La gerarchia e il male oscuro della chiesa italiana

Ossessionata dall'arginare la laicità della storia, la Chiesa non si è curata della vittoria del ‘paganesimo'. Ecco dunque il tracollo umano-spirituale di una società e l'atteggiamento granitico di una gerarchia impermeabile al travaglio e ai segni dei tempi. Ecco una Chiesa "presente in ogni angolo della nazione" e la stessa nazione attraversata da "corruzione, illegalità e abusi, che s'innestano su un male antico che oggi ha preso il nome di berlusconismo fatto di assenza di autentica solidarietà sociale – nome moderno di una carità cristiana che non si riduca a occasionale assistenzialismo – e di senso dello Stato – nome moderno dell'antico date a Cesare – sostanza della democrazia non ridotta a liturgie elettorali". Ma perché mai "un paese a stragrande maggioranza cattolico non produce una società animata da sentimenti cristiani"? Un ragionamento sui mali della Chiesa italiana nella riflessione di Marcello Vigli, tra i fondatori delle Comunità ecclesiali di base, impegnato sui temi della laicità e in associazioni come "Scuola e Costituzione" e "Per la Scuola della Repubblica".

 Il travaglio di una storia, la fissità della gerarchia

"La scelta del tema ‘Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo' è stata il punto di arrivo di un'intensa e partecipata riflessione di tutto l'Episcopato italiano", si legge in una presentazione del Convegno firmata da Dionigi Card. Tettamanzi Presidente del Comitato preparatorio.

Scelto dai vescovi, il titolo del convegno intende far convergere quattro fondamentali elementi tra i quali "l'impegno dei fedeli cristiani, in particolare dei laici, per essere testimoni credibili del Risorto attraverso una vita rinnovata e capace di cambiare la storia". Non è una novità che sia la gerarchia a decidere il tema e gli obiettivi di un Incontro convocato per far discutere sull' "esercizio della testimonianza come discernimento e come ricerca di presenza significativa dei cristiani laici che sanno mettere a fuoco le situazioni oggi più rilevanti per la vita delle persone". Era stato così anche nei tre convegni precedenti: Roma 1976, Loreto 1985, Palermo 1995.

In verità non è sempre stato così.

Il rilancio della presenza attiva dei laici nella Chiesa italiana, che non essendo stata attraversata dal vento della Riforma era rimasta "clericale" fino al XIX secolo, nasce proprio dai Congressi autoconvocati dell'Opera dei Congressi per tutta la seconda metà dell'Ottocento fino a quando all'inizio del nuovo secolo Pio X appena eletto non sciolse l'Opera. La santa Sede era stata travolta dall'avanzata del liberalismo in Europa, dal processo di unificazione italiana, e dall'occupazione di quella Roma che aveva da sempre considerato la sua Santa Sede. Furono proprio i laici che, pur rompendo con la tradizione dei loro fratelli maggiori pronti a dialogare con il mondo nuovo che stava nascendo, aprirono la strada per uscire dalla marginalità nella quale il papa aveva condannato la Chiesa con il Sillabo, le cannonate di Porta Pia e il non- expedit.

Il loro tentativo di costruire un'i-dentità per la Chiesa italiana fu travolto dalla dura repressione antimodernista scatenata dalla Curia con metodi inquisitori e vessatori contro quanti teologi, letterati, politici, semplici preti e fedeli avevano scelto la via del dialogo con il mondo e la sua cultura. Ne fu travolta la prima Democrazia cristiana inventata da Murri, perse la sua autonomia l'Azione Cattolica diventando "collaboratrice della gerarchia", e fu anche troncato il tentativo di Ernesto Buonaiuti di portare la teologia a fare i conti con la storia.

A tal proposito sarebbe certo un grande segno di svolta se a Verona si levasse qualche voce per ricordare l'anniversario della sua morte, che solo pochi, tra i quali Noi Siamo Chiesa, hanno ricordato.

"Gli eventi di quel primo scorcio d'inizio secolo, fin quando non si allentò la tensione antimodernista con l'avvento di Benedetto XV, hanno segnato la Chiesa italiana che vide confermata la sua subalternità alla Curia romana - ancor oggi è la sola che non elegge il Presidente della sua Conferenza episcopale che resta appannaggio del papa – e, al suo interno, la preminenza della gerarchia sul laicato.

La volontà della Santa Sede di chiudere con vantaggio la Questione romana l'ha coinvolta nell'avventura fascista, la scelta di Pio XII di accettare la delega degli Usa a preservare l'Italia nell'area atlantica l'ha proposta come campione contro il comunismo. Solo la fermezza di laici come De Gasperi decisi a restare all'interno del fronte antifascista nonostante la presenza del più forte partito comunista dell'occidente, impedirono che a gestire questo connubio non fosse chiamato Luigi Gedda e il suo portavoce di allora Gianni Baget Bozzo.

Neppure la fine della guerra fredda e il Concilio Vaticano II hanno modificato l'atteggiamento della gerarchia italiana: sconfitta nei lavori conciliari e sconfessata nei referendum contro l'introduzione del divorzio e la legge sull'interruzione della gravidanza è passata indenne attraverso la sconfessione del cardinale Lercaro, l'esplosione del dissenso, l'abbandono di centinaia di preti.

A confermarla nel suo orientamento è intervenuto, in coincidenza con la profonda crisi del "partito cattolico", il mandato di papa Woytjla, appena eletto, a gestire in proprio il rapporto con le pubbliche istituzioni.

L'esercizio di questo mandato è stato favorito da due circostanze: la "scesa in campo" di Camillo Ruini con la sua intraprendenza decisionistica e l'esigenza di Bettino Craxi di garantirsi l'appoggio vaticano offrendo una vantaggiosissima revisione dl Concordato.

È questo che ha dato forza all'interventismo della Cei garantendole le risorse necessarie per le sue iniziative e una forza di pressione economica nei confronti dell'associazionismo e dei mezzi d'informazione "cattolici".

 Il male oscuro della Chiesa italiana

Forse a Verona si dovrebbe cominciare a riflettere su questa separatezza e questo strapotere della gerarchia per individuare una strategia che consenta all'intera Comunità ecclesiale di diventare testimone di Gesù risorto e segno di speranza almeno per la società italiana prima che per il mondo.

Ci deve essere un male oscuro nella Chiesa italiana se la sua vitalità fatta delle innumerevoli e benemerite attività, iniziative, gruppi, comunità, associazioni non produce buoni frutti. Di esse siamo in molti ad avere esperienza diretta ma ne è testimone un libro pubblicizzato dallo stesso sito della Cei che riferisce di un itinerario attraverso le regioni ecclesiastiche italiane dal quale emerge un mosaico di una Chiesa ricca, variegata e bella, presente in ogni angolo della nazione.

Eppure questa nazione è attraversata da conflitti e tensioni, delitti e corruzione, illegalità e abusi, che s'innestano su un male antico che oggi ha preso il nome di berlusconismo fatto di assenza di autentica solidarietà sociale – nome moderno di una carità cristiana che non si riduca a occasionale assistenzialismo – e di senso dello Stato – nome moderno dell'antico date a Cesare – sostanza della democrazia non ridotta a liturgie elettorali.

Perché un paese a stragrande maggioranza cattolico non produce una società animata da sentimenti cristiani? Su questo interrogativo dovrebbe misurarsi l'incontro di Verona per non ridursi ad una passerella per protagonisti del "Progetto culturale" o peggio palcoscenico per presentare gli esiti delle manovre per la successione a Ruini e "quadrato" per gli ultimi scontri.

L'attenta e severa selezione dei partecipanti scelti dalle diocesi e la normalizzazione imposta alle associazioni non allineate nell'autunno del 2004 dal Presidente della Cei non lasciano ben sperare che dai laici invitati si levi una voce profetica.

Né c'è speranza che emerga dalle centinaia di teologi e dagli oltre duecento vescovi: Rosmini e Dossetti, Suhard e Lercaro non hanno lasciato eredi.

 

Marcello Vigli    Gruppo Controinformazione ecclesiale Roma          dossier di Adista