La Chiesa e i media italiani, una stampa di regime Vaticano
Dalla «Pascendi di Dominici Gregis» di Pio X agli editti di Benedetto XVI
In nessun paese del mondo come nel nostro vengono
commemorati, celebrati, esaltati gli eventi di santa romana chiesa, posti in
gran risalto gli interventi e gli editti del Ratzinger - in media nove la
settimana, con punte di quattordici durante le sue escursioni fuori dal Vaticano
- riferite ed illustrate senza spunti critici le aggressioni della Cei allo
stato laico e le sue invadenze nella sfera legislativa della repubblica.
E in nessun paese come nel nostro l'informazione sulla realtà, i retroscena, i
contrasti dell'involuzione fondamentalista ed oscurantista di questo pontificato
è così carente, falsata ed omissiva.
L'affluenza dei papa-boys a Loreto che secondo le riprese televisive dagli
elicotteri della polizia non ha superato i 140-150 mila partecipanti, levita nei
resoconti osannati dei vaticanisti dai 200.000 a 400.000 e poi a mezzo milione;
nessun raffronto naturalmente con le oceaniche adunate del Wojtyla, nessun
commento sulla banalità degli appelli alla mobilitazione e a non aver paura
rivolti a giovani in stragrande maggioranza italiani, nessuna curiosità su cosa
mai possa intimorire dei ragazzi in un paese dove vice-primi ministri e massimi
esponenti della sinistra e della destra assumono nei confronti del Vaticano la
posizione prona dei vescovi durante la consacrazione mentre inveiscono contro
gli «attacchi» europei alla chiesa per le sue massicce evasioni ed elusioni
fiscali autorizzate ed incoraggiate dai governi della repubblica. Analoghe le
colpevoli omissioni dei resocontisti vaticani sulla visita del Ratzinger nella
cattolicissima Austria felix, tutt'altro che felice, anzi lacerata e divisa
dagli indirizzi teologici, pastorali, politici perseguiti dalla chiesa di Roma
negli ultimi quindici anni. Il dissenso che fa capo al gruppo «Noi siamo la
chiesa» ha assunto dimensioni molto estese in seguito agli scandali che hanno
sconvolto sacerdoti e fedeli negli anni Novanta, dalle rivelazioni sulle
molestie sessuali su giovani e giovanissimi perpetrate per decenni
dall'arcivescovo di Vienna, cardinale Hans Hermann Gröer, alla scoperta di
40.000 immagini pedofile in un seminario nei pressi della capitale. La
percentuale di chi si dichiara cattolico è scesa in Austria dall'88 al 74% e
decine di migliaia di fedeli hanno declinato di versare il contributo fiscale di
285 euro l'anno alla chiesa. Malgrado le pressioni delle alte gerarchie
ecclesiastiche Joseph Ratzinger si è rifiutato di incontrare pubblicamente o
privatamente i dirigenti di «Noi siamo la chiesa» ed il risultato è stato che
solo il 10% dei 200.000 cattolici viennesi ha presenziato alla messa papale
nella capitale. Tutti questi aspetti della crisi, posti in grande evidenza da
pubblicazioni quali Kirche In e da quotidiani tedeschi come Bild, sono stati
naturalmente ignorati dai vaticanisti che hanno imperversato per quattro o
cinque giorni su tutte le reti televisive italiane.
Ma l'omissione più clamorosa, una vera e propria congiura del silenzio, ha
colpito la ricorrenza centenaria di un documento fondamentale, di portata
storica, che ha determinato e continua a determinare l'involuzione
ultraconservatrice della chiesa di Roma.
Mentre i nostri mass media dedicano pagine intere e trasmissioni televisive al
decennale della beatificazione di una monaca caritatevole, dedita all'assistenza
ed alla conversione degli agonizzanti in India, alla frequentazione di celebrità
sotto gli obiettivi della Tv e a quanto pare piuttosto miscredente, non una sola
parola è stata spesa per ricordare i 100 anni dell'enciclica di Pio X «Pascendi
Dominici Gregis» che condannò alle fiamme eterne il modernismo e perseguitò i
suoi esponenti e seguaci con la stessa veemenza devastatrice della crociata
contro gli Albigesi anche se i tempi non permisero più torture, roghi ed eccidi.
Rei di voler riformare e modernizzare la chiesa liberandola dai vincoli
soffocanti del neo-scolasticismo vennero definiti, malgrado la loro scarsa
consistenza numerica, una grave minaccia, una quinta colonna di ispirazione
protestante, dei veri e propri eretici dediti alla distruzione del
cattolicesimo. La «Pascendi» istituì Consigli di vigilanza in ogni diocesi, reti
segrete di informatori sui preti che avessero rapporti sia pure fugaci con i
reprobi e per tutti i sacerdoti un prolisso giuramento contro il modernismo
rimasto in vigore fino al 1967. Chi si è chiesto perché Ratzinger abbia scelto
il nome di Benedetto XVI dovrebbe forse ricordare che fu il successore di Pio X,
Benedetto XV, a porre in atto con minore grossolanità ma con maggiore violenza
la persecuzione dei modernisti con scomuniche a pioggia, bandi dall'insegnamento
e virulente denunzie ad personam da tutti i pulpiti. Sotto i pontificati di Pio
XI e XII si arrivò ad informare la polizia del regime di presunte tendenze
antifasciste di alcuni «eretici».
La vittima più illustre in Italia fu il teologo e sacerdote Enrico Buonaiuti:
colpito da scomunica nel 1925 e ribadita più volte, gli venne tolta la cattedra
di storia del cristianesimo all'università di Roma in applicazione del
concordato e venne allontanato dall'insegnamento quando rifiutò di prestare
giuramento al regime. Quando da atei irriducibili lo incontrammo nell'immediato
dopoguerra, si dimostrò comprensivo, finemente dialettico, tutt'altro che
dottrinario ed estremamente mite. Il colpevole silenzio della stampa sul
centenario della «Pascendi Dominici Gregis» è sceso anche sulla figura di questo
grande italiano di cui l'intera nazione dovrebbe andare orgogliosa.
Lucio Manisco Il manifesto 15/09/07