La lezione di De
Gasperi
Ignazio Marino prima di venir defenestrato nel bel mezzo della discussione sul
testamento
biologico, fu aspramente redarguito dai suoi referenti di partito, più
preoccupati dei loro interni
equilibri che della verità, per essersi richiamato al Vangelo di Matteo laddove
dice "il vostro parlare
sia Sì quando è Sì e No quando è No, tutto il resto viene dal maligno". Con
quel richiamo
l'autorevole chirurgo, estensore della legge, invitava ad evitare formule
pasticciate di compromesso
interno, destinate con formulazioni equivoche ad affossare la libertà di scelta
dell'individuo qualora
si trovasse nelle condizioni estreme di Eluana Englaro. Il prosieguo delle cose
dimostra che Marino
aveva visto giusto. Sbagliano per contro i capi del Pd quando fingono che non
sia avvenuto nulla e
che le loro parole di rassicurazione valgano più degli atti che compiono o di
quelli che non
compiono. Sbagliano quando ci dicono che nulla cambia, dopo che hanno imposto la
nomina a
capogruppo nella Commissione sanità di una senatrice, Dorina Bianchi, che si è
affrettata a
dichiarare la propria contrarietà ad interpretare nella discussione sulla legge
la cosiddetta "posizione
prevalente" nel partito, essendo invece intenzionata a tenere in considerazione
le diverse sensibilità
del Pd. Frase che, tradotta in chiaro, significa far propria l'avversione
dichiarata non solo dai
teodem alla Binetti ma anche da Rutelli ed altri a lui sodali, nei confronti
della libera
determinazione per quanto riguarda nutrizione e idratazione artificiali.
Il problema - si badi bene -
non investe solo i firmatari del testamento biologico (i quali, se passerà la
normativa voluta dalla
destra sul limite di tre anni , salvo rinnovo periodico, alla presenza di un
notaio e di un medico,
risulteranno una infima minoranza) ma tutti i cittadini. In proposito il testo
elaborato e difeso dal
senatore Marino, all'art. 4, accettato fino a ieri dalla stragrande maggioranza
di centro sinistra,
affermava che in tutti i trattamenti di fine vita - (compresa idratazione e
nutrizione artificiali) nel
caso la persona versi ormai nella incapacità di accordare o rifiutare il proprio
consenso - ci si debba
basare sulla "volontà espressa" nel testamento biologico. Mentre "in caso di
mancata espressione di
volontà" vale "la volontà manifestata dal fiduciario, dal tutore o
dall'amministratore di sostegno o,
in mancanza di questi, nell'ordine; dal coniuge non separato legalmente o di
fatto, dal convivente,
dai figli, dai genitori, dai parenti entro il quarto grado".
Nulla di tutto questo resta nel documento stilato da Marina Sereni, vice
capogruppo del Pd a
Montecitorio, a conclusione delle riunioni di una apposita commissione di
parlamentari pd, non
firmato, però, dagli esponenti delle posizioni più antitetiche (dalla Binetti
alla Coscioni). Le
conclusioni sono state definite, in una nota riassuntiva della Sereni, "Elementi
comuni o a cui si è
arrivati a una convergenza" sulla Dat (Dichiarazione anticipata di trattamento).
Dalla lettura si
evince che i democratici non solo avrebbero fatte proprie le convinzioni
sostanziali dei teodem e di
Rutelli ma aperto la porta ad un cedimento a quelle espresse dalla destra.
Ecco alcuni punti dicosiddetta "convergenza":
a) durata di validità temporale nell'ordine di 3-5 anni;
b) riconoscimentodell'obiezione di coscienza del personale
medico-sanitario (diventerà problematico trovare un
dottore o un infermiere deciso a sfidare preti e ministri alla Sacconi, ndr);
c) il testamento non siapplica quando il soggetto versa in
pericolo di vita immediato (ma tutti i malati in coma possono
esser considerati in simile condizione, ndr);
d) obbligo di somministrare al paziente i trattamentiritenuti
necessari, compresa l'idratazione e l'alimentazione artificiale, in assenza di
espressa
dichiarazione anticipata di trattamento (questo è il passaggio chiave che vieta
alla stragrande
maggioranza dei cittadini, che magari non avranno neppure sentito parlare di Dat,
di vedersi
sospeso il trattamento artificiale. È l'accettazione della pretesa della
Santa Sede e del governo sul caso Englaro con la prospettiva peggiorativa, nel
caso prevalga, come è probabile, la formulazione del centro destra e dei teodem,
secondo cui il divieto di staccare le sonde va esteso anche a chi avràfirmato la
Dat, ndr);
e) Collegio sanitario che attesti fino all'ultimo lo stato di
incapacità delpaziente, con esclusione del medico curante (discriminazione
ignobile e offensiva, ndr).
Se questi punti che compromettono il diritto basilare di ogni
cittadino ad una fine dignitosa della
vita, rappresenteranno davvero la "posizione prevalente" del Pd, dovremmo
concludere che questa
dizione riflette solo un compromesso di vertice e non certo la volontà della
maggioranza degli
aderenti e degli elettori del partito riformista. Ne seguirebbe una spaccatura
difficilmente sanabile
tra vertice e base. Coloro i quali cercano di spiegare una simile torsione come
una specie di "stato di
necessità" di un partito, nato da una confluenza tra post Dc e post Pci,
obbligato quindi a tener
conto dei valori dell'una e dell'altra componente, finiranno per mortificare i
valori degli uni e degli
altri. Il Partito democratico apparirà deludente e inutile per tutti coloro
che hanno creduto in un
movimento capace di rappresentare le loro speranze e non si riducesse invece a
stanza di
compensazione per miseri compromessi di una nomenclatura incerta su tutto.
Non siamo, sia chiaro, di fronte ad un dissidio di fondo tra laici e
cattolici ma al dilemma se lo Stato
italiano possa o no legiferare, anche sulle questioni cosiddette etiche, in uno
spirito di neutralità
laica che rispetti tutti i suoi cittadini, siano essi cristiani, musulmani,
ebrei e non credenti - per dirla
con Obama - lasciandoli liberi di comportarsi, ognuno secondo la propria
credenza; oppure sia
costretto, per la presenza della Chiesa romana in una fase neo integralista, ad
imporre a tutti i
sudditi - a somiglianza del braccio secolare - l'imperio prescrittivo del
Pontefice e dei Vescovi.
Questo è il nodo che può strangolare il neonato Partito
democratico. Non che i credenti osservanti
che in esso militino non abbiano tutto il diritto di comportarsi ascoltando i
dettami della loro fede o
che, quando siano parlamentari, non possano ricorrere, in casi particolarmente
sensibili, alla
obiezione di coscienza ed al voto disgiunto. Quel che invece conduce solo,
come nel caso in
questione, ad indigeribili e avvelenati pasticci è la pretesa di raggiungere un
combinato disposto tra
dettami integralistici e salvaguardie laico-liberali. E, a scanso di
equivoci, intendo come
integralismo, sia esso cattolico, islamico o ebraico, l'imposizione teologica
secondo cui le leggi
dello Stato debbano ispirarsi e sottomettersi, almeno per un largo spettro di
questioni, ai principi
della religione, dettati e interpretati dalla Gerarchia, faccia essa capo al
pontefice, ad un ayatollah o
a un rabbino capo.
Paradossalmente il principio di separatezza tra Stato e Chiesa era assai
meglio salvaguardato
quando l'unità politica dei cattolici s'inverava nella Dc. Sul divorzio e
sull'aborto ci furono
referendum chiarissimi - Sì, Sì, No, No - senza guerre di religione. Ma ancor
più significativo di
come un partito, davvero democratico e cristiano, avesse fatto proprio il senso
dello Stato, fu nelle
elezioni del 1952, quando Alcide De Gasperi rifiutò l'invito di Pio XII e di
Gedda, potente capo
dell'Azione cattolica, ad allearsi con i missini e i monarchici per
"salvaguardare la sacralità della
Città eterna, sede del Sommo Pontefice" dal pericolo di una vittoria dei
comunisti, appena
scomunicati. Si trattava di un tema di grande impatto e non solo elettorale. Per
questo il capo storico
della Dc non venne mai più ricevuto in Vaticano. Ne soffrì molto ma non
sacrificò l'autonomia dello
Stato né il suo disegno lungimirante di alleanza centrista con i partiti laici,
in attesa del maturare
dell'autonomia socialista. Con Moro il discorso si ampliò al Pci berlingueriano.
La destra dovette
attendere il crollo della Dc per trovare un proprio ruolo.
Oggi della vecchia Dc, come dopo un "fallout" atomico, restano schegge e detriti
radioattivi,
disseminati lungo tutto l'arco politico, dalla CdL, alla Lega, all'Udc, al Pd e
persino ai gruppi
minori, tranne i radicali. Tutti sono in gara per assicurarsi benevoli placet
vescovili. Tutti si
adoperano per escogitare formule e mediazioni bene accette Oltretevere.
Con una differenza di
fondo. Alla destra tutto ciò conviene, ne trae utilità, ne facilita la coesione
(l'unico che se ne
distingue in splendida solitudine è Gianfranco Fini). Per Berlusconi, libero
dal senso dello Stato e
da ogni remora ideale, il catechismo può ben servire da ideologia di pronto uso.
Per il centro sinistra
la commistione può risultare salvifica o mortale. Salvifica se i cattolici pd
ricorderanno l'esempio di
De Gasperi e gli insegnamenti di tanti che vennero anche dopo lo statista
trentino, da Andreatta a
Moro, da Vanoni a Scoppola e in un certo senso anche ad Andreotti. Per
contro se Veltroni e
Fioroni, Marini e la Finocchiaro, Franceschini e Bersani perderanno tempo e
faccia per inseguire
compromessi impossibili, la vita del partito, che ha fatto sognare tanti
italiani, sarà penosa e forse
destinata a declinare in breve tempo. Senza neppure il testamento
biologico.
Mario Pirani la Repubblica 16 febbraio 2009