La chiesa tra media
e fede
Mai come in questi giorni le autorità cattoliche sono state presenti nei mass
media : titoli dei libri e
soprattutto dei giornali. Fra l'altro l'opposizione alla carta delle Nazioni
unite sui diritti dei disabili e
il no alla depenalizzazione della omosessualità proposta dalla Francia. Ultima
la polemica sui tagli
statali alle scuola cattoliche. Per non parlare, poi, del caso Englaro e del
testamento biologico, della
polemica sul Crocefisso in Spagna, eccetera. Se il Vaticano teme
soprattutto l'invisibilità e la
riduzione a una morale soltanto privata, bisognerebbe parlare di un successo. Ma
si tratta veramente
di un successo, misurabile non dai mass media ma dal messaggio evangelico? Se ne
può dubitare e
è giusto discuterne. L'altra faccia della medaglia è, forse, meno
vistosa ma non meno preoccupante:
crisi dei matrimoni in chiesa, crisi delle vocazioni sacerdotali e religiose,
diminuzione costante della
frequenza alla messa e così via. Segnali, dunque, contrastanti. Rivelatori,
comunque, di una
tendenza dei vertici cattolici di questi anni, nonostante il Concilio.
L'insistenza è soprattutto sulla
morale sessuale e familiare: il cattolicesimo paladino di un tipo classico di
famiglia che sarebbe
«naturale», valida cioè per tutti i tempi e tutti i paesi e le civiltà.
Un codice che, secondo Roma,
esige l'appoggio degli stati e dei governi, ai quali Roma, da parte sua, offre
il suo appoggio. Si
cammina decisamente verso una «religione civile» forte di un abbraccio fra stato
e chiesa
(cattolica). Roma si assicurerebbe, così, quella pubblicità e visibilità a cui
tiene soprattutto. Che il
peccato sia anche reato. Ma molti interrogativi si aprono. Fra gli altri quelli
sul rapporto con le altre
religioni, soprattutto l'islam. E Obama sarà d'accordo? E soprattutto come
conciliare questa
tendenza alla «civil religion» con le pagine del vangelo?
Filippo Gentiloni il
manifesto 7 dicembre 2008