Islam dei poveri e cristianesimo dei ricchi
Lo scontro fra i ricchi e i poveri del mondo sta toccando
ormai anche le religioni. E in modo non superficiale. Non poteva non essere
così: le religioni, quale più quale meno, pretendono di non essere marginali ma
di fare parte essenziale della vita di un popolo: vita, civiltà, cultura.
Non un dettaglio, ma un elemento essenziale.
In questo quadro globale, è logico chiedersi come si collochino a questo punto
le grandi religioni del mondo. Nonostante le mille articolazioni e distinzioni
assolutamente necessarie, è possibile individuare quale è più a destra e quale
più a sinistra nello scacchiere mondiale? Quale la religione dei ricchi e quale
dei poveri? Le risposte, se possibili, devono essere molto articolate.
A cominciare proprio dall'islam, la religione oggi più attiva nel mondo, più
giovane. Religione dei ricchi o dei poveri? Nonostante la ricchezza di parecchi
stati musulmani e dei loro leader, penso che l'islam si possa dire religione di
poveri.
Lo testimoniano gli immensi stati musulmani in Africa e anche in Asia, stati e
popolazioni che vivono con grande intensità il loro credo religioso e che
cercano anche di esportarlo. Stati e popolazioni che guardano all'«occidente»
cristiano come a un mondo ricco, opprimente, invasore, e anche infedele se non
proprio ateo. Allah è dalla loro parte, quella dei poveri del mondo, oggi
infelici ma domani trionfatori. I milioni di musulmani poveri nel mondo, non
aspettano dalla religione la rivendicazione sociale. Nonostante la loro miseria
«Allah è grande».
Il cristianesimo, al contrario, può dirsi religione dei ricchi? Penso di si,
dopo avere fatto le numerose necessarie distinzioni. La prima. ovviamente, è
quella che riguarda i vari tipi di cristianesimi. Non soltanto la distinzione
classica fra cattolicesimo, protestantesimo e ortodossia , una divisione che
deve fare i conti con quelle successive, soprattutto fra i vari protestantesimi.
Oggi bisogna tenere presenti anche - soprattutto - i cristianesimi che non
rientrano nella tripartizione classica, ma che sono più vivi che mai: basti
pensare, fra gli altri, ai testimoni di Geova o ai pentecostali.
Ricchi o poveri, allora? Evidentemente gli uni e gli altri, e ogni
semplificazione sarebbe non soltanto falsa ma fallace. Se, però, si guarda il
complesso mondo cristiano nel suo insieme non si può negare che ad esso
appartiene il mondo più ricco. La Casa Bianca e anche Roma, di riflesso. Le
grandi banche e i grandi eserciti. Wall Street e Singapore. E anche il petrolio,
anche se i principali pozzi si trovano nel mondo musulmano. I «palazzi» della
ricchezza sorgono nel mondo cristiano e sembrano destinati a rimanervi.
Non che nel mondo cristiano - penso soprattutto ai cattolici e ai protestanti -
manchino le parole che esaltano i poveri - le «beatitudini» evangeliche - e che
condannano i ricchi. Molte parole, ma pochi fatti e soprattutto una storia di
accordi e di abbracci. Soprattutto negli ultimi secoli, quelli di un mondo
cristiano dominato da una borghesia figlia delle rivoluzioni ottocentesche e
trionfatrice delle rivoluzioni proletarie.
Se è vero che il mondo dei poveri - per lo meno una sua parte consistente -
aveva sperato nella rivoluzione comunista è anche vero che quella rivoluzione il
mondo cristiano l'ha combattuta e sconfitta. Anche - se non soprattutto -
proprio in nome della religione. Una battaglia che non può non aver lasciato il
segno. Un segno che oggi complica profondamente il conflitto e trasforma lo
scontro religioso in uno scontro sempre più politico. I vari capi delle
religioni, a cominciare da Roma, insistono sulla distinzione e separazione, ma
invano. Lo scontro principale, quello fra cristianesimo e islam, risente
fortemente di quella confusione dei piani. Una confusione che, d'altronde, lo
stesso mondo cristiano con le sue scelte ha contribuito a fomentare.
Bisognava allontanare, ad esempio, il Vaticano dalla Casa Bianca: un abbraccio
forse non sempre del tutto convinto, ma le cui conseguenze permangono. Potrà
Roma compiere quella svolta che sarebbe necessaria perché il cattolicesimo possa
apparire nel mondo come religione dei poveri? Non è facile né probabile.
Filippo Gentiloni Il manifesto 30/11/2007