La breccia del Campidoglio
«La chiesa di Roma sta a Roma. E questa è una complicazione
vera». Così Giovanni Sartori concludeva il suo editoriale di domenica sul
Corriere della sera. Il politologo parlava della legge elettorale e di Walter
Veltroni, atterrito dalla eventuale nascita di un centro che in Italia,
all'ombra del Cupolone, diventi l'ago della bilancia del sistema politico. Il
leader del Pd, con il Vassallum, non vuole rendere irrilevante quel centro per
paura che possa condizionare a piacimento una maggioranza o l'altra. Quel centro
Veltroni vuole sostituirlo, assumendolo nel suo partitone: la Cosa bianca non
nascerà, dice al Foglio, perché «la Chiesa italiana, che ha avuto come
riferimento politico un grande partito come la Dc», non può «avere come
riferimento politico una forza dell'8 o 9 per cento».
Ecco dunque che il segretario del Pd si offre alla Chiesa italiana non solo con
vaghe promesse. Sull'altare del nuovo bipolarismo Veltroni è pronto a
sacrificare persino la «laicità delle istituzioni», rimarcata in un ordine del
giorno presentato nel consiglio comunale di Roma sul quale i «democratici» non
si sono voluti accordare perché troppo osé. Proprio così. Quello che è accaduto
ieri in Campidoglio, con la bocciatura delle delibere che chiedevano che anche
nella capitale - come già in decine di città italiane - fosse istituito il
registro delle unioni civili, è un altro fondamentale tassello della svolta
veltroniana. Dopo aver imposto al governo il decreto anti-rumeni, che seppur
rimaneggiato e ora a rischio di stop da parte del Quirinale, ha segnato un
passaggio simbolico, il sindaco entra platealmente in rotta di collisione con la
sinistra. In Campidoglio il Pd vota con la destra e contro i radicali, i
socialisti e i partiti arcobaleno con cui governa Roma: il registro delle unioni
civili non deve passare. Di più: la parola «unioni» non deve comparire in nessun
documento al vaglio dell'assemblea. Il partito del sindaco concede al massimo un
ordine del giorno - di quelli che non si negano a nessuno perché innocui - che
faccia il punto sulle «opportunità» già offerte dal comune alle famiglie
anagrafiche. E che chieda al parlamento - quello dove la teodem Paola Binetti
vota tranquillamente contro la fiducia perché contraria a una norma antiomofobia
- di legiferare in materia. Niente registro comunale, perché «siamo contro gli
atti simbolici», dichiara il capogruppo del Partito democratico Pino Battaglia.
Infatti anche un atto solo simbolico (in realtà l'iniziativa del registro può
essere riempita di molti contenuti) avrebbe avuto un grande valore. Soprattutto
dopo l'editoriale di domenica sull'Avvenire che dettava nei minimi particolari
ai consiglieri comunali di Roma la posizione da assumere al momento del voto.
Quell'editoriale è andato a segno. Il Pd romano si genuflette e demolisce la
coalizione. Il Pd nazionale, grande partito a vocazione maggioritaria, può
legittimamente aspirare a essere il riferimento politico della Chiesa italiana.
Micaela Bongi Il manifesto 18/12/07
Per Veltroni e il Pd la posta in gioco era il dialogo con il Vaticano. Un registro delle unioni civili nella capitale della cristianità sarebbe stato inaccettabile oltretevere.
Un editoriale ha dettato la linea al Campidoglio
Su Roma, capitale della cristianità, non si può transigere.
La situazione di altri comuni italiani può anche passare sotto silenzio, ma a
Roma si dà battaglia. Sull'istituzione del registro della unioni civili in
Campidoglio, l'accordo fra Vaticano e vicariato (cioè la diocesi di Roma) è
stato pieno e la sintonia totale. D'altronde al di là del Tevere parlava
Tarcisio Bertone, il segretario di stato vaticano che, nell'ultimo incontro con
Walter Veltroni, le ha «cantate» direttamente al sindaco, senza spazio a
esitazioni o diplomazie che, da buon genovese, conosce e usa ben poco. Il sodo
era: «se voi del Pd volete aprire un dialogo con il Vaticano, questo registro
non s'ha da fare». Dall'altra parte del Tevere, insediato nel palazzo
lateranense del vicariato c'era ancora l'inossidabile Camillo Ruini, uscito di
scena dalla presidenza dei vescovi italiani, ma ancora a capo della diocesi
romana, a cui compete la questione.
Il cardinale ha telecomandato un duro editoriale su Romasette che tocca
questioni riguardanti, appunto, la chiesa nel territorio di Roma. La redazione
del foglio, supplemento domenicale dell'Avvenire, si trova nello stesso palazzo
dove Ruini abita e ha i suoi uffici.
L'avvertimento è partito con chiarezza: «Le battaglie ideologiche non servono a
nessuno», e la discussione sul registro delle unioni civili vuole solo creare
lacerazioni e scompiglio nell'opinione pubblica. Infatti, si afferma, se lo
stesso ordine del giorno del consiglio comunale riconosce che la legislazione
nazionale «non consente di riempire di contenuti dette proposte», dunque si
riconosce una competenza al parlamento, perché insistere in una dichiarazione
che, di fatto, non avrebbe alcun effetto concreto? E poi, nota l'editoriale di
Romasette, tutto ciò è ancor di più inaccettabile a Roma, «città che è punto di
riferimento dei cattolici di tutto il mondo e custodisce le memorie di una
civiltà basata sui valori fondanti della persona». Per concludere, ecco il
serrate-le-fila che sa di crociata: «I cattolici che siedono in Consiglio
comunale, e tutti coloro che considerano la famiglia fondata sul matrimonio come
la struttura portante della vita sociale, da non svuotare di significato
attraverso la creazione di forme giuridiche alternative, saranno dunque presto
chiamati a mostrare la propria coerenza e la propria determinazione».
Quella sulle unioni civili a Roma è per la chiesa italiana e per la Santa sede,
una prova importante su cui giudicare Walter Veltroni e capire il posizionamento
che il Partito democratico vorrà tenere su questioni etiche e di coscienza. La
chiesa rivendica il diritto di appellarsi alla sensibilità dei cattolici
presenti in modo trasversale nei diversi schieramenti politici per difendere
temi cari alla dottrina. Anche se, in tal modo, si tratta di legiferare per la
totalità della popolazione, che sia di un comune o dell'intera nazione,
penalizzando la parte laica della società. Ma a questo argomento gli alti
ecclesiastici fanno orecchi da mercanti. E benedicono la manifestazione dei
gruppi integralisti cattolici che ieri hanno annunciato mobilitazione per
«difendere i valori non negoziabili». E anche monsignor Rino Fisichella,
cappellano di Montecitorio e rettore della Pontificia università lateranense,
non ha mancato di far sentire il suo richiamo ai politici, ricordando che, su
questi temi, «la chiesa ha il dovere di intervenire». La chiesa tutta, dunque,
al di qua e al di là del Tevere, si è messa di traverso per impedire
l'istituzione del registro. Che, a questo punto, vista l'acquiescenza e la
sudditanza dei fedelissimi che siedono sugli scranni del Campidoglio come di
Montecitorio, ha ben poche possibilità di spiccare il volo. Il buon Walter, da
parte sua, potrà «salvare capra e cavoli», dicendo candidamente ai laici: «Ci
abbiamo provato», e rassicurando le porpore: «Non se ne fa nulla».
Mimmo De Cillis Lettera22
Il manifesto 18/12/07