I crimini legati all´odio razziale e religioso sono in netto aumento in quasi
tutti i paesi europei, specialmente Russia e Ucraina. E´ una denuncia
dell´organizzazione non governativa Human Rights First ("prima di tutto i
diritti umani"), che sottolinea anche la difficoltà di monitorare compiutamente
il fenomeno a causa del silenzio dei governi nazionali, con l´eccezione lodevole
di Regno Unito, Francia e Germania. Fanno spicco, e non è certo una sorpresa, le
aggressioni omofobe e antisemite, forme basiche dell´intolleranza e della
discriminazione.
In forte aumento,
specie dopo Ground Zero, le aggressioni antislamiche.
La questione è oggetto di riflessioni e studi di ogni ordine e grado:
sociologici, antropologici, psicologici, politici. Da semplici cittadini, ognuno
con il proprio bagaglio di cognizioni e convinzioni, quello che possiamo dire,
con buona approssimazione alla verità, è che il razzismo risorgente è una vera e
propria perversione identitaria: nel caos del mondo globalizzato e migrante, nel
turbinoso mutare dei costumi, nello sgretolarsi di molte garanzie sociali, sono
molti i soggetti deboli (socialmente o anche solo culturalmente deboli) che si
abbarbicano disperatamente a un´identità (nazionale o religiosa o razziale o
politica) da brandire contro il "nemico", non importa quanto reale e quanto
fantasmatico. Un´identità-rifugio, possibilmente più solida dei bond e meno
spicciola della povera identità offerta dai consumi, entro la quale risentirsi
"noi", ritrovarsi gruppo, a qualunque costo: soprattutto quello di odiare "gli
altri", fino a picchiarli e a eliminarli, fino a bruciare un campo nomadi, o
aggredire un arabo "invasore", o diventare Eroe del Proletariato sparando ai
professori inermi, o profanare un cimitero ebraico.
Molte di queste identità di pronta presa sono vintage: ripescano nel baule
putrido delle diverse storie nazionali gli stessi maledetti scheletri (il
fascismo, l´Onore Virile, la "purezza" etnica, la fede arcaica e aggressiva "di
una volta") e li rivestono in fretta e furia, non importa con quale congruenza
con i tempi e con la realtà del mondo. Ossimori come il nazista rock, o il
neo-ariano figlio di cento immigrazioni, o l´ultrà da stadio che si sente
guerriero di una Fede, non hanno bisogno di logica. Sono cadute secche, e
rovinose, dentro lo sprofondo della paura di non esistere e non contare.
A parte l´ovvio esercizio dell´autodifesa civile (è necessario chiedere ai
governi leggi severe contro i crimini razziali, e guardia sempre alta), forse
quello che dobbiamo aggiungere è che a fronte di queste identità di odio e di
paura, scorciatoie pericolosissime per chi le imbocca e soprattutto per chi ne
subisce la violenza, quello di cui si sente la mancanza è l´antidoto:
un´identità civile europea che sia condivisa, democratica e severa, aperta con i
tolleranti e dura con gli intolleranti. Un tetto politico e culturale che offra
riparo allo sconcerto e alla povera idea di sé di tanti giovani (e tanti adulti:
ma quelli, magari, non sono più recuperabili per ragioni di età).
La difficoltà è enorme, e inesprimibile in poche righe. Enorme perché si fonda
su un´idea dell´identità, individuale e sociale, come percorso, come
acquisizione, come somma di esperienze, e non come randello da impugnare, o
spada da mulinare in faccia agli altri. Gli spacciatori di "purezza" hanno buon
gioco, il disprezzo per la complessità (e di solito per la cultura e gli
intellettuali, roba da comunisti e da ebrei) favorisce la loro propaganda,
l´istinto aiuta gli impauriti di ogni latitudine ad amare il primo demiurgo da
strapazzo, il primo capo religioso che gli conferma il monopolio della Verità,
il primo capetto da stadio o da pub che gli propone un´uniforme da amare e un
nemico da odiare.
La grande pena dei tolleranti, in questo evo, sta proprio nella coscienza dello
scarso appeal della fatica democratica, della gentilezza civile, a fronte del
proliferare delle identità belluine. Vuoi mettere un "maestro" che ti propone di
morire per Allah, o di ripulire l´umanità dalle sue scorie fino a renderla
lucente e pura come nell´Età dell´Oro, o di difendere il Verbo e le Radici con
la spada, contro i timidi e dubbiosi testimoni del rispetto, della pluralità
delle idee e delle usanze?
Così sui due piedi, in mezzo a certe tempeste, viene il dubbio che ci sia un
errore metodologico e anche caratteriale nell´opera inane di chi combatte
razzismo, fanatismo religioso, nazionalismo isterico, localismo arcaico. Se la
forza del dubbio e il fascino della complicazione sono concetti poco
entusiasmanti nel rozzo e frastornante mercato mediatico, ci sono idee e
sentimenti democratici che andrebbero sventolati come bandiere, e non solamente
rimasticati nei convegni, tra pochi dotti e mansueti. Libertà uguaglianza e
fraternità sono anche parole da strada, motori potenti, e quanto all´odio,
quello per la sopraffazione e il razzismo è stato, nella storia moderna, un
sentimento tanto basico quanto l´odio razziale. I partigiani odiavano i nazisti.
Gli uomini liberi odiano i fanatici religiosi. E pour cause…
Colpisce sempre con quanta spensieratezza e quanta facilità, da qualche anno in
qua, i rozzi leader dell´intolleranza sparano le loro nefandezze e le loro
scempiaggini, stadi pieni di razzismo, giornali che rigurgitano pregiudizio e
disprezzo, cattivi preti che disfano il cammino di accoglienza e di dialogo di
quelli buoni e generosi. Sia meno afasica, meno ritegnosa e perfino più allegra
e disinvolta la risposta degli umili e dei democratici. Se non sarà proprio
l´amore, come azzarda Veltroni, a salvare la Polis, può essere il rispetto per
gli uomini e le donne, sentimento meno reboante ma amatissimo dagli europei
civili, ad armare lo spirito e i comportamenti contro l´ondata razzista, omofoba
e xenofoba che strozza l´Europa. Ad alta voce, però. Ad alta voce e a testa
alta, specie quando piovono le randellate.