La
dittatura della parola
Intervista allo scrittore Antonio Tabucchi, autore di "sostiene Pereira".
«La censura contro Vauro, le pressioni su Santoro sono fatte da chi pensa di possedere il monopolio della parola. Per cui tutti gli altri non possono parlare. Servirebbe una sollevazione pubblica, portare il caso in Europa, occupare la Rai»
Antonio Tabucchi è un vecchio amico del manifesto, lo raggiungiamo in
Portogallo, che è una sua seconda (o prima) patria e gli chiediamo di scrivere
un commento a ciò che accade in Italia. Tabucchi non è di buon umore e rifiuta
in assoluto di scrivere per i giornali, anche per il manifesto, ma parla.
Volevamo chiederti un articolo sulla
situazione italiana...
Sulla situazione della stampa e della censura in atto, vuoi dire?
Sì, della censura in atto, con quello
che è successo con Annozero
Io ti risponderei così. Alcuni anni fa - nel 2002 - scrissi un articolo che
per altro è stato poi ristampato nel mio libro «L'oca al passo, notizie dal buio
che stiamo attraversando», per Feltrinelli. Il titolo dell'articolo è «Il
silenzio è d'oro», e comincia così: «Ci sono varie forme di dittatura in Italia
è in atto una dittatura della parola».
Cosa vuol dire dittatura della parola?
Che non ci fanno parlare?
Continuo... «Perché la parola è d'oro e la possiede una sola persona un uomo
politico che è contemporaneamente capo di un governo e il padrone di quasi tutti
i media che trasportano la parola». Quindi questa è una dittatura della
parola nel senso, che quel signore lì' può dire quello che gli pare, voi
no, voi non potete. Perché non scrivo un articolo? Perché l'ho già scritto tanto
tempo fa, non sono un giornalista
Repetita juvant
No, io non sono un giornalista e la cosa riguarda voi giornalisti.
Ma noi giornalisti, per ersempio «il
manifesto», continua a scrivere e a pubblicare contro Berlusconi
Ma non è contro Berlusconi quello che dovete fare. Questo succede alla Rai,
perciò io se mai vi dico cosa potreste fare voi giornalisti, perché quelli che
lavorno in Rai sono giornalisti, mi pare. Io mi ricordo che quando Berlusconi
fece l'editto bulgaro non ci fu nessun giornalista che entrò dentro la Rai e si
sedette per terra. Lasciarono licenziare Santoro, Biagi e Luttazzi
tranquillamente. Perché non ci siete andati dentro la Rai e vi siete seduti
tutti dentro? Forse non li licenziavano. Il problema è vostro perché, ripeto, io
non sono un giornalista.
Il problema è anche tuo in quanto
cittadino italiano...
Io sono uno scrittore, scrivo i libri e i miei libri per ora non li censura
nessuno, ho smesso di scrivere sui giornali perché i vostri giornali, tutti
quanti, sono sotto controllo.
Il nostro giornale non è sotto
controllo, il manifesto non è sotto controllo.
Va bene, ma restiamo ai fatti. Io credo che se la cosiddetta commissione di
vigilanza della Rai non ha gli estremi per una denuncia di diffamazione nei
confronti della trasmissione di Santoro il mio consiglio, quello che vi posso
dire, è che la Federazione della Stampa denunci alla magistratura la commissione
di vigilanza Rai. Denunciate. Il motivo ve lo trovano gli avvocati. Portate
tutta quella gente di fronte a un tribunale. Secondo suggerimento. Fate chiedere
alla Federazione della stampa italiana un'udienza urgente alla Commissione
europea. Si convoca apposta per un fatto del genere, e portate le vostre prove:
la registrazione del programma e i vostri testimoni. La cosiddetta Commissione
di vigilanza, venga a spiegare perché in Italia c'è la censura. Fra l'altro -
aggiungo - date la possibilità della Commissione europea di esprimersi su un
argomento finalmente importante, questo consentirà alle istituzioni europee di
avere un po' più di credibilità. Perché avrete notato che la credibilità delle
istituzioni europee non è mai stata così bassa. Si prevede un assenteismo enorme
alle prossime elezioni e, secondo il sondaggio dell'Eurobarometro, il 51% di
europei non crede più nelle istituzioni. Con una certa ragione, perché questi
burocrati sembra abbiano dimenticato i principi dei padri fondatori, mi
riferisco ad Altiero Spinelli, a De Gasperi e Adenauer. Ecco, date anche la
possibilità di fare un gesto nobile, di occuparsi di qualcosa di importante.
Insomma il tuo suggerimento è di
portare la questione in Europa.
Uscire dall'Italia, se non portate fuori dall'Italia autarchica questo
problema nessuno se ne occuperà.
Nel contempo però, come giornale - e io
parlo del «manifesto», giornale indipendente - dobbiamo continuare a scrivere.
Va bene, ma nel frattempo potreste anche - e questo mi sembra sia un fatto
democratico se non c'è violenza - organizzare un bel sit-in alla Rai. Tutti i
giornalisti che vogliono venire, la Federazione della stampa, i direttori di
giornali, tutti i giornali che non sono di Berlusconi, chiamate anche il nuovo
direttore del Corriere che ha fatto un bel discorso teorico. Venendo potrà dire
qualcosa su chi ha accusato il programma di Santoro di «abuso di libertà».
Ripeto, costui è liberissimo di dire ciò che vuole, ma bisognerebbe fargli
notare che la frase «abuso di libertà» potrebbe essere considerata a sua volta
un abuso di libertà se venisse un altro regime e che questo è pericoloso anche
per le sciocchezze in libertà che dice. Inoltre - perché c'è molta ignoranza in
giro - non farebbe male ricordare alle persone che in uno dei suoi proclami
Francisco Franco quando fece il golpe di stato militare disse che l'esercito non
poteva più tollerare l'abuso che la repubblica spagnola faceva della democrazia.
E quando la democrazia abusa va ricondotta all'ordine. Bene, benissimo.
Io credo che se voi fate un sit-in alla Rai e invitate le televisioni straniere
secondo me la faccenda inizia a uscire un po' fuori dalla piccola Italia
autarchica e l'Europa forse comincia veramente a preoccuparsi della situazione.
Questo è quello che io consiglio di fare.
Voglio aggiungere che la loro strategia è intimidire. Ne approfitto per farti
sapere - così lo sanno anche gli italiani - che in questo momento io mi debbo
occupare di un processo per difendermi in tribunale dal senatore Schifani, che
mi ha mandato una comunicazione giudiziaria chiedendo un risarcimento per danni
alla sua immagine di 1 milione e 200 o trecentomila euro; il 7 di maggio al
tribunale di Pisa. Però il senatore Schifani non ha citato in giudizio anche il
giornale su cui l'ho scritto, che è l'Unità, perché così colpisce un individuo,
debole, e lo intimidisce, isolato come sono io perché sono un libero pensatore e
per lui è più facile. Non coinvolge politicamente la faccenda. Anzi, approfitto
per dirti che voi giornalisti - ammesso che la cosa interessi - potreste venire
ad assistere al dibattimento.
Valentino Parlato Il manifesto 18 /04/ 09