La crisi dei grandi
racconti
Tutto fa pensare che il
relativismo sarà il principale avversario del cattolicesimo targato Ratzinger.
Anche se i primi atti del nuovo pontefice sono stati all'insegna e della
moderazione e della continuità con Giovanni Paolo II, non è né logico né
prevedibile che Benedetto XVI sia diverso dal cardinale Ratzinger. A escluderlo
è anche la forza della sua personalità e del suo pensiero teologico. Il
relativismo, d'altronde, è un antico e classico avversario, anche se per qualche
tempo l'ateismo - comunista e non - lo aveva fatto dimenticare. Il
cristianesimo, soprattutto nella versione cattolica, si è sempre affermato come
dottrina sicura, verità certa e indiscutibile perché «rivelata» e anche
assolutamente confermata dalla ragione. Ragione e fede, dunque, unite nella
difesa dell'uomo, della società, della famiglia, del matrimonio e così via. Un
accordo che ha funzionato - si fa per dire - fino a ieri.
A metterlo in crisi è la cultura moderna, con le sue
incertezze e con la sua globalizzazione. Una crisi che aveva avuto inizio già
con le grandi scoperte geografiche: gli uomini non ragionavano tutti allo stesso
modo. Basti pensare al matrimonio e a tutte le questioni etiche, soprattutto
sessuali. Nell'ultimo secolo, poi, ad aumentare l'area del dubbio è venuta la
cultura dell'interpretazione: la verità non è più «assoluta», universale,
indiscutibile: la parola del Vaticano non è più - se mai lo è stata - per tutti,
ma soltanto per i «credenti». Un relativismo che colpisce le pretese di
assolutismo del cristianesimo, soprattutto nelle versioni cattolica e ortodossa.
Il protestantesimo è più moderno, più attrezzato a una verità che discute, che
dialoga, che si presenta in cammino.
Contro questo relativismo è logico che il
cattolicesimo di Ratzinger combatta le sue battaglie. Anche perché non gli
mancano alleati «laici», tutti più o meno colpiti dalle loro crisi. I «grandi
racconti» laici - dal liberalismo al socialismo - sembrano tutti in crisi. Il
momento sembra buono per affermare il «grande racconto» cattolico, con le sue
risposte tutte sicure e tutte confermate dalla ragione. L'uomo di Altan lo
deride sull'Espresso : «Per fortuna ho una solida ancora cristiana, sennò
andrei alla deriva chissà dove».
A questo punto due interrogativi si impongono. Il
primo: funzionerà veramente questa «ancora» cristiana? Le vicende degli ultimi
secoli nei paesi anche a maggioranza cristiana sono di segno incerto. Non sembra
che il fallimento dei grandi «racconti» laici sia sempre stato positivo per
l'umanità. Ma poi, questa «ancora» cristiana rappresenta veramente la verità del
cristianesimo? Questa sua funzione «sociale» sarebbe un inveramento o un
tradimento del messaggio di un fondatore crocefisso? Se ne può, per lo meno,
dubitare.
FILIPPO GENTILONI Il manifesto 17/07/05