La
Chiesa punta all'Europa
E' l'Unione Europea in
versione cattolica, l'osservatorio privilegiato dei vescovi europei per valutare
le politiche della Ue. La Comece, che due giorni fa si è pronunciata contro il
finanziamento dell'Unione alla ricerca sulle cellule staminali embrionali, è la
«Commissione degli episcopati delle Comunità europee», ovvero un organo di
coordinamento formato dai delegati delle singole conferenze episcopali dei paesi
della Ue. Sin dall'inizio la chiesa cattolica ha guardato con estremo interesse
il processo di unificazione dell'Europa, le dinamiche e il quadro che si andava
delineando. Offrendo, fondamentalmente, un appoggio morale e ideale al processo
di unificazione, nato sulla spinta di aneliti di pace e grazie al contributo di
uomini come De Gasperi e Schuman, che non hanno mai fatto mistero della loro
fede cristiana.
Nel tempo, mentre la comunità europea si evolveva, i
vescovi europei hanno avvertito l'esigenza di istituire un osservatorio
permanente per non lasciare che il processo di unificazione emarginasse i
contenuti cari alla chiesa, i valori cristiani, ritenuti un necessario collante
per la nuova Europa. Così grazie all'impulso decisivo della Santa sede, e in
particolare alla visione europeistica di Giovanni Paolo II, nel 1980 è nata la
Comece, che ha istituito un ufficio a Bruxelles ed è diventata da allora un vero
e proprio «grande fratello», un occhio permanente con cui i vescovi tengono
sotto controllo le mosse della Ue. Approvando o bacchettando, se necessario.
Nel caso della ricerca sulle staminali embrionali, il «no»
secco era prevedibile. In linea con le prese di posizione del papa, sempre
presente nell'assemblea attraverso un suo rappresentante (un nunzio apostolico)
che partecipa di diritto alle riunioni della Comece. Oggi la commissione,
composta attualmente dai vescovi delegati di 21 paesi, vede ai suoi vertici la
presenza di una triade di «duri e puri» come il salesiano Adrianus van Luyn,
vescovo di Rotterdam, che ne è presidente; l'irlandese Diarmuid Martin di
Dublino, già segretario del dicastero vaticano «Giustizia e pace»; il polacco
Piotr Jarecki, vescovo ausiliare di Varsavia e wojtyliano di ferro. Per
l'Italia, è presente il vescovo di Lodi, Giuseppe Merisi, che ha ricordato come
sui programmi di ricerca che interessano gli embrioni umani, la Comece avesse
già pubblicato lo scorso anno una dichiarazione dal titolo «Finanziamento
comunitario della ricerca ed etica». Merisi ha auspicato che a livello europeo
si attivi una più forte presenza di associazioni e movimenti pro-vita come
quello costituito in Italia dal comitato «Scienza e vita». Per questo i vescovi
contano sull'appoggio del Partito polare europeo (Ppe) che, per le sue radici e
il suo patrimonio culturale, resta per i vescovi l'interlocutore privilegiato
per portare nel dibattito degli organi legislativi dell'Unione tematiche e punti
di vista cari alla Chiesa.
Quello sul rispetto dell'embrione è ritenuto un tema
determinante, al pari della questione relativa alle «radici cristiane» nel testo
della Costituzione europea. Allora l'episcopato, ben sostenuto dalla Santa sede,
lanciò una campagna di pressione senza precedenti: e quando la redazione della
Carta fu affidata a due socialisti come Giscard d'Estaing e Giuliano Amato, o
all'atto dell'approvazione del testo (in cui il riferimento esplicito alle
radici cristiane non fu inserito) il disappunto fu grande.
Proprio sulla Comece Benedetto XVI punta fortemente per
rilanciare l'anima cristiana del vecchio continente, nel suo progetto di
ricompattare l'Occidente attorno ai valori cristiani che costituisce uno dei
binari principali del suo pontificato.
Mimmo de
Cillis,
Lettera22
Il manifesto 03/06/2006