Interviste. Roberto Villetti, vice presidente dello Sdi, spiega la posizione di socialisti e radicali: ''E' inaccettabile l'ingerenza della Chiesa sulla politica italiana''

''La revisione del Concordato non è uno scandalo''
 

Lo scorso 30 ottobre, con l’intervento di Enrico Boselli al Congresso dei radicali italiani a Riccione, si è ufficializzato l’accordo fra i socialisti dello Sdi e il partito di Marco Pannella. Il nuovo soggetto politico, che ha deciso di adottare il simbolo della rosa nel pugno, ha condiviso la necessità di rilanciare la battaglia in difesa della laicità. Già venerdì 28 ottobre, nel programma televisivo di La7 "Otto e mezzo", il leader dello Sdi aveva sottolineato la convergenza con i radicali sul tema dell’intromissione della Chiesa cattolica nelle vicende politiche italiane, proponendo una revisione del Concordato e un suo superamento. A questo progetto Romano Prodi ha risposto con un deciso “no”, riaffermando che nel programma dell’Unione una revisione del patto firmato da Mussolini e poi riconfermato da Craxi non troverà mai spazio. Del rapporto fra Chiesa e Stato, delle posizioni radicali e socialiste nell’Unione, abbiamo parlato con Roberto Villetti, vice presidente de llo Sdi.

Onorevole Villetti, ci sono delle ragioni particolari per cui voi dello Sdi avete posto la questione della revisione del Concordato proprio ora?

La questione di un superamento del Concordato non è stata posta dallo Sdi, ma nasce dal fatto che la Cei e il cardinal Ruini sono entrati nella scena politica come protagonisti e stanno portando avanti un’offensiva integralista nei confronti della politica. Tutto è cominciato con il referendum sulla fecondazione assistita in cui la Chiesa ha imposto una linea politica precisa, quella dell’astensione.
Se la Chiesa entra nella politica in modo spregiudicato, allora quest'ultima deve rispondere in un modo altrettanto spregiudicato. Il problema dell’intervento religioso nella sfera pubblica nasce dalla fine del potere temporale dei Papi e non ha trovato risoluzione con i due Concordati. Certo, a Bettino Craxi spetta il merito di aver abolito il riferimento alla religione cattolica come culto di Stato. M a non ha risolto l’annoso problema. Per me il motto di Cavour “libera Chiesa in libero Stato” è ancora il modello teorico di riferimento per quel che deve essere la relazione fra queste due sfere. La proposta di abolire il Concordato ha una sua profonda sensatezza. Il patto fra Chiesa e Stato fu istituito per restringere l’intervento religioso nella politica. Se la Chiesa diviene soggetto politico, come è accaduto negli ultimi tempi, questo accordo non ha più senso: è superato.

Quindi la battaglia pro laicità non è solo una vostra esigenza di visibilità politica, visto il deficit dell’Unione a riguardo?

No, non è questo il punto. Noi abbiamo individuato nella posizione di Francesco Rutelli, in sintonia con il cardinale Ruini, e il "no" della Margherita alla lista unitaria con noi di qualche mese fa due facce della stessa medaglia. La Margherita ha infatti parlato di divisione del centrosinistra, ma ricordiamo che il centro è il centro cattolico. L’Ulivo è quindi una creatura laica con la presenza di componenti sostanzialmente integraliste. E’ proprio questo ad aver aperto una falla al suo interno, a cui la nostra forza socialista, radicale e liberale vuole porre rimedio.

Come valuta la reazione negativa di Prodi, che ha deciso di rispondere alla vostra proposta sul Concordato progettando invece un incontro con i cardinali Ruini e Sodano?

E’ giusto che Prodi incontri tutte le persone che vuole, soprattutto se hanno un ruolo politico come Ruini e Sodano. Il problema della laicità comunque rimane. Ed è una necessità a cui non si può rispondere subito, ma che va riconosciuta nella sua maturità. L’esigenza che si interrompano le ingerenze della Chiesa nella vita politica italiana non è mancanza di rispetto verso la religione. Noi non possiamo essere tacciati di anticlericalismo, visto che tra radicali e socialisti la presenza cattolica è forte. Il punto è che tutte le fedi devono avere pari dignità senza ch e si venga a creare il predominio di una su tutte le altre. La supremazia cattolica è ciò che radicali e socialisti contestano, rifiutando la tesi della Santa Sede secondo cui la religione della maggioranza debba essere maggiormente importante. Se questo argomento fosse convincente, allora non ci dovremmo scandalizzare dei paesi islamici dove domina la sharia. La questione della pari dignità delle confessioni religiose e dell'insostenibilità del predominio romano è ormai matura nello stesso mondo cattolico. Del resto, la Chiesa italiana gode privilegi, come quello dell'esenzione dall’Ici, che le spetterebbero solo se fosse culto di Stato. Ma il cattolicesimo ha cessato di esserlo con Craxi.

Data la posizione di chiusura di Prodi sulla revisione del Concordato, di quali temi vi accontenterete per sottoscrivere il programma dell’Unione?

Il progetto è ancora in elaborazione e si arriverà a una versione definitiva sottoscrivibile anche da Sdi e radicali. Pu rtroppo, devo ammettere che siamo in una coalizione composita. A me fa una certa impressione che si dica, come ha fatto Dario Franceschini, che la revisione del Concordato è una proposta lunare. Nel nostro schieramento c’è chi sostiene, infatti, l’abolizione della proprietà privata: e questo non è lunare? La realtà è che davanti alla laicità si mostra una eccessiva sensibilità che nasce dalla soggezione che alcune componenti dell’Unione hanno verso le gerarchie ecclesiastiche. L’anomalia non sono i radicali e i socialisti, che parlano un linguaggio europeo, ma quanti si oppongono a una concezione pluralista e liberale. E la questione dell’autonomia della politica dalla religione non è una quisquiglia marginale: ne va della stessa modernizzazione economica del paese. Si pensi al tema della ricerca e all’oscurantismo manifestato a riguardo dalla Chiesa.

 

[Marzia Bonacci]

 

 

Centrosinistra. Quel vincolo sancito dal Concordato tra Stato e Chiesa che fa discutere. Ma in democrazia non esiste una verità rivelata che detta regole

Valori laici e valori religiosi, una corsa a ostacoli
 

Viviamo da molti anni ormai in uno Stato non laico ma confessionale che mescola e disapplica di continuo norme costituzionali che stabiliscono la laicità dello Stato uscito dal processo bellico e dalla Resistenza attraverso leggi e atteggiamenti della classe politica che, con assai rare eccezioni, si comporta come se la religione cattolica fosse la religione di Stato, come era già stata nel periodo fascista.
I segni di questa situazione sono assai numerosi e, nell’enumerarli, c’è soltanto l’imbarazzo della scelta.
Bisogna partire, naturalmente, dalla Costituzione repubblicana del 1947 che è tuttora vigente almeno nella parte che riguarda i rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica.
Si parte dall’articolo 3 che, nel suo primo comma, afferma che tutti i cittadini italiani hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge “senza distinzione di religione”.
Nell’articolo 8 la Costituzione dice esplicitamente che “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”.
Successivamente nell’articolo 33 specifica che “Enti e privati hanno diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. In questo senso non c’è dubbio che la cosiddetta legislazione paritaria approvata nella seconda metà degli anni n ovanta dai governi di centro-sinistra sia contraria allo spirito, oltre che alla lettera, del dettato costituzionale.
Ma c’è un problema che ha accompagnato il passaggio dal fascismo alla repubblica ed è rappresentato dall’articolo 7 della nostra Costituzione e che ha, in qualche modo, costituzionalizzato i Patti lateranensi firmati nel 1929 dal regime fascista con la Chiesa di Pio XI e che fa sì che finora la repubblica non sia riuscita a prescindere da un regime concordatario tra Stato e Chiesa.
Di qui la tendenza del partito cattolico prima, di quello socialista poi (che ha firmato, presidente del Consiglio Bettino Craxi, nel 1984 la revisione del Concordato, poi dello stesso partito comunista e più in generale dei partiti della sinistra di cercare e ottenere l’appoggio politico della Chiesa e in particolare del papa e dei vescovi che ha avuto, quindi, modo di mettere da parte la Costituzione nei suoi principi fondamentali e difendere con un successo crescente le sue pretese di una condizione privilegiata all’interno dello Stato.
Negli ultimi dieci anni l’avvento della destra e la sua ascesa al potere quattro anni fa hanno portato un simile processo, già iniziato nella tredicesima legislatura, alle sue estreme conseguenze. Nella situazione attuale il confronto o, come si usa dire, la competizione tra i valori laici e quelli religiosi è, con tutta evidenza, non paritaria.
La Chiesa dispone di un appoggio assai forte dai principali mezzi di comunicazione di massa, come è apparso da ultimo con particolare chiarezza nei giorni della morte di Giovanni Paolo II e della successione di Benedetto XVI e da parte di una classe politica c he non vuol perdere, se non l’appoggio esplicito, almeno la neutralità del Vaticano. Sicchè la difesa dei valori laici è assai difficile o almeno non raggiunge che strati assai limitati e minoritari della popolazione.
Ma qual è la fondamentale opposizione che differenzia i difensori dello Stato laico da quello confessionale che si è affermato ormai in Italia?
Innanzi tutto il precetto fondamentale di ogni democrazia, che sia liberale o di altro genere. Cioè quello per cui non esiste una verità rivelata che detta regole e comportamenti alla quale tutti devono attenersi. E che piuttosto il limite della libertà di ciascuno nasce dalla libertà degli altri all’interno di ogni società.
“L’etica laica - ha osservato di recente Carlo Augusto Viano in Critica liberale, numero 111, che al tema ha dedicato un numero speciale - si rifiuta di considerare i precetti morali come comandi emanati da qualcuno o contenuti in un libro perché vede in questa interpretazione degli impegni morali una perturbazione delle relazioni private tra persone.
E’ normale che le persone si sentano vincolate da obblighi originari, anteriori alle imposizioni legali e agli impegni assunti, obblighi che di solito si qualificano appunto morali. Nella stabilità degli obblighi originari e nella possibilità di modificarli , nel corso dei processi di adattamento delle condotte di persone che interagiscono, l’etica laica vede un intreccio equilibrato di permanenza delle regole morali e di possibilità di rivederle in base alle circostanze effettive.”
Emerge con estrema chiarezza la difficoltà di dialogo tra chi ha un approccio storico alla realtà e ritiene che le regole morali debbano adattarsi alle trasformazioni della società e chi si muove in relazione a un corpus statico e immutabile che resta a volte assai lontano dalla realtà sociale e culturale del mondo in cui viviamo.

Articolo tratto dal mensile "aprile" di maggio 2005
[Nicola Tranfaglia ]

 

Articoli tratti da  www.aprileonline.info  n° 41 del 02/11/2005