La discesa in campo di Camillo Ruini
Vaticano. “La Chiesa non si schiera”, dichiara il presidente della Cei, davanti ai vescovi riuniti per il Consiglio episcopale. Ma poi non disdegna ''sottili'' indicazioni di voto

   Si rischia di essere ripetitivi commentando l’ennesima prolusione del cardinal Camillo Ruini di fronte ai vescovi italiani. Oltre quattro mesi fa, dalle pagine di questo giornale, scrivemmo che la Chiesa sta lentamente trasformandosi “in una imponente, massiccia macchina politica, stabilmente intromessa nel dibattito politico, onnivora e ricattatoria con il suo irrompere nel gioco della democrazia senza accettarne le regole”. Non si può che confermare questa analisi, leggendo quanto dichiarato ieri dal capo dei vescovi italiani davanti al Consiglio permanente della Cei.
La preoccupazione principale, come sempre, è la famiglia: “Rispetto della vita umana dal concepimento al suo termine naturale” e “sostegno concreto alla famiglia legittima fondata sul matrimonio” evitando “di introdurre normative che ne comprometterebbero gravemente il valore e la funzione”. Questi i diktat ruiniani, precise indicazioni che devono servire, lo dice lui stesso, come “criterio di orientamento in rapporto ai programmi delle diverse forze politiche”. E’ chiaro, fuori da ogni ipocrisia: chi è contrario a ogni tipo di allargamento dei diritti alle coppie non sposate, cioè il centrodestra, è votabile. Chi vuole introdurre queste forme di allargamento, ormai tradotte nel linguaggio comune con l’orrendo acronimo di Pacs (cioè il centrosinistra, o meglio parti del centrosinistra) sarebbe meglio non votarlo. Qualcuno può contestare questa lettura delle frasi lapidarie di Ruini? E allora perché l’ineffabile cardinale ribadisce che la Chiesa “non fa alcuna scelta di schieramento politico e di partito”?
Tanto più che quando la sua analisi, che come da prassi è a tutto campo, sfiora temi più “scomodi” per il Polo, dall’economia alle vignette sull’Islam, Ruini si fa ben più blando, limitandosi nel primo caso a auspicare “un impegno forte e condiviso” per la ripresa, e nel secondo a deplorare le azioni “di chi approfitta deliberatamente” delle vignette “per fomentare atti violenti”. Ma si può votare chi ha condotto l’economia italiana nel baratro, o in prima serata ha fatto sfoggio di vignette offensive anti-islam che hanno causato 11 morti? Questo l’improvvisamente prudente Ruini non lo dice.

Insomma, i tanti cattolici che in buona fede seguono le indicazioni ruiniane si mettano il cuore in pace: siamo di fronte a una grande ipocrisia, a una scelta di campo evidente eppure curialmente sottaciuta, a una gigantesca ingerenza nel campo del dibattito laico sui temi politici di uno stato laico. Qui sta, a nostro giudizio, il corto circuito di chi “irrompe nel gioco della democrazia senza accettarne le regole”. La Curia ha scelto ma pretende di essere ecumenica, e ha scelto sulla base di dogmi rispettabilissimi, ma che non possono certo trasformarsi in leggi (o vogliamo anche vietare per legge, ad esempio, la vendita di carne il venerdì?). E soprattutto, non accetta il contraddittorio, per il semplice fatto che, malgrado le fasulle professioni di democraticità, la Chiesa ritiene di possedere lei sola la Verità. Ora, siccome in Italia esistono svariati partiti apertamente cattolici (Margherita, Udeur, Udc, Nuova Dc ecc.) che si sommano a chi cavalca strumentalmente le esternazioni ruiniane (Forza Italia, ma da alcuni anni anche gli ex-fascisti di An, dimentichi del verace anticlericalismo del loro padre spirituale), va da sé che i voti in gioco sono tanti, e che la capacità ricattatoria del Vaticano sale esponenzialmente. Il che mette in imbarazzo tanti cattolici, tanti parroci, tanti fedeli che sono convinti (e basta leggere i Vangeli per questo) che la fede cristiana debba improntare la vita dell’individuo, non le leggi di una società. In altre parole, secondo molti di questi cattolici “del dissenso” (tra cui l’associazione “Noi siamo Chiesa”, che ha duramente condannato le parole di Ruini) è meglio essere cristiani a casa propria e laici in politica, che laici a casa propria (vedi i tanti leader cattolici in flagrante “adulterio”, a partire da Casini) e strumentalmente cattolici nella vita pubblica. E infine: si difende il sacrosanto diritto di Ruini di dire la propria. Ci mancherebbe. Però scenda dal pulpito, e accetti l’invito, per una volta davvero tempestivo e appropriato, di Piero Fassino per un confronto civile e “laico” sui temi in gioco, che toccano la vita privata di milioni di persone.

  

Paolo Giorgi           AprileOnLine   - n.126 del 21/03/2006