Italia libera indivisa
e laica
La laicità trascende qualsiasi manifesto dei valori a sfondo religioso Un
libro per capire perché
Il brano che qui anticipiamo è tratto da un saggio di Rodotà: «Una laicità
costituzionale». Fa parte dell’antologia a cura di Emilio D’Orazio: «La laicità
vista dai laici». Con contributi di Zagrebelski, Rusconi, Antonella Besussi ed
altri. Al centro l’essere laici nei molteplici ambiti della vita e dei saperi.
Mai come
in questi tempi la laicità è stata al centro della discussione pubblica, ha
determinato conflitti politici, ha diviso le coscienze. Una situazione così
tesa induce più d’uno a sottolineare la necessità di lavorare perché si possa
giungere ad un’etica condivisa tra laici e cattolici. Proposito encomiabile, che
è giusto condividere, a condizione però che siano chiare le premesse di questo
lavoro comune. E queste si trovano nel testo per definizione comune per tutti,
dunque nella Costituzione.
«Il principio supremo della laicità dello Stato è uno dei profili della
forma di Stato delineata nella Carta costituzionale della Repubblica».
Così, nel 1989, scriveva la Corte costituzionale, mettendo in evidenza come la
laicità sia ormai un elemento costitutivo dello stesso sistema democratico.
Questo vuol dire che la vita democratica vive di rispetto reciproco, di
confronto libero delle opinioni, di spirito critico e non di imposizioni
autoritarie. Certo, la storia e molte aspre cronache di questi mesi sembrano
allontanarci da questa idea di laicità costitutiva del comune tessuto
democratico, dando spazio quasi esclusivo all’antica laicità oppositiva, ad una
contrapposizione radicale tra laici e cattolici.
SENZA
PORTATORI DI VERITÀ
Da questa situazione si può uscire se, nel confronto pubblico, nessuno si
pretende portatore di verità, di valori «non negoziabili», che gli altri
debbono accettare; se la legittima presenza della Chiesa nella sfera
pubblica avviene in condizione di parità con tutti gli altri soggetti politici;
se si abbandona l’ingannevole semplificazione che descrive la laicità come
prigioniera di riferimenti deboli, incapaci di esprimere principi comuni. Che
altro sono la dignità e l’eguaglianza, la solidarietà e le molteplici libertà
alle quali proprio la Costituzione dà sostanza? E, se vogliamo usare ancora
lo schema laici/cattolici, guardiamo alla grande ricchezza del mondo cattolico,
le cui posizioni spesso divergono da quelle delle gerarchie vaticane, e anche
alle debolezze di un mondo laico troppe volte incapace di comprendere che la
difesa di alcune posizioni coincide con le ragioni stesse della democrazia.
Su questo sfondo si delineano le questioni oggi particolarmente impegnative, a
partire da quelle relative ai temi «eticamente sensibili», che sono poi quelli
che inducono le gerarchie vaticane ad affermare che siamo di fronte a valori non
negoziabili, sì che lo stesso Parlamento dovrebbe assumerli come riferimento
obbligato. Ma proprio in questa pretesa si coglie una contraddizione
palese con i principi della democrazia, una rottura sul terreno della laicità
costituzionale. Su questioni specifiche, o sugli stessi fondamenti
dell’ordine giuridico, si pronunciano sempre più spesso soggetti diversi, che
propongono i loro «manifesti dei valori», confezionati per l’occasione o tratti
da dottrine o esperienze, da quelle religiose in primo luogo. Operazioni in sé
legittime, non solo perché manifestazione della libertà di
opinione, ma per il contributo che da esse può venire alla fecondità della
discussione democratica. Inammissibili, invece, sono le pretese e i
tentativi di far divenire quei manifesti, quei valori non negoziabili, vere e
proprie «costituzioni parallele», volte appunto a mettere in discussione, o a
cancellare del tutto, la prima parte della Costituzione italiana, quella dei
principi, delle libertà e dei diritti. Fino a quando quei manifesti e
quei valori affermati non negoziabili non si saranno sottoposti alla stessa
procedura di legittimazione che ha fondato la Costituzione, ad essi non può
essere attribuito alcun valore vincolante. È inammissibile la pretesa di
realizzare nei fatti una vera e propria «revisione costituzionale».
Lo spazio democraticamente legittimo è quello che risulta dall’insieme dei
principi costituzionali, che non può essere sostituito da altri principi e
altre assiologie attraverso forme improprie, appunto, di «revisione»
costituzionale, come accade quando, ad esempio, agli articoli della
Costituzione vengono contrapposti, quasi portatori di una superiore legalità,
passi di encicliche papali o di altri documenti vaticani.
Dovrebbe essere del tutto evidente, infatti, che nello Stato costituzionale di
diritto gli unici principi «non negoziabili» sono quelli contenuti appunto
nella Costituzione. Ogni altro punto di vista, opinione, credenza
entra nello spazio pubblico senza poter godere di alcuna supremazia o
privilegio. Deve sottoporsi in condizione di parità alla regola del
confronto, del rispetto delle opinioni diverse, della libertà di critica.
Diviene così del tutto evidente la coincidenza degli elementi costitutivi della
laicità con le ragioni della democrazia. Per questo è giusto parlare di una
laicità costituzionale...
Stefano Rodotà l’Unità 31.10.09