La linea di fondamentalismo religioso assunta dal Vaticano non trova barriere nel mondo cattolico Gli intellettuali che furono la spina dorsale del Concilio sembra che non abbiano eredi. Così diventa inevitabile lo scontro frontale.

 

 Cattolici democratici, dove siete?

 

Ma i cattolici democratici dove sono finiti? Gli intellettuali, i leader politici, i professori, i giornalisti che negli ultimi quarant'anni hanno rappresentato la parte più importante del mondo cattolico, che hanno prodotto pensiero, politica, hanno partecipato alla crescita della nostra società e della democrazia, hanno garantito un "ponte" tra laici e Chiesa, tra società civile e gerarchie ecclesiastiche, tutti questi dove sono?

Chiusi, rintanati, silenziosi, prudenti. Sembrano impauriti, intimiditi dalla elezione di Ratzinger - che forse non si aspettavano - dopo la parentesi di Woijtyla; e allo sbando, senza più punti di riferimento, senza la capacità di reagire, di dire la loro, di imporre un alt alla corsa oscurantista e fondamentalista della Chiesa, che sta sfigurando, in pochi mesi, il volto della religione cristiana.

Se uno prova a paragonare la situazione di oggi a quella di qualche anno fa, o ancor di più al periodo conciliare e post-concliare di Giovanni XXIII e di Paolo VIl, si mette le mani nei capelli. Allora la spinta che venne dal mondo cristiano democratico al rinnovamento del paese, ai nuovi movimenti, alla crescita di idee che ruppero il dominio della borghesia conservatrice, fu impetuosa, formidabile.

Sul sessantotto italiano, e sul decennio successivo, ebbe un peso decisivo la ricchezza della ricerca politica e l'elaborazione di valori che venivano dal mondo cristiano.

E gli intellettuali di quell'area (penso a due giganti, come Ernesto Balducci e Lorenzo Milani, a teologi come Adriana Zarri o padre Turoldo, ma anche a pensatori più moderati come Scoppola, o Ardigò, e poi a sindacalisti di grande coraggio come Livio Labor, o Carniti, e parlamentari e pensatori ed economisti come Gozzini, Rodano, Napoleoni, e potrei continuare con decine e decine di nomi). Se mi guardo intorno oggi vedo il deserto: voci flebili, di modesto dissenso, nessuno che osi staccarsi, criticare, attaccare le gerarchie ecclesiastiche? Come è possibile?

Che senso ha assistere silenziosi allo smantellamento della grande costruzione concliare, che aveva impegnato due o tre generazioni di militanti e pensatori, e intellettuali cattolici, e che era servita a liquidare la vecchia immagine della Chiesa totalitaria, arrogante, temporale e medievale? La distruzione di quel patrimonio riguarda anche noi laici, noi atei, perchè la nostra cultura politica è stata molto influenzata da quel grande fermento di idee che ha cambiato e fatto maturare il mondo cristiano. Però è chiaro che riguarda soprattutto loro, i cristiani democratici, gli intellettuali di quell'area. Vent'anni fa, dopo l'elezione di Woijtyla loro scelsero la via della mediazione. Giudicarono Woijtyla un papa con luci ed ombre, che sicuramente rompeva con il Concilio, lo frenava, lo metteva in discussione, però non lo negava, non lo cancellava. E scelsero la timidezza e l'obbedienza, convinti che fosse il modo giusto per salvare le idee.

Credo che sbagliassero, ma capisco. Ora però non si può più capire. Se i cattolici democratici rinunciano al loro ruolo, di fatto spingono allo scontro frontale tra due mondi che non comunicano più: il clericalismo fanatico del Vaticano e e un fronte laico costretto all'anticlericalismo ottocentesco.

  

Piero Sansonetti      "Liberazione" del 04/05/07