La discrezione
strappata
Acque agitate in Vaticano. Fughe di notizie, critiche, contraddizioni,
rimproveri. Un'agitazione
insolita, in palazzi come quelli vaticani, abituati alla calma e anche alla
discrezione. Il papa stesso
critica e è criticato. Gli argomenti del contendere sono noti a tutti, meno
noti, invece, i motivi che
hanno determinato questa situazione anomala. Tutto è iniziato, sembra, da una
mossa del papa che
doveva rappresentare un gesto di calma serenità, il ritiro della scomunica ai
vescovi lefebvriani. In
Vaticano non ne avevano calcolato le conseguenze e forse non sapevano di quanta
rigida ostilità
qualcuno dei vescovi fosse capace. Sono poi seguite altre «gaffes», come la
nomina di un vescovo
austriaco ultraconservatore, un'infelice mossa dei vescovi brasiliani, ecc.
Sulla stampa di tutto il
mondo il Vaticano come centro di una situazione imbarazzante. Motivi, più o meno
tutti, di carattere
interno alla stessa chiesa. Le critiche, anche forti, non hanno toccato quegli
aspetti molto discussi
che si poteva prevedere che fossero al centro dell'attenzione, come
l'opposizione alla vicenda
Englaro e al testamento biologico. Le critiche principali, invece, hanno
riguardato proprio il
governo della chiesa. E ancora una volta il Concilio. I motivi non sono
difficili da individuare. Se
ne possono individuare almeno due. Il primo riguarda la grande abbondanza dei
mass media. I
vertici vaticani sono rimasti spiazzati, nonostante la loro proverbiale abilità.
I mass media di tutto il
mondo sfuggono ai controlli anche più accorti e accurati. Tutte le autorità
ormai ne fanno le spese,
anche quelle religiose, anche quella romana. Il secondo motivo lo potremmo
indicare come un
eccessivo centralismo. Troppo papa, per così dire. Roma ha
accentrato tutto il cattolicesimo, che
dovrebbe parlare con una voce sola, quella, oggi, di papa Ratzinger. Un
centralismo difficile a
mantenersi e pericoloso. Un papa meno accentratore sarebbe, con
probabilità, meno soggetto alle
critiche e meno costretto alle autodifese. Roma ha voluto salvaguardare a tutti
i costi l'unità - il caso
dei lefebvriani lo conferma - ma talvolta senza riuscirvi. Il mondo delle chiese
protestanti insegna.
Non è più il tempo - se mai lo è stato - di un'assoluta uniformità: è il tempo
di un certo pluralismo,
della ricchezza dell'interpretazione. L'amara vicenda di questi giorni può
rappresentare un'utile
lezione per il futuro.
Filippo Gentiloni il manifesto 15 marzo 2009