Italia-razzismo
L’impietoso confronto con l’America, quella di Kennedy (1957)
È stato appena ripubblicato un discorso di John F. Kennedy del 1957, dal titolo
" Una nazione di immigrati". Leggendolo, si ha la sensazione di come i
problemi siano simili, se non addirittura uguali, a ogni latitudine e in ogni
tempo. Certo l’America, a differenza dell’Europa, nasce come un paese di
immigrati, che fondano la loro nazione sul principio di uguaglianza. La
loro, dunque, è una storia di immigrati, mentre la nostra è di emigranti.
Nel Novecento, però, anche in America il problema si presentò in termini assai
simili ai nostri; e anche lì suscitò polemiche la proposta di un test
linguistico per immigrati adulti, rifiutato a lungo perché non fondato «sulle
capacità di un individuo o sul suo potenziale valore di cittadino». E la
diffusione della xenofobia, indusse Kennedy ad affermare che accanto ai versi
incisi sul piedistallo della Statua della libertà («date a me le vostre
stanche, povere, traboccanti masse anelanti uno spirito di libertà») si
dovessero aggiungere le parole «a patto che vengano dall’Europa settentrionale,
non siano troppo povere o stanche o malaticce, non abbiano mai rubato neanche un
tozzo di pane». Ecco, forse la vera differenza è questa: in America ci fu
un presidente che ebbe il coraggio di dire che «le leggi sull’immigrazione
dovrebbero essere generose, eque e flessibili». E non basta. In America
c’è oggi un presidente che dichiara nitidamente che «non siamo simili e non
proveniamo dagli stessi luoghi, ma procediamo nella stessa direzione» (B. Obama,
Sulla razza, 18 marzo 2008).
È questo il punto: da una parte, l’America del 1957 e l’America di oggi e,
dall’altra, l’Italia incattivita del 2010. Nonostante che il suo
presidente dica, sull’immigrazione, ottime cose.
l’Unità 26.1.10