La lezione del papa e i limiti di Cesare

Laicità. Se ne parla come non mai, ma come oggi abbondano le ambiguità. Da una parte il papa che impartisce lezioni di laicità allo stato, mentre, dall’altra parte, il presidente della Camera impartisce lezioni al papa. Tutti a ripetere in coro la famosa frase evangelica del «date a Cesare…», ma non si capisce dove cominci e dove finisca Cesare e dove cominci e dove finisca Dio… Un dibattito, a dir poco, ambiguo.
Qualche aspetto, comunque, è chiaro e andrebbe sottolineato. Da parte della gerarchia cattolica è evidente il timore di una deriva alla Zapatero anche in Italia. La gerarchia non accetta di parlare soltanto ai cattolici rinunciando a un forte ruolo sociale e politico nel paese e continua a pretendere di imporre la posizione cattolica a tutti gli italiani: esemplare il caso del matrimonio. Per mantenere, però, questa pretesa, la gerarchia cattolica deve fare ricorso a una posizione che ormai appare superata e lontana: la posizione che farebbe derivare la legge morale non tanto dal vangelo ma da una legge naturale che sarebbe valida per tutti e sempre e che la gerarchia cattolica custodirebbe. Una posizione che ricorda i tempi di una «cristianità» lontana e europea, ormai dimenticata.
E’ vano pensare, come sembra dire il Vaticano, che la vera laicità dovrebbe restaurare quella legge naturale che le stesse scoperte geografiche dei secoli passati avevano mandato in soffitta.
Sembra che la gerarchia cattolica non si adatti all’idea di parlare soltanto ai cattolici e non alla complessità dei cittadini di stati anche a maggioranza cattolica. L’Espresso, riferendo il parere di Enzo Bianchi, cattolico doc, titola: «I cattolici dovranno rispettare la morale cristiana. Ma non pretendere che la loro etica diventi legge dello Stato». Né, aggiungerei, che la loro etica pretenda di esprimere una etica «naturale» valida per tutti i popoli e tutti i tempi. Così per i pacs e per le varie questioni oggi in discussione.
Questioni che vanno tutte discusse nel dibattito fra le varie posizioni, senza invocare né vantare i livelli di laicità. E senza chiedere al di là del Tevere eventuali medaglie di laicità.

  

Filippo Gentiloni    Il manifesto 21/05/2005