzati e lo sono ancora.”
Secondo il sostituto procuratore alla Direzione nazionale antimafia, Alberto
Cisterna, questi scontri
sono stati orchestrati totalmente da clan della 'ndrangheta, la potente mafia
calabrese. “La
'ndrangheta non tollera che si protesti contro le sue leggi, contro la sua
autorità suprema, non
sopporta alcun disordine, a parte quello che crea lei stessa! Quando si parla di
controllo del
territorio da parte della criminalità organizzata, è di questo che si tratta”,
spiega a La Croix.
“I prossimi immigrati di Rosarno saranno essenzialmente di provenienza
dall'Europa dell'est, più
flessibili, meno visibili, più rispettosi della legge del silenzio”, assicura il
magistrato antimafia. E
gli africani? Quelli che se ne sono andati con i loro mezzi si sono diretti o
verso il nord-est del paese
o verso altre regioni del sud, in particolare in Campania, a Castelvolturno o a
Caserta, dove la
presenza di operai africani risale agli anni '80. Assistiti da
associazioni di volontariato meglio che in
Calabria, restano però anche lì preda di un'altra mafia, la camorra, molto
presente nelle aziende
agricole e nell'edilizia.
Anne Le Nir in “La Croix” ( quotidiano cattolico
francese) del 18 gennaio 2010