La Lega e i bambini
senza diritti
Senza mangiare e umiliati. Punire i bambini per gli sbagli, o la povertà,
dei genitori. Questa sembra
la nuova linea di alcuni amministratori (leghisti) del Nord. I conti pubblici
vanno tenuti in ordine
anche a prezzo dei diritti dei bambini, con buona pace delle dichiarazioni
internazionali sui diritti
dei minori che pure anche l'Italia ha firmato. In generale nel nostro paese i
bambini sono solo
«bagaglio appresso» dei loro genitori, senza diritti propri, ma solo derivati da
quelli dei genitori.
Vale per gli immigrati, ma vale anche per i poveri o comunque per quelli i cui
genitori sgarrano. E
la scuola sta diventando il nuovo terreno in cui si marcano le differenze
sociali. Dopo le gite
scolastiche separate a seconda della classe sociale e le risorse economiche
degli scolari, siamo
arrivati alla esclusione di alcuni da un servizio essenziale.
Diversi anni fa, le mie figlie frequentarono per un anno una
scuola elementare negli Stati Uniti,
provenendo da una scuola a tempo pieno italiana. Sia loro che io fummo colpite
negativamente dal
fatto che i bambini mangiassero sulla base di quanto potevano pagare e che il
tempo-mensa fosse
lasciato all'autogestione più o meno anarchica dei bambini e del personale della
mensa. Poteva
succedere che qualcuno mangiasse solo patatine e ketchup. E che qualcuno
non facesse neppure a
tempo a mangiare, per la lentezza della coda o per la prepotenza dei più grandi.
Al contrario, nelle
scuole materne ed elementari in Italia la mensa è considerata uno spazio
educativo e di
socializzazione, ove si dovrebbe garantire a tutti almeno un pasto equilibrato
al giorno. I bambini si
differenziano tra loro per gusti, appetito e buone maniere, ma non per quanto
hanno diritto di
mangiare.
Nessuno nega che una amministrazione abbia il diritto, anzi il
dovere, di farsi pagare le rette quando
dovute. La questione è, appunto, se colpire i bambini sia il modo più civile,
più giusto, oltre che più
adeguato alla missione educativa della scuola. E se il non pagamento di una
retta configuri sempre
un tentativo di imbroglio (che va punito, ma non colpendo i bambini) da parte
dei genitori, o non sia
anche la spia di un disagio economico delle famiglie che dovrebbe mobilitare
l'attenzione, ed
eventualmente il sostegno, della amministrazione comunale, innanzittutto a
favore dei bambini.
Tanta durezza e disprezzo per i diritti e la sensibilità dei bambini sta
in stridente contrasto con
l'entusiasmo (verrebbe dire la ferocia) con cui esponenti politici che
appartengono allo stesso partito
e alla stessa area politica dei due zelanti sindaci si spendono a favore della
«vita nascente» e della
inviolabilità degli embrioni. Basti pensare alle prime uscite pubbliche
dei due neo governatori
leghisti – Cota a Zaia – sul tema della Ru486. Se la vita nascente è così
importante e da proteggere
anche contro chi non vuole darle corso diventandone madre, la vita nata, nella
persona dei bambini
che ci stanno davanti, dovrebbe avere almeno altrettanto rispetto e protezione
pubblica. Proprio
questo scarto rivela tutta l'ipocrisia e irresponsabilità di molti cosiddetti
difensori della vita.
Altrettanto stridente è il contrasto tra questo disprezzo dei diritti – in
questo caso alimentari - dei
bambini e l'accanimento con cui la lega e il governo di cui fa parte hanno
cercato di imporre a tutti i
costi l'alimentazione forzata del povero corpo di Eluana Englaro. E oggi
vogliono approvare una
legge che la imponga al di là delle volontà dei singoli. Per coerenza, ci si
aspetterebbe che questo
governo si precipitasse ad approvare con urgenza un decreto che dicesse che i
bambini vanno nutriti
a prescindere. Ma se lo facesse dovrebbe allargare il raggio di intervento e di
responsabilità: al di là
delle mense scolastiche, dovrebbe occuparsi della povertà, che è particolarmente
concentrata nelle
famiglie in cui ci sono due o più figli minori.
Chiara Saraceno la Repubblica 9 aprile 2010