La guerra feroce dei maschi sconfitti
Ieri a Milano l’ennesimo omicidio di una donna. Era davanti all’asilo nido
col suo bambino di due anni in braccio. L’ex marito l’ha uccisa a coltellate.
Erano separati da quattro mesi
Ieri. Un asilo nido come gli altri, a Milano est, un’ora solita della mattina,
le 8 e 40. Una mamma che porta il figlio di due anni in braccio in mezzo a tante
altre mamme. Un cortile prima dell'ingresso pieno di bambini. Lo scenario
semplice delle chiacchiere e dei saluti, manine che si agitano, sorrisi
affettuosi. Il mondo dell'infanzia viene profanato all’improvviso da un padre,
pregiudicato sì, ma sempre padre. È accanto alla mamma che tiene abbracciato il
figlio e contemporaneamente e fatalmente riceve una telefonata. Il padre ha con
sé un coltello da cucina. Perché? In un baleno ficca l’arma in petto alla
ex-moglie, lei barcolla, lui la colpisce quattro volte tra le urla di terrore di
chi è presente. La ammazza. Ma prima che lei crolli, una bidella riesce a
afferrare il piccolo e scappare via. Cronaca cruda di una violenza
intollerabile. Cronaca che si ripete quasi quotidianamente in un elenco
interminabile di vittime predestinate: tutte donne. Una vera e propria
guerra sanguinaria contro un sesso che ha solo una colpa: non si sottomette più,
non piega più la testa, non acconsente per dovere, pensa in autonomia, Si pensa
libero come l’altro, il maschile.
La guerra disperata degli uomini usa molte armi cruente: pugni, calci, stupri,
coltellate, pistolettate, fucilate. Passa per le grandi metropoli e i piccoli
centri di provincia, da nord a sud. È perpetrata da maschi di ogni età.
Le motivazioni di questa guerra passano da una debolezza piena di incapacità, da
una cecità, un rifiuto, una pochezza, dalla rabbia che si fa forza belluina.
La rabbia di non poter più pretendere di essere amati nei modi e nei tempi
decisi da una sola parte, la loro. E la rabbia di non poter più gestire un
matrimonio, una convivenza, i figli senza contraddittorio.
Gli uomini si sentono spodestati dalla maturazione femminile degli ultimi
quarant’anni, dalla consapevolezza e dalla voglia di parità che le donne hanno
pensato, elaborato, messo in atto tra mille fatiche ma alle quali non vogliono e
non possono più rinunciare. La chiamerei desiderio di pari dignità della
persona umana. Alla quale gli uomini non erano storicamente abituati e per la
quale in questi quarant’anni non hanno speso che pochi spiccioli.
Disinteressati, inermi o sempre più incazzati non hanno reagito con la
riflessione, ma con l’incomprensione di un processo evolutivo della
società civile nella sua interezza. Solo i più sensibili hanno
ascoltato, provato a accompagnare il mutamento che toglieva loro potere e
comando.
I molti maschi che non accettano la propria apparente sconfitta non l’hanno
tollerato. Senza altre armi dialettiche hanno cominciato a la guerra su due
fronti: il primo, appena meno violento, è la riproposizione non di un modello
casalingo retrò ma di un modello femminile puttanesco di impronta
televisiva, corroborato dal do ut des dei potenti; il secondo appartiene
a chi non ha quel potere e nessuna merce di scambio. Troppi uomini che non
accedono alla possibilità del ricatto usano la furia. Puniscono. Costringono. E,
quando vedono che non riescono più a stare al passo con le donne che dicono di
amare, le uccidono.
Valeria Viganò l’Unità 24.6.09