La debolezza della ragione di papa Ratzinger
I discorsi del papa nel corso del recente viaggio in
Austria permettono una conoscenza approfondita del suo pensiero che, d'altronde,
si era andato precisando di giorno in giorno nel corso dei primi tempi del
pontificato. Un pensiero che, man mano che si va precisando, si distacca da
quello dei predecessori.
Si può prendere come punto di partenza il giudizio sul mondo moderno e la sua
cultura. Un giudizio il cui centro geografico - e polemico - è nettamente la
nostra Europa.
Il giudizio è decisamente negativo: il mondo moderno è - sarebbe - nettamente
dominato dal relativismo: sconfitta la verità e, con la verità, la possibilità
di una affermazione del cristianesimo. Come appare lontano il famoso giudizio di
papa Giovanni che condannava i molti «profeti di sciagure»!
Colpevole, nella condanna di Ratzinger, anche la scienza che avrebbe posto in
cattedra il relativismo: «Una minaccia la scienza senza Dio». Vittima principale
la famiglia: lo dimostra la crisi del matrimonio e soprattutto la diffusione
dell'aborto. Una deriva alla quale hanno ceduto anche alcuni settori del
cristianesimo e perfino del cattolicesimo che, evidentemente, vanno condannati e
repressi. Anche se questo atteggiamento comporta il rischio di un ritorno al
passato preconciliare (Lefevriani e messa in latino). La verità sopra tutto e
prima di tutto, senza cedimenti.
L'ecumenismo non viene condannato ma certamente ridimensionato, come ha
dimostrato il recente documento sulla chiesa romana come unica vera di Cristo.
Un omaggio alla presunta verità che ha suscitato discussioni e amarezze.
Il papa vuole sostenere le sue argomentazioni in quanto sorrette non soltanto
dalla fede cristiana ma anche dalla ragione. Papa Ratzinger la invoca anche più
di quanto non invochi la Bibbia, probabilmente convinto che sulla base della
ragione la sua verità possa arrivare ben al di là dei confini del cristianesimo.
Ma proprio qui appare la sua debolezza. Non si può parlare al giorno d'oggi di
una ragione universale, accettata da tutti: lo dimostrano non soltanto le altre
culture, dall'islam alla Cina, ma anche le opposizioni molto forti nello stesso
ambito della cultura cristiana europea.
Perciò la pretesa universalistica del discorso di Benedetto XVI appare datata e
i suoi appelli in parte inutili in parte contraddittori.
Come quelli di giorni fa nel grande raduno dei giovani a Loreto. Il papa ha
insistito contro la cultura del denaro, dell'apparenza, della pubblicità, dei
mass media. Ma allo stesso tempo se ne doveva servire, come, d'altronde, la
chiesa fa sempre di più. Un mondo di cui la chiesa non può fare a meno, anche se
in teoria lo condanna.
Una contraddizione che la «evangelizzazione» dovrà affrontare in qualche modo.
Non sarà facile. Non sembra che il «magistero» abbia intenzione di affrontare la
questione del difficile rapporto fra la «parola» e i mass media che la veicolano
ma rischiano di falsarla.
Filippo Gentiloni Il manifesto 11/09/07