La chiesa dei palazzi e le voci cancellate
Stiamo vivendo un capitolo parzialmente nuovo dell'eterna vicenda
stato-chiesa. Dall'altra sponda del Tevere una nuova aggressività, animata e
rafforzata dal timore di scomparire dalla vita pubblica e di essere ridotti al
privato (sacrestia e camera da letto). Da questa sponda, quella statale, un
certo imbarazzo, a dir poco, accompagnato da forti divisioni sul tenore della
possibile risposta.
In questo quadro in movimento, sta cambiando la struttura stessa del
cattolicesimo italiano. Non è facile indicare quali siano le direttive del
cambiamento: fra le possibili indicazioni, ne sottolineerei alcune che sembrano
già sicure. Almeno per un certo tempo.
La prima è l'accentramento. Sempre più importanti i «palazzi»: Vaticano e
presidenza della Conferenza episcopale. Il resto sembra insignificante, anche se
proprio questo resto rappresenta la forza, non soltanto numerica, del
cattolicesimo italiano. Dai bambini del catechismo e delle prime comunioni fino
ai cappellani degli ospedali. Un ricco pluralismo di esperienze e di voci che
oggi appare silenzioso. Le voci che si fanno sentire sono tutte, più o meno,
ripetitive. Grazie, anche, ai mass media che sembra che si siano sostituiti alle
varie voci, che, fino a ieri, esprimevano una certa varietà e un certo
pluralismo (si pensi al ruolo della Tv in questi giorni che precedono
l'espressione dell'otto per mille).
E' vero che il centralismo è stato sempre caratteristico della chiesa cattolica
- a differenza delle altre chiese cristiane - ma lo spazio per il pluralismo era
stato sempre mantenuto. Anche lo spazio per un certo dissenso (si veda il bel
volume, appena uscito, per le edizioni La Meridiana, di Antonio Thellung, Elogio
del dissenso). Ma oggi il centralismo si è irrigidito al punto che non esiste
più che un solo parere, quello ufficiale. Anche su questioni non strettamente
dogmatiche, come la questione del testamento biologico.
Il centralismo è accompagnato e rafforzato - seconda osservazione - dalla forza
e dal numero delle associazioni. Dall'Azione cattolica di un secolo fa fino a
quelle moderne e potenti come Comunione e liberazione, Sant'Egidio, i Focolarini
e centinaia di altre (se ne può vedere un elenco nella lista delle adesioni al
famoso Family Day del 12 giugno scorso). Oggi queste associazioni e questi
gruppi costituiscono la vera forza del cattolicesimo. Le vecchie parrocchie
contano meno: sono meno combattive, più disperse, meno accentrate intorno alla
gerarchia. Sembrano un residuo di un vecchio cattolicesimo: la stessa divisione
di tipo territoriale appare ormai insignificante. Sta avvenendo anche per il
laicato quello che è avvenuto secoli fa con gli ordini religiosi nei confronti
delle diocesi. Un rafforzamento o un indebolimento? Lo stesso interrogativo che
ci dobbiamo porre a proposito dell'accentramento vaticano.
Un'altra osservazione non può non riguardare lo spostamento a destra del
cattolicesimo italiano. Berlusconi è arrivato a dire che un cattolico non può
essere di sinistra. I palazzi non arrivano a questo punto, ma in buona sostanza
concordano. Lo si può constatare da tutti punti in discussione, dalla famiglia,
alla scuola. In buona o in mala fede, la destra non fa che accettare e sostenere
le posizioni cattoliche più ufficiali, proprio quelle dell'accentramento
vaticano. I palazzi cattolici registrano e quindi approvano, anche se continuano
a ripetere che non fanno politica.
Non c'è più quella Democrazia cristiana che permetteva di evitare schieramenti
decisi e parziali. Il cattolicesimo di oggi contribuisce a dividere in due il
paese e a rendere più difficile la vita della sinistra. Un bel guaio per chi ha
a cuore sia il cattolicesimo che la democrazia del nostro paese.
Filippo Gentiloni il manifesto 25/05/2007