La fiducia (in calo) dei cattolici nella Chiesa

Quale il livello di religiosità dei cattolici italiani? Quale il loro rapporto con la politica dopo la fine
della Democrazia Cristiana? Ce lo chiediamo spesso e le risposte non sono facili. Ci può aiutare
l’esperto di statistica Nando Pagnoncelli nel suo «Le opinioni degli italiani non sono un’opinione»
(La Scuola Editrice). È vero che i numeri non dicono tutto, ma, per lo meno, aprono porte di stanze
anche misteriose.
Pagnoncelli dedica tutto un ultimo capitolo del suo studio ai cattolici, a cominciare dalla loro
fiducia nella Chiesa. Quasi la metà ha molta fiducia, ma il 34% ne ha ben poca. Fiducia
decisamente in calo (caso Welby, Englaro…).
L’85% degli italiani si definisce cattolico, ma soltanto uno su tre ha una pratica religiosa assidua
(frequenza settimanale alla messa). Chi va alla messa regolarmente nelle ultime elezioni ha preferito
il centrodestra (51%, contro il 32 del centrosinistra). Le motivazioni di voto dei cattolici sono quelle
del complesso degli elettori; le questioni etiche (aborto, ecc.) sono per loro, come per tutti,
assolutamente marginali in politica. Soltanto il 18% dei cattolici invoca il sorgere di una istanza
politica decisamente cattolica. Si noti che soltanto una metà dei cattolici praticanti ritiene vincolanti
le indicazioni del magistero su temi etici, sociali e politici. In realtà «me la vedo io con il Signore»:
così la pensano sei italiani su dieci.
La maggioranza non condivide la posizione del magistero sugli
anticoncezionali, sull’omosessualità, sul divorzio, sul sacerdozio femminile, sul celibato dei preti,
ecc.
Le cifre delle statistiche sono certamente discutibili, ma è innegabile che all’interno della chiesa si
stia diffondendo un certo dissenso, proprio fra i cattolici più convinti.

Filippo Gentiloni    il manifesto 1 novembre 2009